Ho sempre avuto un vizio da ragazzina, che soltanto ora ho la saggezza di chiamare virtù. Assaggiavo tutto, con un obiettivo preciso.
Volevo individuare il boccone migliore: perché l’avrei finito per ultimo.
Papà scuoteva il capo, perché questa consuetudine mi portava a discutibili mescolamenti di gusti. Ma io su questo punto ero irremovibile: volevo che il finale di un piatto fosse la cosa che mi esaltava.
Oggi mi rallegro di averlo portato in senso più ampio nella mia vita, perché davvero ho assaggiato tanto e in parte continuerò a essere curiosa. Ma con un obiettivo preciso.
Adesso scelgo. Il meglio.
Appunti di Viaggio di Marilena Lualdi Tra natura, dubbi e musica (Nature, music and doubts) (Questo sito si serve dei cookie per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookie)
domenica 30 giugno 2019
giovedì 27 giugno 2019
Un pianeta dentro un lago
C’è una stella dentro il lago, anzi un pianeta.
Brilla solitario nel cielo austero d’estate, poi vola dritto giù.
Il lago di Garda me lo restituisce con un’ombra si chiama sorriso. C’è Sempre un pianeta dentro un lago e tu lì a bagnarti le dita, come una bambina.
Brilla solitario nel cielo austero d’estate, poi vola dritto giù.
Il lago di Garda me lo restituisce con un’ombra si chiama sorriso. C’è Sempre un pianeta dentro un lago e tu lì a bagnarti le dita, come una bambina.
martedì 25 giugno 2019
Scusa se ho fatto rumore
Ho sentito molti, sinceri addii in queste ore a un piccolo angelo.
Ma nessuno mi ha dilaniato come questo. Forse quasi quanto il ricordo del suo sorriso.
Una compagna che sussurra sull’altare: scusa se ho fatto rumore.
Come a dire: tu non potevi gridare, piccolo angelo, e io guarda che fracasso ho fatto.
Il sole scava dentro le ferite, mentre io mi allontano da tutti questi bimbi in lacrime.
Ma io non so cosa dire di fronte a un bambino, che già quaggiù era un angelo.
Se non: scusa se (non) ho fatto rumore.
Ma nessuno mi ha dilaniato come questo. Forse quasi quanto il ricordo del suo sorriso.
Una compagna che sussurra sull’altare: scusa se ho fatto rumore.
Come a dire: tu non potevi gridare, piccolo angelo, e io guarda che fracasso ho fatto.
Il sole scava dentro le ferite, mentre io mi allontano da tutti questi bimbi in lacrime.
Ma io non so cosa dire di fronte a un bambino, che già quaggiù era un angelo.
Se non: scusa se (non) ho fatto rumore.
domenica 23 giugno 2019
Mi piace vederti
Ogni tanto mi arrabatto con dichiarazioni d'amore. Volo alto, perché la terra mi fa girare la testa.
Oggi mi trovo con amici insieme quasi di più che da una vita. Lui, dolcemente, le rimprovera che lei è troppo apprensiva: a ogni passo lo segue; se non lo vede per un po', controlla che sia in giardino o alla scrivania.
Ma lei gli posa addosso gli occhi, con una velatura di bambina, e spiega senza giustificarsi: «Mi piace vederti».
Spodesta anche suo marito da una risposta saggia. Perché nulla si può di fronte a una simile dichiarazione d'amore.
Oggi mi trovo con amici insieme quasi di più che da una vita. Lui, dolcemente, le rimprovera che lei è troppo apprensiva: a ogni passo lo segue; se non lo vede per un po', controlla che sia in giardino o alla scrivania.
Ma lei gli posa addosso gli occhi, con una velatura di bambina, e spiega senza giustificarsi: «Mi piace vederti».
Spodesta anche suo marito da una risposta saggia. Perché nulla si può di fronte a una simile dichiarazione d'amore.
venerdì 21 giugno 2019
Se non so ricamare
Da ragazzina andai all’oratorio, sperando di calciare via la timidezza con il pallone. Le suore mi misero in mano ago e filo, per ricamare.
