Lo so, avevo appena reso omaggio alla gentilezza (qui), ma non esistono per una filosofa che voleva laurearsi con una tesi su Feyerabend le tesi scolpite nell'assoluto.
C'è una gentilezza che rinfresca, come quella che citai poche ore fa, e una che rischia di essere scambiata per debolezza.
All my life, been so polite
così canta una figura di riferimento, Ken alias Ryan Gosling in Barbie. Siccome non ho la patente da intellettuale da sventolare forzatamente davanti ai guardiani dell'alta cultura, non temo di citare questo film che mi ha fatto riflettere più di altri, carichi più di sbadigli che di concetti.
Tutta la vita sono stata così gentile... No, non come Ken, sono stata anche orribile, ma se prendiamo il termine gentile nell'accezione prima menzionata, sì, lo sono stata.
Capi chinati o borbottii, reazioni fiammanti spente per gentilezza.
Per debolezza.
Ho preferito spesso andarmene invece di litigare. Piangere invece di urlare (arte che applico in genere due o tre volte all'anno, anche perché ho scarsa voce). Soffocare invece di soffiare in faccia la mia verità.
Allora, c'è gentilezza e c'è masochismo. Io sono scarsa allieva sul primo fronte, voglio ritirarmi senza indugio dal corso del secondo.
Crescere, credo significhi investire energie nella gentilezza autentica. Quella che ti fa essere grata se qualcuno commette un piccolo gesto, comprensiva se non può proprio farlo, ma ti fa anche diventare indifferente verso chi si dichiara amico e non scorge neanche in lontananza il dramma che stai vivendo, persone che si lagnano del loro stato e intanto fanno ciò che vogliono calpestando ciò che fa bene a molti, se non a tutti.
Mi stai parlando? Facciamo che non ti capisco.
Forse cadrà anche il prossimo velo di gentilezza: guarda, non me ne frega proprio.
Intanto canticchio: per tutta la mia vita sono stata gentile... Adesso questa fase della vita prevede che io sia gentile con me stessa.
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