giovedì 31 ottobre 2019

Scomode

Nella mia valle si sono preparati alla notte delle streghe. La cagnolina e io siamo andate a respirare il verde umido la mattina e l'abbiamo trovata: una strega, su una catasta di legno, pronta a dissolversi.

La cagnolina si è turbata e le ha ringhiato. E io, per la prima volta, mi sono quasi sentita più saggia di lei: guarda che quella è una povera strega, sono gli umani il pericolo.

Una strega, quella che hanno perseguitato ieri, oggi e domani. Tante streghe, esseri fragili e scomodi. Persone che non potevano difendersi, spesso donne. O erano perverse, o matte, o non c'erano nemmeno definizioni per loro, immerse nel silenzio.

E anche oggi, che pensiamo di poterci difendere o - peggio - di  non averne affatto bisogno, provano a puntare il dito.

Così scomode, da essere vere.

Questa è la notte delle streghe e la mia valle ride, balla, ma conosce la verità: scomode sono coloro che provano a salvare un pezzetto di mondo, e sempre cercheranno di bruciarle.


mercoledì 30 ottobre 2019

Lo sguardo in gabbia

Ero festosamente in osservazione di animali liberi, che non osavo disturbare neanche con un respiro.

Tutti li vedevano, anche più di me. Poi ho visto una gabbia: dentro, c’era un animale. E uno sguardo.

Era una nutria, mi è stato detto, e verranno a prenderla.

Ma io sono folle abbastanza da tenere dentro di me quello sguardo, perché lo conosco. Lo conosciamo.

Quello di un animale in gabbia, come spesso noi.

martedì 29 ottobre 2019

Sconosciuto sotto gli occhi

Per anni hai una persona sotto gli occhi. Ti sembra di sapere tutto di lei, magari perché ti accoglie ogni giorno sulla soglia oppure perché è grande, tanto grande più di te. Perché indossa una divisa scura o perché sorride quando passi.

Ma solo quarant'anni dopo, la guardi dentro gli occhi e dentro le sue poesie, dentro i colori che avevi solo intuito, e capisci che era uno sconosciuto. Che non sapevi come avesse lasciato il suo paese, le incertezze, le paure, la fede. Che la sua valigia di cartone non l'avevi mai vista, né in fondo lui voleva che tu, bambina, conoscessi anche questo.

Sconosciuto sotto gli occhi, quell'uomo che chiamavi bidello e di quel titolo è giustamente fiero. Adesso coltivi un'unica certezza: che ti stava insegnando la vita con il suo silenzioso esempio.


lunedì 28 ottobre 2019

Sii uomo (a chi)

Sii uomo. Mi ricordo ancora quella frase rivolta in tono tutt'altro che imperioso da mio padre, la prima volta che mi trovai in ospedale. Io rintracciai dentro di me la voglia di ridere: «Se fossi uomo, non sarei in questo reparto». 

E noi abbiamo riso come ragazzini, né uomo né donna. Due persone, fragili e testarde. Padre e figlia, senza barriere innalzate da luoghi comuni.

Sii uomo. Quante volte l'ho sentito dire a una donna, anzi neanche tanto scandire a voce alta, ma sussurrare.

Perché ai miei occhi sii uomo è una frase ontologicamente infondata. Sii uomo, ovvero abbi coraggio.

Sii uomo, a chi. Quanti uomini hanno la forza di dire ciò che pensano. Di pagare per ciò che fanno. Di mostrare le loro ferite senza vergognarsene. 

Quanti commettono una scorrettezza e ficcano la testa sotto la sabbia. Pensano di essere degli dei del calcio perché scrivono banalità da una vita e se vedono una donna che fa il loro mestiere, vanno oltre.

Perché sono spaventati. 

Io conosco molti uomini spaventati, ma sarò sicuramente sfortunata. Perché io sono donna. E non ho voglia di fare processi a un genere o all'altro. Non ne ho neanche il tempo, perché sono un po' impegnata di questi tempi, ma rimedierò.

Voglio solo scrollarmi via i luoghi comuni e ridere, ridere in faccia a chi tenterà seriamente di dirmi: sii uomo.