Io feci fieri disastri, perché i miei occhi correvano al campo di calcio. Polvere, fango, libertà.
Mi arrabbiai moltissimo e il risultato è che non so ricamare. Non perché fossi incapace (be’ forse un pochino), ma non sopportavo di essere obbligata a fare qualcosa: una ribellione un po’ scontata.
Invano ho cercato di rimediare, perché credo sia un’arte fantastica. Finché ci ho letto dentro una lezione di consolazione.
Non so ricamare. Spargere disegni ordinati sulla vita che è polvere, fango, libertà.
E se non so ricamare, è perché ho troppo poco tempo e troppa voglia di essere felice.
Io feci fieri disastri, perché i miei occhi correvano al campo di calcio. Polvere, fango, libertà.
Mi arrabbiai moltissimo e il risultato è che non so ricamare. Non perché fossi incapace (be’ forse un pochino), ma non sopportavo di essere obbligata a fare qualcosa: una ribellione un po’ scontata.
Invano ho cercato di rimediare, perché credo sia un’arte fantastica. Finché ci ho letto dentro una lezione di consolazione.
Non so ricamare. Spargere disegni ordinati sulla vita che è polvere, fango, libertà.
E se non so ricamare, è perché ho troppo poco tempo e troppa voglia di essere felice.
giovedì 20 giugno 2019
Un gran rabel
Un gran rabel. Il poeta non ebbe timore di definire così le campane della basilica e si beccò una richiesta (ordine) di ammenda poetica dal prevosto.
Quel poeta era Angelo Bottigelli, mio prozio, anzi cugino: un rabel anche le parentele nella mia città.
Mi viene in mente la sua guizzante poesia in cui protestava allo scampanare vicino allo studio. Io, innamorata del silenzio, lo capisco.
Ma oggi no, ascolto queste campane di gioia dal mio rione (paese) di Sacconago fino al centro di Busto Arsizio.
Un poeta, scrittore, musicista, artista, un uomo buono che canta tutti senza suonarle, fra tre giorni avrà la civica benemerenza. https://varesenoi.it/poeta-di-umanita-umilta-unita-e-ascolto-ginetto-grilli-cittadino-benemerito-di-busto/
Oggi quando si è diffusa la notizia, che rabel! Gliel’ho detto, con dialetto sgrammaticato: che bel rabel.
Un fracasso buono, le campane del cuore a festa per giorni interi. C’è un rumore irresistibile, che non nuoce al silenzio dell’umiltà, è quello della gioia.
Quel poeta era Angelo Bottigelli, mio prozio, anzi cugino: un rabel anche le parentele nella mia città.
Mi viene in mente la sua guizzante poesia in cui protestava allo scampanare vicino allo studio. Io, innamorata del silenzio, lo capisco.
Ma oggi no, ascolto queste campane di gioia dal mio rione (paese) di Sacconago fino al centro di Busto Arsizio.
Un poeta, scrittore, musicista, artista, un uomo buono che canta tutti senza suonarle, fra tre giorni avrà la civica benemerenza. https://varesenoi.it/poeta-di-umanita-umilta-unita-e-ascolto-ginetto-grilli-cittadino-benemerito-di-busto/
Oggi quando si è diffusa la notizia, che rabel! Gliel’ho detto, con dialetto sgrammaticato: che bel rabel.
Un fracasso buono, le campane del cuore a festa per giorni interi. C’è un rumore irresistibile, che non nuoce al silenzio dell’umiltà, è quello della gioia.
mercoledì 19 giugno 2019
Leggeri, si può diventare
Leggera leggera. In un orto coltivato da un custode gentile, resto in silenzio tra i colori. Guardo il saggio che lo coltiva per donare e capisco cosa devo fare.
Faccio scivolare via tutto ciò che mi grava sui movimenti. Ruoli, funzioni, furbizie, selfie senz’anima. Li guardo a terra, mentre non si muovono più.
