Un pezzo di Grease in dissolvenza. E Grease, che cos'era: un sogno, forse nemmeno nostro, ma dal sapore così accattivante persinoo per chi non ama masticare un chewing gum. Jeff Conaway non era la spalla di Grease, e non solo perché la parte di Danny sul palcoscenico era stata sua. Poi era diventato il "secondo" , la spalla, quello che non ottiene il primo piano sulla locandina. Ma Grease non erano solo Danny e Sandy per noi, bensì tutta quella folla variopinta e un po' pazzoide, che la metteva tutta in musica. Che bisticciava e organizzava gare in auto improbabili, che si aggirava tra brillantina e ancora più improbabili colori di capelli minacciati da voli di frappé.
Grease era un gruppo che stava insieme e sognava di rimanere così per sempre, anche quando le porte di una scuola si chiudono per lanciarti verso la vita. Non ci si è ancora accorti che la vita era già iniziata e gli schemi vissuti nelle aule scolastiche si ripeteranno talvolta più precise del previsto.
Grease è questo gruppo, è Danny quasi rinsavito, è Sandy, che si infila un completo di pelle nera e si affida alla permanente, così improvvisamente Rizzo la femme fatale sembra una ragazzina, salvata da una responsabilità troppo grande per lei in quel momento ma lesta a correre tra le braccia del suo amato-odiato. Kenickie, si chiamava, ci assicura Wikipedia. A noi guarda un po', il nome non veniva in mente, solo quello dell'attore, Jeff, e il suo volto un po' ribelle, senza esagerare, con un'ombra malinconica. C'era Jeff per noi, quello che era stato Danny e poi l'amico fraterno, per comparire infine su "Beautiful" e stupirci: cosa ci fa l'amico di Danny lì?
E' la sorte dei personaggi "secondi" o forse quell'allergia ai nomi quando vedi solo una tavolozza che ti spinge a credere che un mondo si può cambiare, anche solo con un po' di musica e brillantina.
Appunti di Viaggio di Marilena Lualdi Tra natura, dubbi e musica (Nature, music and doubts) (Questo sito si serve dei cookie per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookie)
lunedì 30 maggio 2011
mercoledì 25 maggio 2011
Le gocce e l'onda: ciao Angioletto
Caro Angioletto, ho ficcato tanti di quei pensieri e di quelle incombenze in queste 24 ore, per fuggire dal Pensiero, ma la barriera si sgretola ogni volta che infantilmente cerco di innalzarla. Capire che fisicamente non sei più qui, non è solo doloroso: è impossibile. Forse anche perché non è la fisicità che ha delineato questa strada meravigliosa su cui tanti si sono messi in cammino con te. Ancora poche settimane fa, parlavamo e tu certo eri debilitato, ma la fatica sembrava dissolversi piano piano quando toccavi gli argomenti più cari. E c'era una parola che ti illuminava più di altre: era "giovani".
Angioletto, d'accordo, non scappo più. Mi fermo davanti all'evidenza dei ricordi e delle frasi da tenere dentro di me, semi che devono germogliare. Ci sono i fili personali: tu eri il custode anche della classe '23, la classe di ferro, che ha saputo affrontare ogni circostanza, fino a quelle più drammatiche. Mi ricordo quando scherzavi con papà sul '23, e dicevi che tenevi nota tu di quanti ci lasciavano, chiamati ad altri compiti. Papà se n'è andato, e quanti altri bustocchi consapevoli dei propri doveri nei confronti della città e dell'umanità, come - e cito il più recente - Bruno Tosi.
Adesso ti sei sollevato, con le ali che si irrobustiscono quando il resto del corpo perde forza e consistenza - anche tu, il loro custode, e il custode di una fede incrollabile nell'umanità. Anche quando - come si dice - le prove depongono contro, in modo schiacciante. E tu di prove ne hai avute e vissute una miriade, hai appreso nel profondo dell'anima e del corpo quanto questa umanità sappia essere mostruosa. La tua speranza è la nostra speranza, e oggi vedendo ciò che accade in città, con persone di ogni età che rinnovano la veglia al tempio civico per non lasciarti solo, con giovani che solennemente promettono che non lasceranno inaridire i semi da te gettati, non possiamo che darti ancora una volta ragione.
Se ripenso alle tante nostre conversazioni sulla vita della città, al tuo incoraggiamento quando abbiamo fondato Italia-Israele, alla tua commozione vedendo i ragazzi ebrei, musulmani e cristiani che si univano sul palco nella fiducia, radicata come la tua, a quelle volte in cui entrando in consiglio comunale... il tuo sguardo attento mi accoglieva ed era una garanzia: sì, l'Angioletto c'è.