Sii uomo. A chi.

domenica 27 ottobre 2019

La casa d’autunno

Più casa che mai, mi indica l’autunno. Tornando in città, basta un balenare del viale a spazzare via il nostro affanno. Gli alberi si rincorrono fino a perdersi sullo sfondo. E questo autunno che scintilla di ricordi estivi, mi dice: bentornata.

Il viale, un mormorio, una casa che ti abbraccia portandoti via dal mondo.

venerdì 25 ottobre 2019

Se volessi insegnare

Superati i cinquant'anni, sviluppai un vago senso di intolleranza a sentirmi dare lezioni.

Io adesso qualcosa potrei insegnare. E allora, ferocemente mi misi a imparare.

Senza prendere lezioni.

Volevo un grattacielo

Volevo un grattacielo, per guardare il mondo dall'alto in basso. Adesso rimango senza fiato, ma voglio scivolare a terra. Scorgere le ultime, ostinate rose appiccicate a una chiesa, percorrere la strada dagli odori sferzanti e perdermi, ancora una volta. Perché sulla superficie ti smarrisci sempre.

Voglio un grattacielo, una torre, qualcosa costruita dall'uomo. Te lo gridavo sempre, papà, mentre accarezzavi i tuoi fiori.

E adesso che guardo dal trentanovesimo piano, ammiro in silenzio e poi so una cosa sola.

Che voglio scendere, tra le rose, gli odori, la gente. Voglio scendere a capire se tutto ciò che ho visto, sia vero. 

giovedì 24 ottobre 2019

Morbide scale

Nella vita costellata di scale di Gotham, incontri anche morbide scale. Le avvolgi con uno sguardo e  si allenta la fatica.

Anche se non conti i gradini, anche se ti sei appena lasciata alle spalle la pioggia e ne rechi le tracce. Accarezzi con gli occhi scale morbide e sali con un soffice silenzio di gratitudine.


martedì 22 ottobre 2019

Dieci anni fuori dai cassetti

Quando tiri fuori i tuoi scritti dal cassetto
Mai, papà. Non mi interessa. 

Scrivere per me era altro: scrivere oltre la cronaca, attingere da ciò accadeva dentro di me e non fuori. Né mi importava che ciò uscisse. Anzi.

Finché ci fu un patto, un patto neanche segreto, fra me e mio padre. Lui si sarebbe messo a scrivere, il titolo era già pronto prima del racconto grazie all'intrepida azione del nonno Giannino all'inizio del Novecento. E quel libro sarebbe uscito.

Quando il nonno prese per il naso il Re.

E mío padre Nino ha scritto, scritto. Di quel gesto, della sua famiglia, di sé e del suo viaggio con i telai in tutto il mondo. Poi, un giorno ha posato la penna. E ha atteso che la prendessi in mano io. Che lo completassi, quel libro, mentre lui tifava da lassù.

Ecco perché questa data la metto a fuoco così: il 22 ottobre di dieci anni fa. Con una locandina, un giorno più volte benedetto: il compleanno di nonno Giannino, la prima presentazione  di questo libro scritto da me e papà, a pochi metri da dove venne alla luce proprio Giannino e da dove era stato a lungo  barbiere. E se don Gnocchi ci riporta al 25 ottobre, data della nascita, il processo sul miracolo si aprì qualche giorno prima.


Non potevo negare a mio padre e a tutta la famiglia la gioia di poter stringere quel libro: se chiudo gli occhi, rivedo i volti intensi e commossi. Alcuni, oggi non li posso scorgere più.

Ma da allora, ho dovuto anche tirare fuori dai cassetti tanti pensieri e qualche altro libro. Io che starei dichiaratamente rifugiata in un bel faro, come asseriva fosse suo sogno anche papà, mi trovo qua fuori, con le parole che non sono più mie. E anche se questo significa spesso avvertire il tonfo del vuoto nel cuore, anche se nei cassetti entra la polvere del tempo, li lascio spalancati alla speranza di un altro passo, un'altra storia.

sabato 19 ottobre 2019

Le foto che non vedrai

In questo sussurrare testardo della pioggia si perdono i contorni di una foto. Era in bianco e nero, senz’altro. L’autore senza che io lo sapessi, ne ha prodotte molte altre e tutte le conosco.