Io sì, cammino. Non so come sia possibile, in quest’afa dell’anima.
Forse seguo le orme del custode gentile, la sua ombra fresca che si muove nell’orto.
Leggeri, si può diventare.
Faccio scivolare via tutto ciò che mi grava sui movimenti. Ruoli, funzioni, furbizie, selfie senz’anima. Li guardo a terra, mentre non si muovono più.
Io sì, cammino. Non so come sia possibile, in quest’afa dell’anima.
Forse seguo le orme del custode gentile, la sua ombra fresca che si muove nell’orto.
Leggeri, si può diventare.
lunedì 17 giugno 2019
Quella (non troppo) giovane canzone
Scivolo in un taxi per non perdere l’ultimo treno e mentre respiro, mi accarezza una canzone. Roba da disco, poco da rocker, eppure mi sembra amica.
Avrà tre, quattro anni, questa canzone e sorrido perché la riconosco. Vedi che sono giovane?
Poi la radio rivela senza pietà: era del 95.
- no, sbotto. Il tassista sobbalza e io mi giustifico: dai, era al massimo di tre anni fa.
Lui sorride, mi chiede se sono stata al concerto di Vasco e mi chiede: si ricorda, questa canzone fu anche presa per una pubblicità dei jeans.
No che non mi ricordo. Sono giovane, troppo giovane. Come quella (non troppo) giovane canzone.
Avrà tre, quattro anni, questa canzone e sorrido perché la riconosco. Vedi che sono giovane?
Poi la radio rivela senza pietà: era del 95.
- no, sbotto. Il tassista sobbalza e io mi giustifico: dai, era al massimo di tre anni fa.
Lui sorride, mi chiede se sono stata al concerto di Vasco e mi chiede: si ricorda, questa canzone fu anche presa per una pubblicità dei jeans.
No che non mi ricordo. Sono giovane, troppo giovane. Come quella (non troppo) giovane canzone.
domenica 16 giugno 2019
Non prendo la vita con comodo
Una giornata spezzata in due, all’apparenza. La mattina sul lago di Varese, stupendomi di legami che sono forgiati da sempre. Ma su questo non dico nulla di più perché racconta tutto Andrea Confalonieri.
https://varesenoi.it/chiara-una-farfalla-in-volo-sul-lago-di-varese/Poi ho l’occasione di andare a Monza per la Clio Cup Italia. Non sono una donna veloce, ma so che è un dono magnifico. Solo quando salgo sull’auto di Max per un giro, capisco il messaggio comune.
Non si può prendere con comodo la vita. Va divorata sul rettilineo e tremando di emozione a ogni curva.
Grazie
venerdì 14 giugno 2019
Un aquilone ci guiderà
Domenica 16 giugno abbiamo un compito importante: far volare un aquilone. Dal filo dell’acqua alla libertà dell’aria.
Devo guardarmi indietro, ritrovare il dolore e la rabbia di quando la piccola Chiara andò via. Andò via... pochi giorni fa, andando a salutare i miei avi, sono passata vicino a lei senza potermi fermare: stavano affidando alla terra un piccino e io non potevo avvicinarmi.
Il dolore e la rabbia, ancora. Ho bisogno di volare via.
Ci vuole una domenica così, in cui persone carissime remano insieme per far alzare un aquilone a forma di farfalla
http://neicassettidimalu.blogspot.com/2019/05/cacciando-via-il-drago-con-una-farfalla.html
Persone amiche da una vita: cioè da anni o da mesi, che Chiara ha messo insieme. Non ha avuto fretta, questa bimba più grande di noi, le ha messe insieme con la pazienza che a noi spesso manca.
Io, codarda, non sarò in barca, ma è giusto così. Ci deve essere Chiara, su quella barca. Un aquilone ci guiderà.
E poi io sono piccola: voglio vederlo dalla riva mentre si solleva.
