Ripenso al film di Charplin, Verdoux. La contrapposizione di crudeltà (ma sono affari, spiega) e di sensibilità (verso una bestiola o una giovane che, pur affranta, ama la vita) si legge sul volto del mito. E si può soffrire anche sorridendo, con la leggerezza buona che egli imprime facendo vivere ogni personaggio.
Il finale, però, è proprio opera di maestro, sfacciato. A parte il saluto "A ben rivederci, a presto" a coloro che lo condannano e lo giustiziano, egli ribadisce ciò che troppo spesso ci sfugge: la violenza di un uomo è peccato, crudeltà, delinquenza. Quella di tanti eroismo: che sia una guerra o gli omicidi commessi da uno Stato in altra maniera.
Si può controbattere in mille modi, ma penso che un senso di inquietudine ci rimanga comunque addosso. Come quella voglia di vivere, che consiste nel voler scoprire, anche nell'ultimo istante: non ripensa forse al bicchiere di vino che gli viene offerto e lo beve perché l'aveva mai provato prima?".
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