Ma quella foto che mi ha preannunciato, no. L’ho pregustata in questi mesi, mentre lui la cercava negli archivi così lontani nel tempo. Adesso però, proprio in queste ore, lui è volato via.

Penso che c’è solo una foto che ho desiderato di più: quella della mia bisnonna Serafina, la letterata di casa. Mi sembra così assurdo che proprio il suo volto bello e fiero non ci sia arrivato.

Ma forse è proprio questo il punto. Forse le foto che non vedrai, sono quelle che già hai stampato dentro.

Questo signore che tante volte ha catturato mio padre con la sua macchina fotografica, prima di volare via mi ha visto entrare al suo capezzale. Destandosi, ha pronunciato il mio nome, e ciò che con altrettanta potenza mi definisce.

- sei la figlia del Nino.

Proprio come le ultime parole di mio padre: sei una figlia.

Le foto che non vedrai, sono già dentro di te.


venerdì 18 ottobre 2019

Esisto (oltre Joker)

Joker, il pugno allo stomaco di cui avverto ancora il dolore. Quello che ti impedisce di ragionare, perché manca il fiato.

Ma una certezza - di quelle che ti fanno tremare la voce solo a provare a pensarle - si conficca nel cuore.

Lungo la vita, non importa quanti ti trattano come se non esistessi.

Tu esisti.

Io esisto. Nel buio di un cinema o nel sole di un giorno di autunno, respiro.

giovedì 17 ottobre 2019

Blu da far male

Certi giorni a Milano il cielo è così blu da star male. Angeli e altre figure coraggiose lo sostengono.

E quasi vorrei tendere una mano.

mercoledì 16 ottobre 2019

Anche la luna si ritrae

In fondo alla via, la luna si è rifugiata. Enorme eppure spaesata, sulla scia dei volgari lampioni.

E con i suoi occhi tanto inesistenti quanto veri mi grida tutto, in una scia di ribellione.

L’indifferenza su un marciapiede che corre su un marciapiede della metropoli, dove in silenzio chiede  un uomo privato delle sue gambe.

In Sardegna la clinica veterinaria Duemari oggi mi parla di Tenerezza. Perché con lei si può provare a vivere.

E poi in fondo al mare, più buio della via, una mamma addormentata con il suo bimbo per sempre.

In questo mondo, insopportabile, anche la luna si ritrae. Magari per trovare un po’ di speranza dentro di sé.

martedì 15 ottobre 2019

Waterfall - canzone per la notte

La gente cammina dentro il corso d'acqua dei tuoi pensieri, senza accorgersi nemmeno.

Vanno e vengono, gli umani, nella vita propria e in quella altrui. E quando si trovano nelle cascate, affondano e si rialzano con la medesima inconsapevolezza. Anche quando senti l'acqua, l'acqua gelida, non puoi capire se ti stia salvando o dannando.


Waterfall, Wendy & Lisa, canzone per la notte

domenica 13 ottobre 2019

Il sole dentro

Sei in viaggio affamata di casa, dopo un giorno pur esaltante di esperienze. Ti dovresti fermare per il profumo del pane, pregusti ciò che porterai oltre la soglia della tua dimora e i sorrisi che si accenderanno.

Invece, ti incatena anche il profumo del sole, davanti alla panetteria. Quella promessa di giorno nuovo, a cui non riesci a fare l'abitudine. E con un pizzico di orgoglio ti dici che sì, il sole ti blocca qui, alla sua corte, ma se ne sei così attratta è anche perché lo senti dentro. 

Un nuovo giorno in cui nascere, un giorno in cui essere vivo. Un canzone degli anni Settanta ti solletica il sorriso. E anche se qua e là i brividi continuano a morderti, non puoi negare di avere il sole dentro.

sabato 12 ottobre 2019

La luna che posa i suoi sogni

Il cielo è tutto suo, un manto che la luna si getta sulle spalle con noncuranza. Ma poi la vedo sfiorare foglie immerse in una luce rosa. Come a testarne la resistenza per appoggiarsi o forse posarvi i sogni.

La collina che sprigiona la storia e il coraggio di una famiglia, non ha ancora voglia di riposare ed esplode di musica e festa. E la luna ci sembra girare attorno, prima dominatrice e poi bimba curiosa.