Devo guardarmi indietro, ritrovare il dolore e la rabbia di quando la piccola Chiara andò via. Andò via... pochi giorni fa, andando a salutare i miei avi, sono passata vicino a lei senza potermi fermare: stavano affidando alla terra un piccino e io non potevo avvicinarmi.
Il dolore e la rabbia, ancora. Ho bisogno di volare via.
Ci vuole una domenica così, in cui persone carissime remano insieme per far alzare un aquilone a forma di farfalla
http://neicassettidimalu.blogspot.com/2019/05/cacciando-via-il-drago-con-una-farfalla.html
Persone amiche da una vita: cioè da anni o da mesi, che Chiara ha messo insieme. Non ha avuto fretta, questa bimba più grande di noi, le ha messe insieme con la pazienza che a noi spesso manca.
Io, codarda, non sarò in barca, ma è giusto così. Ci deve essere Chiara, su quella barca. Un aquilone ci guiderà.
E poi io sono piccola: voglio vederlo dalla riva mentre si solleva.
giovedì 13 giugno 2019
Andarsi a prendere la luna
Finito di dire sì a tutti, ti affacci sul tramonto ma la luna subito ti distrae. Ti ricorda che cosa stai aspettando ogni giorno, forse ogni ora.
Un punto nel cielo, che prende consistenza. Un luogo dove non appendere un sogno, ma tirarli tutti giù. Ascolti una storia di coraggio, di quelle che non ti abituano mai, in una Milano che si presenta persino fresca e testarda. Il Piemonte, lo respiri nel bicchiere e in quello che sogni di fare, ancora.
Adesso sai cosa fare: bisogna andare a prendersi la luna.
mercoledì 12 giugno 2019
Il lago vuole saperne di più
Dicono che il mare sia l’infinito, ma io creatura di lago, sono di parte. Credo che sia il lago a rispecchiarci di più, stretto nei suoi confini, mai uguale a se stesso. Io cresciuta sul mio lago Maggiore, lo so. E in ogni lago lo cerco.
Oggi tutti i cartelli mi avvisavano: esondazione a Como! Ero lì a pochi metri dalla sua curiosità chissà se appagata. La sera non riusciva a capire se lei fosse spettatrice o protagonista. Sul filo dell’acqua, ali pronte a volare.
Il lago forse voleva solo saperne di più. Della sera, degli umani, di uno straccio di senso intinto nella prima oscurità.
lunedì 10 giugno 2019
Anche se un cuscino scivola via
Quando ero piccola, minuscola, papà e mamma non mi lasciavano un secondo da sola. Una sera, andarono dai vicini di casa, appena oltre la soglia. Mamma lasciò aperta la porta e prima di uscire adagiò una serie di cuscini sotto il lettino dove sempre avevo placidamente dormito.
Era in tensione, forse persino in colpa, ma si sciolse di fronte alla serenità dei loro amici.
Quando tornò, io ero per terra in lacrime. Nell’unico punto senza cuscini. Si ripromise di non lasciarmi sola mai più, con papà. Mi dispiace oggi, così tardivamente, perché era con persone speciali,
Lo penso oggi a ridosso dei miei 51 anni.
Lo penso oggi, che ho detto arrivederci in chiesa a quella signora che ho sempre ricordato elegante prima di tutto per il suo sorriso. Vorrei che mia mamma avesse condiviso più tempo con lei.
Ma più di tutto vorrei aver capito la lezione: bisogna avere il coraggio di vivere, anche se un cuscino scivola via.
Era in tensione, forse persino in colpa, ma si sciolse di fronte alla serenità dei loro amici.
Quando tornò, io ero per terra in lacrime. Nell’unico punto senza cuscini. Si ripromise di non lasciarmi sola mai più, con papà. Mi dispiace oggi, così tardivamente, perché era con persone speciali,
Lo penso oggi a ridosso dei miei 51 anni.