L'Angioletto c'è, tutto a è posto. E può accadere di tutto, ma lui ci mostrerà la strada, ci darà il consiglio giusto, ci spronerà al gesto che dissiperà veleni e superficialità.
L'Angioletto c'è. Ci dev'essere, ancora. La sua voce non sarà fievole, come quando ha detto a tutti noi: prendetevi cura del tempio civico e di ciò che rappresenta. Di ciò che è, luogo dove tanti sanno di doversi fermare, per pregare e per riflettere. Per continuare a seminare. Se tu ci dai una mano, Angioletto, perché la tua forza era dirompente e nessuno può portare il tuo testimone: l'hai sparsa tra tante persone e ora vedi, ti facciamo anche lavorare, perché tocca ancora una volta a te tenere insieme queste piccole gocce perché siano un'onda continua.
Ciao Angioletto.
Angioletto, d'accordo, non scappo più. Mi fermo davanti all'evidenza dei ricordi e delle frasi da tenere dentro di me, semi che devono germogliare. Ci sono i fili personali: tu eri il custode anche della classe '23, la classe di ferro, che ha saputo affrontare ogni circostanza, fino a quelle più drammatiche. Mi ricordo quando scherzavi con papà sul '23, e dicevi che tenevi nota tu di quanti ci lasciavano, chiamati ad altri compiti. Papà se n'è andato, e quanti altri bustocchi consapevoli dei propri doveri nei confronti della città e dell'umanità, come - e cito il più recente - Bruno Tosi.
Adesso ti sei sollevato, con le ali che si irrobustiscono quando il resto del corpo perde forza e consistenza - anche tu, il loro custode, e il custode di una fede incrollabile nell'umanità. Anche quando - come si dice - le prove depongono contro, in modo schiacciante. E tu di prove ne hai avute e vissute una miriade, hai appreso nel profondo dell'anima e del corpo quanto questa umanità sappia essere mostruosa. La tua speranza è la nostra speranza, e oggi vedendo ciò che accade in città, con persone di ogni età che rinnovano la veglia al tempio civico per non lasciarti solo, con giovani che solennemente promettono che non lasceranno inaridire i semi da te gettati, non possiamo che darti ancora una volta ragione.
Se ripenso alle tante nostre conversazioni sulla vita della città, al tuo incoraggiamento quando abbiamo fondato Italia-Israele, alla tua commozione vedendo i ragazzi ebrei, musulmani e cristiani che si univano sul palco nella fiducia, radicata come la tua, a quelle volte in cui entrando in consiglio comunale... il tuo sguardo attento mi accoglieva ed era una garanzia: sì, l'Angioletto c'è.
L'Angioletto c'è, tutto a è posto. E può accadere di tutto, ma lui ci mostrerà la strada, ci darà il consiglio giusto, ci spronerà al gesto che dissiperà veleni e superficialità.
L'Angioletto c'è. Ci dev'essere, ancora. La sua voce non sarà fievole, come quando ha detto a tutti noi: prendetevi cura del tempio civico e di ciò che rappresenta. Di ciò che è, luogo dove tanti sanno di doversi fermare, per pregare e per riflettere. Per continuare a seminare. Se tu ci dai una mano, Angioletto, perché la tua forza era dirompente e nessuno può portare il tuo testimone: l'hai sparsa tra tante persone e ora vedi, ti facciamo anche lavorare, perché tocca ancora una volta a te tenere insieme queste piccole gocce perché siano un'onda continua.
Ciao Angioletto.
venerdì 20 maggio 2011
birbante, questa natura
Sotto il pino Bruno hanno messo fuori la testolina due creaturine interessanti. Mi sono chinata a strappare le solite erbacce, invece sorpresa: quegli esserini ostentavano una certa somiglianza con colui che le proteggeva con la propria ombra. A partire dai capelli così verdi e sottili (in versione mini), come quelli che Bruno sta sfoggiando con l'esplosione della primavera.
Conscia della mia scarsa autorevolezza, mi sono rivolta all'esperto Sandro che ha confermato: sono i figlioletti del Pino, che stanno cercando di crescere proprio lì, accanto a lui, quasi avessero avuto timore a "sbocciare" più lontano. Stiamo a guardare, è stato il nostro responso. Li ho osservati ancora una volta, come se fossero dei neonati, giusto di sfuggita perché poi qualcuno accanto a me scuote la testa... Probabilmente a ragione.
Ma poi la natura birbante me ne rifila così, di piccole avventure. Prendi l'acero che lottava per lo spazio vitale accanto a un altro, malconcio pino. Ha avuto la meglio la rossa creatura, e non solo. Delle timide rose hanno preso coraggio e ora avvolgono i rami dell'acero, mischiando il rosso delle sfumature, addirittura una si è levata sopra tutte e tutti et voilà... Ha messo la testa fuori.