La luna che posa i sogni per una manciata di istanti e noi che li abbiamo smarriti lontano dal
Cielo.

venerdì 11 ottobre 2019

Se io ho da mangiare

Sulle rive del lago, una nonna mostra timidamente la sua arte. Magnifiche borse, confezionate con foglie. Le chiedo dove le venda e lei accenna alle bancarelle qui e là. Finché confessa riluttante, che non vuole ricavarci qualcosa.

Lei così dà da mangiare a bimbi lontani, grazie a un prete. La sua pensione, è bassina. Ma c'è anche quella del marito. E poi non è neanche quello il ragionamento.

«Io ho da mangiare, penso a quei piccoli che non ne hanno».

Se io ho da mangiare, sento il grido di fame là fuori. A patto di saper piegare la schiena, di addentrarsi in un campo a recuperare le foglie prima di lasciar brillare la propria arte silenziosa.

Se io ho da mangiare, devono mangiare tutti.

giovedì 10 ottobre 2019

L’infelicità senza desideri (in)comprensibile al liceo

Stasera mi scorre dentro tutto un libro, e una vita. Perché al liceo la mia lingua preferita era il tedesco e Peter Handke mi fece entrare senza paura, in quel fiume di brividi.
Stasera ho sobbalzato, perché ero convinta che il Nobel fosse stato assegnato da un pezzo a lui. Anche se lo ripudiavo, anche se talvolta era scomodo, pure per le mie solenni convinzioni.

E stasera, tra le sue opere, mi divora “Infelicità senza desideri”: in tedesco, ogni parola schiude sentiero che nella mia lingua si inaridiscono. Sua madre e ogni origine della Vita.

Racconta ciò che scava alcuni, e troppi. Tenta molti. Lascia indifferente i più, perché non capiscono che può sbranare tutti.

Quell’infelicità bastarda che nasce perché non hai più desideri. Al liceo ti rassicurano: non puoi capirla. Ma puoi fare di peggio: intuirla. Puoi avere una marea di sogni e trovarti a nuotare tra la sabbia. Non perché tu sia peggiore o migliore.

Perché tocca a te.

Infelicità senza desideri: incomprensibile da contratto al libro, invece no: e il Nobel a colui che te l’ha indicata.

mercoledì 9 ottobre 2019

Il momento perfetto

Fruga pure nell'enciclopedia o in diavolerie meno accreditate, nel manuale della vita o in chissà cos'altro: cercando un'ombra di definizione del momento perfetto.

Non è quando stai bene, quando tutti capiscono gli sforzi che fai e tu i loro, quando l'armonia a cui hai lavorato a fatica regge davvero. Perché c'è un tu di troppo, che poi sarebbe un io.

No.

Un piccolo grande amico, vive un'esperienza straordinaria e tu la senti, la guardi, vibra dentro di te. Accanto a lui, altre persone che questo istante lo meritavano tutto.

E ti rendi conto che sì, questo è il momento perfetto.

Quello che non dimenticherai mai. Si rifiuterà di finire dentro l'enciclopedia o il manuale della vita, ma vi volerà attorno sempre con un sorriso dolcemente ribelle.

Perché i momenti perfetti non si lasciano intrappolare, soltanto vivere.

lunedì 7 ottobre 2019

Una scorta di valore

C'è buio, buio sulla città. E forse sui pensieri. Io devo compiere una commissione rapida, con una delle persone conosciute grazie a un uomo buono che mai ho conosciuto eppure mi ha cambiato la vita.

Ritirare un'informazione e correre verso la mia meta. Ma lui mi dice: ti accompagno fino a lì. Lo faccio correre in quel buio, che però adesso si sfalda.

Respiro tanta solitudine attorno, sguardi che si perdono, vuoti nascosti. Ma io ho una scorta, una scorta di valore. Un uomo generoso che sta pensando a come fare felici delle persone apparentemente senza libertà, isolate da una giungla di profondi prigionieri. Un uomo che non dimentica nemmeno un amico, non un uomo buono che è dovuto volare via. E si prende cura dei legami che gli ha lasciato.

Anche una donna che ha visto poche volte e alla quale ha affidato i suoi preziosi ricordi una volta. Ma da allora la chiama ogni tanto, indaga come sta lei, la sua famiglia, i suoi sogni.