Lo penso oggi, che ho detto arrivederci in chiesa a quella signora che ho sempre ricordato elegante prima di tutto per il suo sorriso. Vorrei che mia mamma avesse condiviso più tempo con lei.
Ma più di tutto vorrei aver capito la lezione: bisogna avere il coraggio di vivere, anche se un cuscino scivola via.
venerdì 7 giugno 2019
Guardarsi dolcemente attorno (nel vuoto)
Sono una donna che corre contro il tempo, su un treno conficcato nella terra. Non estraggo il telefono, perché troppo stanca o in un lampo di consapevolezza.
Mi guardo attorno, ogni tanto, per non guardarmi dentro.
In metropolitana tutti stanno fissando uno schermo o gridando dentro di esso. So tante cose dei miei compagni di viaggio, che mi sembra di impazzire: tutte, non ci stanno.
Poi, intercetto il volto di una signora dai capelli argentati e occhi limpidi. Lei non ha telefoni in mano, è seduta con una sorta di arrendevolezza. Si guarda attorno, la capisco quell’espressione. Si guarda attorno, dolcemente.
Con una curiosità buona, come se in ciascuno vedesse qualcuno di speciale, oltre lo schermo. I segni del tempo sono rispettosi sul suo volto.
E mi chiedo, quando io abbia smesso di guardarmi attorno, dolcemente.
Anche nel vuoto, che sembra regnare.
Mi guardo attorno, ogni tanto, per non guardarmi dentro.
In metropolitana tutti stanno fissando uno schermo o gridando dentro di esso. So tante cose dei miei compagni di viaggio, che mi sembra di impazzire: tutte, non ci stanno.
Poi, intercetto il volto di una signora dai capelli argentati e occhi limpidi. Lei non ha telefoni in mano, è seduta con una sorta di arrendevolezza. Si guarda attorno, la capisco quell’espressione. Si guarda attorno, dolcemente.
Con una curiosità buona, come se in ciascuno vedesse qualcuno di speciale, oltre lo schermo. I segni del tempo sono rispettosi sul suo volto.
E mi chiedo, quando io abbia smesso di guardarmi attorno, dolcemente.
Anche nel vuoto, che sembra regnare.
mercoledì 5 giugno 2019
Raise your Hands - canzone contro la notte
It’s a Sticky situation. Persino Bon Jovi sembra aver perso il proprio ottimismo, ma non la soluzione.
Ci sono due azioni: così conseguenti, anche se sembra che una sia la metà dell’altra.
Raise your hands.
Sembra che io mi arrenda.
Raise your hand.
Ehi, ci sono.
Mi arrendo a una marea di pretese.
Perché io ci sono. E adesso mi ascoltate.
Raise your hands, Bon Jovi, canzone contro ogni notte.
Ci sono due azioni: così conseguenti, anche se sembra che una sia la metà dell’altra.
Raise your hands.
Sembra che io mi arrenda.
Raise your hand.
Ehi, ci sono.
Mi arrendo a una marea di pretese.
Perché io ci sono. E adesso mi ascoltate.
Raise your hands, Bon Jovi, canzone contro ogni notte.
martedì 4 giugno 2019
I miei primi cavalieri
Quando sono venuta alla luce, ho vissuto i primissimi anni in un palazzo raccolto e traboccante di storie, che non potevo ancora intuire.
Ma ero una bimba fortunata perché potevo contare su due cavalieri. Potrei dire fratelli, ma da figlia unica il termine è più estraneo. Come sempre, ero la più piccina (una dannazione, una benedizione) e avevo deformato i loro nomi. Tuttavia, anche loro erano in imbarazzo di fronte al mio, troppo lungo. Balbettavamo imitazioni che sapevano essere uniche: avrebbero meritato di metterci al riparo in un universo fatato.
Io mi sono trasferita per prima. Quando ero immersa in un’estate greca, soleggiata anche per i miei vent’anni, Tatanni volò via per la crudeltà e l’indifferenza degli uomini.
Tornai in città, lo seppi e l’estate già non era più.
