Mi ha sfiorato questa consapevolezza: è il tuo compleanno in cielo, e sono passata a trovarti. Ricordare è anche questo, oggi.
Eri un mio compagno di scuola, definito sbrigativamente ragazzino difficile in una classe tutto sommato gestibile. Con te, nessuno di noi aveva mai parlato, né capivamo il tuo dialetto. La tua ribellione era più nella fama, che faceva leggere ogni tuo atto con tanta sicurezza.
Mai un discorso. Adulti che urlavano con te, un giorno mi ricordo di essermi sentita la fetta di salame, sul mio banco, tra te e la prof di matematica che ti rimproverava. Un giorno, ancora, ti obbligarono a tagliarti i capelli e tu ostentasti una timidezza, un pudore strani.
Ragazzo difficile, un giorno mi urtasti mentre camminavi e dicesti "Scusa". Non è niente, dissi e avrei voluto dirti molto di più.
Infine, non ti ho visto più. Cambiasti scuola. Tre anni dopo, ero in montagna e giocavo con il mio cane; accanto a me un amico. Mi vennero a dire che eri morto, in un incidente rocambolesco, forse sospetto. Del ragazzo difficile raccontavano leggende. Il mio amico disse: bene, uno di quelli in meno. Io lo guardai, con le lacrime agli occhi, e lo piantai in asso.
Passo spesso da te e guardo quella foto dove sei ancora bambino, i tuoi grandi occhi scuri sorpresi di fronte alla vita.
Il mio amico oggi è un padre di famiglia, e non so se abbia cambiato idea, o giudichi in base alla lontananza o meno dal Po.
So che oggi è il tuo compleanno, caro, e quel giorno, quando ti fermasti a chiedere scusa, avrei dovuto rispondere molto di più.
Un abbraccio in cielo. Non voglio dimenticare nulla e nessuno. Nemmeno te.