Una scorta di valore e il buio ora si è sciolto tutto.

domenica 6 ottobre 2019

Il ponte degli operai (o la fatica di chi costruisce)

Nella mia valle ci siamo imbattuti nel ponte degli operai. Bisogna percorrere ignari un tratto nel bosco e sperare, pregare di non rimanere nel buio per sempre.

Figo dirlo a ottobre, ma chiudo gli occhi e mi trovo a gennaio. I brividi, i piedi che sentono i morsi del ghiaccio con scarpe di fortuna. Il fango si fa duro, ogni passo maldestro. Il fiume ruggisce vicino e sembra dentro di te.

Questa la sorte di chi costruisce finché non vede un ponte: il fiume ora si lascia domare e osserva da sotto il passaggio gentile.

Il ponte degli operai, non sente i mormorii di chi è intento a dividere. È la salvezza di cui pochi si accorgono, se intenti non sono a compiere il proprio dovere.

sabato 5 ottobre 2019

Instant Aida (per sempre)

E' solo quando arrivo a Busseto, che lascio scivolare il tempo. Ho combattuto contro i ritardi pretestuosi, anche quelli del traffico. Io ho una missione da compiere e tutti si mettono di traverso, mi dico: è proprio quella giusta.
Instant Aida: viverla, assorbirla, rilasciarla. Rispettare un impegno non scritto e poi forse raccontarla. O meglio, raccontare un frammento di giornata dedicato solo a me, al piacere di vivere e di scoprirsi.

Rallentando

Tutto è cominciato due mesi fa e molto prima. Un viaggio nel Piacentino, che invitava a fermarsi. Noi varchiamo anche il fragile confine e incontriamo il paese natio di Giuseppe Verdi. Quando torno a casa, non riesco a togliermi dalla testa il festival di Parma e decido così che sarei andata a Busseto, al cospetto dell'Aida. L'avevo promesso a mio padre tanti anni fa, o meglio lui me l'aveva chiesto e io non avevo risposto. Da poco avevo scoperto l'opera. Ma tra noi era così: le parole non dette contavano persino di più.

Aida, la magnificenza, il grande per eccellenza. E io so che il teatro di Busseto è un gioiello minuscolo. Ma non importa, so che quella sarà la mia Aida. Che poi è questo il senso: voglio andarci da sola, partire dopo il lavoro, tornare la mattina presto per prendermi cura di tutte le esigenze di famiglia.
Una manciata di ore, tuttavia, sarà solo mia. E quando sono in coda, già alle prime tracce di Milano, l'ansia mi afferra alla gola e mi fa quasi desistere. Ci arrivo lo stesso, a Busseto, mezz'ora prima dell'opera sono al bed and breakfast. Il Trovatore, mi accoglie Michele e mi invita a respirare.

- Ma come, sarà già aperta la biglietteria, sono in ritardo.

- No, non è in ritardo, adesso aprirà ed è a pochi minuti da qui.

Io lo sento già, che il tempo ha cambiato ritmo, che questa Instant Aida sarà per sempre. 

Il cielo a poco a poco

Il teatro mi sta aspettando, come il tramonto, a pochi  metri dal parcheggio. Quando afferro il biglietto, prendo il fiato per salire al loggione, ma un signore mi ferma: guardi, salga in ascensore con me, io scenderò al primo piano, lei al terzo. 

Obbedisco e mi incasino com'è nella mia indole, o meglio in quella che conosco meglio, per trovare il posto giusto. Per un attimo mi affaccio e penso che se tenderò una mano toccherò il soffitto e il cielo. Le persone chiacchierano e anch'io mi trovo coinvolta in questo vortice buono, mentre i musicisti accordano e il sipario non accenna il minimo movimento.

Mi porgono anche un complimento: «Lei arriva così, dorme poche ore e domani all'alba riparte? Lei è una donna attiva, complimenti». Forse dovrei dire che le donne sono spesso così, ma raramente per se stesse: per questo raramente vengono sgamate. Ma sono tutti pensieri che possono attendere.

Verdi sta per dire la sua, lui che in questo teatro mai avrebbe messo piede: Toscanini sì, però, una lapide lo ricorda.