Sorry, di questi tempi non riesco a chiamarla natura matrigna. Pensa persino al cimitero, vicino alla Mariuccia. I soliti ladri hanno rubato la piantina rosata. E allora la natura che ha pensato? Ha fatto spuntare una primula, che adesso sta chiamando altre alleate.
Meno male che c'è lei, la natura, che ci sopporta. Tranne proprio quando non ce la fa più. Certo che allora sono cavoli, amarissimi.
Conscia della mia scarsa autorevolezza, mi sono rivolta all'esperto Sandro che ha confermato: sono i figlioletti del Pino, che stanno cercando di crescere proprio lì, accanto a lui, quasi avessero avuto timore a "sbocciare" più lontano. Stiamo a guardare, è stato il nostro responso. Li ho osservati ancora una volta, come se fossero dei neonati, giusto di sfuggita perché poi qualcuno accanto a me scuote la testa... Probabilmente a ragione.
Ma poi la natura birbante me ne rifila così, di piccole avventure. Prendi l'acero che lottava per lo spazio vitale accanto a un altro, malconcio pino. Ha avuto la meglio la rossa creatura, e non solo. Delle timide rose hanno preso coraggio e ora avvolgono i rami dell'acero, mischiando il rosso delle sfumature, addirittura una si è levata sopra tutte e tutti et voilà... Ha messo la testa fuori.
Sorry, di questi tempi non riesco a chiamarla natura matrigna. Pensa persino al cimitero, vicino alla Mariuccia. I soliti ladri hanno rubato la piantina rosata. E allora la natura che ha pensato? Ha fatto spuntare una primula, che adesso sta chiamando altre alleate.
Meno male che c'è lei, la natura, che ci sopporta. Tranne proprio quando non ce la fa più. Certo che allora sono cavoli, amarissimi.
mercoledì 11 maggio 2011
Brookeful o della sfortuna buia
Che conforto, quando un amico – serio professionista – ha confessato senza neanche troppe remore di studiare con attenzione “Beautiful”. Studiare è il termine esatto, perché la soap opera offre una miriade di riflessioni sull’esistenza umana. Ormai la seguo raramente, ma fin dall’inizio mi risultava facile cogliere i corsi e ricorsi storici. Di recente, mi sono riaffacciata per un paio di puntate e ho condiviso – non senza una beffarda risata - un episodio clou con il mio amico. Detta in breve, Brooke tradisce il marito Ridge con il fidanzato della figlia (e due, ma questa è un’altra storia) con un solido alibi; quella sera era buio e il ragazzo incautamente si era infilato la giacca dello stesso Ridge. A peggiorare la situazione c’era il fatto che Brooke indossasse la catenina della dolce figliola.
Com’era possibile accorgersi di non essere con i rispettivi partner? Cosa, trent’anni di differenza? Banale, oggi si invecchia meno rapidamente e poi la chirurgia estetica fa il resto.
Perché studiare “gesta” come queste? Perché la natura umana è misera, anzi uno spasso, e chi bolla “Beautiful” come teatro dell’impossibile si sbaglia di grosso. Persino la storia dell’Unità d’Italia offre – a ben guardare – un certo spessore all’episodio in sé, la storia quella vera e gustosa vista da due narratori d’eccezione come Fruttero e Gramellini. Apprendiamo che un ministro – all’incirca un secolo fa – fu colto in atti roventi con la cameriera, dalla moglie. E che alibi offrì alla sua signora? Cara, era buio e l’ho scambiata per te.
Visto che la storia si ripete? E poi diciamolo fino in fondo. Brooke – con almeno una sorella al seguito – ci spiega ciò che un vecchio proverbio diffuso pure dalle nostre parti riporta: vaccate, se volete essere fortunate.
Chiaro, bisogna esaminare quale sia il nostro concetto personale di fortuna, è questo il punto. Tuttavia, di Brooke in genere non ne conosciamo? E ci affidiamo, sulla fortuna che prende il largo, alle riflessioni di Boezio: “Ti ha abbandonato colei da cui nessuno potrà mai essere certo di non venire abbandonato”. Anzi, nella Consolazione della filosofia risuona il monito: “quanto più una persona è fortunata, tanto più delicata è la sua sensibilità”. Vuoi vedere che è per questo che Brooke piange sempre? Va be’, ridiamo pure delle loro “sfortune”, ma al riparo non c’è nessuno. Un paio d’anni fa una ricerca britannica indicò che un bambino su dieci non era figlio di suo padre. Su Radio Deejay la sintetizzarono magnificamente (ovvero ridussero le distanze), avvisando: “Attenzione, un ascoltatore su dieci non è padre di suo figlio”.