Dopo la mia adolescenza, non mi sono più rivista con i miei piccoli cavalieri. Ma sono sempre esistiti. Anche lui che è volato via.
E ora rivedrò l’altro per salutare una persona cara, che merita un abbraccio di una donna rimasta bambina.
Farà male e sarà speciale allo stesso tempo. Perché sono stata una bambina fortunata, anche quando ho attraversato il fuoco. Con me avevo sempre anche ali d’angelo e ombre di cavalieri.
E voglio dire grazie di quella fortuna, ancora.
Ma ero una bimba fortunata perché potevo contare su due cavalieri. Potrei dire fratelli, ma da figlia unica il termine è più estraneo. Come sempre, ero la più piccina (una dannazione, una benedizione) e avevo deformato i loro nomi. Tuttavia, anche loro erano in imbarazzo di fronte al mio, troppo lungo. Balbettavamo imitazioni che sapevano essere uniche: avrebbero meritato di metterci al riparo in un universo fatato.
Io mi sono trasferita per prima. Quando ero immersa in un’estate greca, soleggiata anche per i miei vent’anni, Tatanni volò via per la crudeltà e l’indifferenza degli uomini.
Tornai in città, lo seppi e l’estate già non era più.
Dopo la mia adolescenza, non mi sono più rivista con i miei piccoli cavalieri. Ma sono sempre esistiti. Anche lui che è volato via.
E ora rivedrò l’altro per salutare una persona cara, che merita un abbraccio di una donna rimasta bambina.
Farà male e sarà speciale allo stesso tempo. Perché sono stata una bambina fortunata, anche quando ho attraversato il fuoco. Con me avevo sempre anche ali d’angelo e ombre di cavalieri.
E voglio dire grazie di quella fortuna, ancora.
lunedì 3 giugno 2019
Le mie radici, che non sono il mio merito
Lo vedo per le strade della mia città da un fiume di anni. Mi dicono più di venti, potrei tradurre una vita. La sua pelle fieramente d’ebano, la mia candida con non meno fiere lentiggini.
Ci chiamiamo fratello e sorella, ma forse solo stasera l’ho ascoltato. Lontano dalla sua terra, incursioni ogni tre, quattro anni. La tua casa che ti sembra forestiera via via, forse quanto quella in cui vivi.
Questa sera assume un senso ciò che non lo aveva, da qualche tempo. Io che ho viaggiato tanto, per restare placida sotto casa.
Da qualche tempo, sì, avverto il disagio quando sento inneggiare alle mie radici. Quando sento - in crescendo rossiniano - bustocca doc, lombarda doc, italiana doc. Forse persino europea.
Il disagio mi rivela la vera ragione: mica è merito mio, essere rimasta nella mia terra. Nessuno per ora mi ha cacciata, non sono stata migliore né peggiore di per sé di chi ci è arrivato dieci, venti, trent’anni fa.
Le mie radici, un orgoglio. Non un merito. E a mio fratello, che vaga per strade che non sono mie, dico Grazie stasera.
Ci chiamiamo fratello e sorella, ma forse solo stasera l’ho ascoltato. Lontano dalla sua terra, incursioni ogni tre, quattro anni. La tua casa che ti sembra forestiera via via, forse quanto quella in cui vivi.
Questa sera assume un senso ciò che non lo aveva, da qualche tempo. Io che ho viaggiato tanto, per restare placida sotto casa.
Da qualche tempo, sì, avverto il disagio quando sento inneggiare alle mie radici. Quando sento - in crescendo rossiniano - bustocca doc, lombarda doc, italiana doc. Forse persino europea.
Il disagio mi rivela la vera ragione: mica è merito mio, essere rimasta nella mia terra. Nessuno per ora mi ha cacciata, non sono stata migliore né peggiore di per sé di chi ci è arrivato dieci, venti, trent’anni fa.
Le mie radici, un orgoglio. Non un merito. E a mio fratello, che vaga per strade che non sono mie, dico Grazie stasera.