Il capitano J - voglio chiamarlo così - mi ha fatto salire a bordo della sua nave un giorno.
O meglio, prima ho varcato la soglia della azienda che guidava, poi l’ho esplorata e ho conosciuto i primi volti, le prime storie. Un giorno si è trasformata in un’imbarcazione vera e propria ed è andata al largo per celebrare un anniversario importante, rivelandomi il lago per la prima volta.
Sì una sera sono salpata con tante persone che producevano con la leggerezza dell’anima materiali così solidi e dopo parecchi anni a lavorare sul lago di Como mi è parso di poter conoscere di più quel canto d'acqua e creature.
Una serata di quelle che rimangono gioiosamente impigliate nei ricordi e ti formano, perché hai visto un capitano invitare con gratitudine e rispetto i suoi predecessori, coinvolgere tutti i suoi collaboratori, affidare vera gratitudine a chi andava in pensione, guardare avanti.
Come un manager, un uomo che ha un compito e responsabilità, e lo svolge con l'attenzione che merita la sua gente. Un esempio, non mi importa quanto diffuso: guardo alle persone e lui è così.
Il capitano J, le stelle sul lago, i fuochi artificiali non troppo distanti e la gioia di condividere più a fondo il viaggio. Poi, in azienda vederlo accogliere persone da tutto il mondo come pure far costruire uno spazio più produttivo, senza dimenticare di creare un sentiero tra la natura per produrre anche rigenerante spensieratezza tra i collaboratori.
È il capitano J. Che ora deve lasciare la nave e tra i tanti saluti che ha ricevuto nella sua comunicazione ufficiale sui social - al solito vibrante - colgo come un fiore quello di una persona speciale:
ora sta a te vivere, godere, essere.
Sulla moto, a piedi su un sentiero di montagna o su un’altra nave: capitano J, ti seguirò perché so che potrò sempre imparare qualcosa di speciale.