Andiamo avanti. E il cielo non voglia che in “Beautiful” - o Brookeful? - prossimamente vada in scena un blackout.
Com’era possibile accorgersi di non essere con i rispettivi partner? Cosa, trent’anni di differenza? Banale, oggi si invecchia meno rapidamente e poi la chirurgia estetica fa il resto.
Perché studiare “gesta” come queste? Perché la natura umana è misera, anzi uno spasso, e chi bolla “Beautiful” come teatro dell’impossibile si sbaglia di grosso. Persino la storia dell’Unità d’Italia offre – a ben guardare – un certo spessore all’episodio in sé, la storia quella vera e gustosa vista da due narratori d’eccezione come Fruttero e Gramellini. Apprendiamo che un ministro – all’incirca un secolo fa – fu colto in atti roventi con la cameriera, dalla moglie. E che alibi offrì alla sua signora? Cara, era buio e l’ho scambiata per te.
Visto che la storia si ripete? E poi diciamolo fino in fondo. Brooke – con almeno una sorella al seguito – ci spiega ciò che un vecchio proverbio diffuso pure dalle nostre parti riporta: vaccate, se volete essere fortunate.
Chiaro, bisogna esaminare quale sia il nostro concetto personale di fortuna, è questo il punto. Tuttavia, di Brooke in genere non ne conosciamo? E ci affidiamo, sulla fortuna che prende il largo, alle riflessioni di Boezio: “Ti ha abbandonato colei da cui nessuno potrà mai essere certo di non venire abbandonato”. Anzi, nella Consolazione della filosofia risuona il monito: “quanto più una persona è fortunata, tanto più delicata è la sua sensibilità”. Vuoi vedere che è per questo che Brooke piange sempre? Va be’, ridiamo pure delle loro “sfortune”, ma al riparo non c’è nessuno. Un paio d’anni fa una ricerca britannica indicò che un bambino su dieci non era figlio di suo padre. Su Radio Deejay la sintetizzarono magnificamente (ovvero ridussero le distanze), avvisando: “Attenzione, un ascoltatore su dieci non è padre di suo figlio”.
Andiamo avanti. E il cielo non voglia che in “Beautiful” - o Brookeful? - prossimamente vada in scena un blackout.
mercoledì 4 maggio 2011
Bobby e la libertà che non conosco
Poche ore e sono trent'anni. Cinque maggio, sei una ragazzina e non ti importa, non puoi capire chi abbia "ragione". Non lo capirai neanche da adulta, ammesso che si possa comprendere davvero.
Cogli solo che un uomo, un ragazzo, si sta lasciando morire, e nel vortice di parole nessuna è in grado smuoverlo: solo i fatti potrebbero salvarlo. Ma i fatti costano troppo nel mondo chiacchierone, e Bobby sarà solo il primo a spegnersi senza guadagnarsi nemmeno un rispettoso silenzio.
Negli anni puoi fare finta di crescere e leggi, studi la storia dell'Irlanda. Ti fa piacere quando si ricordano di un ragazzo di nome Bobby Sands; non riesci a indignarti quando strumentalizzano la sua memoria. Perché, appunto, non hai ancora capito: hai solo un ricordo e un'indignazione posati nel cuore.
Sfogli le sue pagine, i suoi sogni, le sue emozioni. Culli un suo pensiero: "Se non sono in grado di uccidere il desiderio di libertà, non potranno distruggerti". Vorresti, con tutte le tue forze, che fosse vero.
Ciao Bobby, che tu stia vivendo la libertà che hai desiderato, che non hai conosciuto e neanche noi sfioriamo.
Cogli solo che un uomo, un ragazzo, si sta lasciando morire, e nel vortice di parole nessuna è in grado smuoverlo: solo i fatti potrebbero salvarlo. Ma i fatti costano troppo nel mondo chiacchierone, e Bobby sarà solo il primo a spegnersi senza guadagnarsi nemmeno un rispettoso silenzio.
Negli anni puoi fare finta di crescere e leggi, studi la storia dell'Irlanda. Ti fa piacere quando si ricordano di un ragazzo di nome Bobby Sands; non riesci a indignarti quando strumentalizzano la sua memoria. Perché, appunto, non hai ancora capito: hai solo un ricordo e un'indignazione posati nel cuore.
Sfogli le sue pagine, i suoi sogni, le sue emozioni. Culli un suo pensiero: "Se non sono in grado di uccidere il desiderio di libertà, non potranno distruggerti". Vorresti, con tutte le tue forze, che fosse vero.
Ciao Bobby, che tu stia vivendo la libertà che hai desiderato, che non hai conosciuto e neanche noi sfioriamo.