Tutti insieme.
Di nuovo o per la prima volta, ma la differenza è sempre scolpita da quella parola: insieme. A
Crespi d'Adda - questo luogo stretto da un filo alla mia città, filo che diventa doppio nel ricordo di un amico straordinario come
Francesco Bonfanti - "L'ultimo dei Fuasté" si è trovato a casa come pensava, come pensavamo in occasione del festival Produzioni Ininterrotte (
QUI).
In una pacata domenica d'autunno Mario e Malik hanno scrutato questo villaggio che ha attraversato i tempi, assieme a noi: forse colti da stupore, come lo avverto io ogni volta.
Di nuovo, a Crespi d'Adda a sussultare scorgendo la "mia" chiesa, ad accarezzare le quiete vie con lo sguardo, a riascoltare in un cassetto dell'anima i racconti di Francesco. Così entro nell'Unesco Visitor Center in netto anticipo e vengo accolta da un'immagine mia e del libro. Attendo i miei amici: Mimmo e Rosy che a Crespi vivono e Alessandra che sapevo, sentivo di dover riabbracciare qui.
Attendo i miei amici da Busto, da Como ed ecco la prima volta, per me una benedizione indescrivibile. Michele e Giuseppe, autori delle prefazioni, finora si erano incontrati solo su quelle pagine, ma ora sono uno accanto all'altro e mi sembra un quadro ricomposto, naturale. Come l'abbraccio perenne con Paola o lo sguardo luminoso di Pina. Dopo l'introduzione calorosa di Giorgio Ravasio dialoghiamo con Enzo Galbiati e anche in quest'occasione scorrono dentro di me frammenti di incontri, sensazioni, empatia vissuti negli anni.
Non sono più una cronista, forse non lo volevo nemmeno essere. Il pensiero corre indietro a un giorno lontano in cui andai con i tifosi della Pro Patria dal Papa. Francesco voleva scrivere un articolo, ma non mi domandò certo la cronaca.
Marilù parlami dell'emozione... quella che ti chiude il fiato... cosa ti ha emanato la persona/Papa
Eccola qui, Francesco. È come quella che mi afferra alla gola oggi.
Francesco era un cantastorie (non perdetevi la lettura dei suoi testi, del "poeta operaio" vissuto a Crespi d’Adda venerdì 1 novembre alle 21 con Giuseppe Galbiati), io invento storie per sfuggire dalle gabbie della cronaca e forse sopravvivere. Ma si sopravvive, solo tutti insieme; solo così si smorza la condizione di fuasté sulla terra.
Noi siamo tutti insieme oggi, anche insieme a un amico che qui non può essere fisicamente e si sente una tigre in gabbia. Un lottatore da cui imparo silenziosamente e quando glielo dico, lui mi risponde: che altro posso fare? La sua naturalezza, anche in questa risposta, mi riporta alla frase del mio imprenditore (poco) misterioso: c'è un solo modo di fare le cose. Verso gli altri e anche verso noi stessi.
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Mercoledì 30 a Como: info QUI.