 La trama e le parole raccontano la forza delle donne, anche le loro cadute, e la devozione incredibile del condottiero. Ma nessuno sa parlare quanto la musica. Nel primo atto già le lacrime mi tentano, per la sua coerenza dolorosa. In quello finale, il distinto signore accanto a me mi rassicurerà: guardi che tengo qui i fazzoletti per lei.


Come a casa


Qui provo qualcosa che in altri teatri non avevo ancora percepito. Qui occhi e orecchie sono concentratissimi, ma si coglie anche una leggerezza che è familiarità. Sì, mi sembra di ritrovarmi a quei tavoli di un tempo, dove si conversa guardando un programma speciale alla tv. La Marcia trionfale accentua questa sensazione: il punto in cui tutti ci ritroviamo con impeccabile sintonia.

Solo che qui muore Aida, e il suo amato, e quella tomba in cui si trovano rinchiusi vivi, inchioda lo sguardo.

Rifiuto il pacchetto di fazzoletti: io voglio piangere libera.

Perché sono come a casa, anzi a casa. Piango per le vittime e colei che si è trovata carnefice, ora disperata. Piango delicatamente, chiedendomi perché io abbia atteso tanto per esaudire quello che mi pare un voto. Me lo suggerì mio padre, sento che veniva ancora prima, da mio nonno e dalla sua fedeltà alla Scala e qualsiasi teatro poi che gli offrisse le amate opere.

E la risposta viene da queste terre e dai loro gesti misurati: perché questo era il momento giusto.

Una pizza veloce dopo l'opera, mi consente di scoprire tante storie speciali affidatemi dal signore distinto. Quando andiamo al parcheggio, ci avvediamo che le nostre auto sono praticamente parcheggiate a fianco.

Capisco che papà si è presentato a modo suo, all'appuntamento

Tornando al mio ritmo

Ho detto a Michele che sarei ripartita alle sei, quindi non potrò salutare. Il fatto che l'abbia ritrovato al bar del teatro mi conferma quella sensazione piacevole di poco prima: qui è come se fossimo a casa e ciascuno deve svolgere più incombenze perché tutti siano felici.

Il rammarico, che mi perderò l'alba. Infatti, l'oscurità fruga ancora in queste terre. Quando lambisco la Lombardia, la campagna sull'altro lato dell'autostrada ha un brivido sotto la veste di nebbia. Vi nascondo sotto la Marcia trionfale e mi affido al canto di Radamès.

Celeste Aida, forma divina… il tuo bel cielo vorrei ridarti.

E il cielo si è rischiarato, io riconosco i contorni di casa senza sentire il bisogno di accelerare. Come quando ero la discola  musicale della famiglia, cambiano però i ritmi. Bon Jovi si insinua e mi ricorda perché è raccomandabile compiere questi gesti, sussurrati e potenti per noi.

It's my life, it's now or never.

Ma è solo quando arrivo sotto casa mia, che mi offre un po' di leggerezza Steven Tyler. Semplicemente:
…life happens for a reason
I don't, I don't, I don't, it goes, I never went before
But this time, this time I'm gonna try anything that just feel better
Fare qualcosa che ti faccia stare meglio, anche minuscola, come il palco del teatro di un luogo magico. Allora tutto ti appare grande, e senz'altro lo è: come la vita. Tanti cercano di chiudere i tuoi sogni in una tomba, di farli morire vivi: ma semplicemente perché non ne hanno. 
Invece eccoci qui, a compiere piccole cose per stare bene. E Instant Aida consegna questa visione, che non sta rinchiusa neanche nel teatro più grande del mondo.
A noi si schiude il cielo.
***

Aida, 4 ottobre 2019, regia di Franco Zeffirelli. Direttore Michelangelo Mazza. Pochi nomi, per ringraziare tutti.
Burcin Savigne,Denys Pivnitsky, Maria Ermolaeva.

venerdì 4 ottobre 2019

Quello che non ti lasci alle spalle

L’opera è già un sogno, anche l’eco degli applausi si esaurisce. Io esco chiacchierando con chi conosco  da poche ore, forse: perché ci sembra di aver già condiviso moltissimo.

Dell’Aida, di ciò che ho vissuto e del suo significato parlerò una volta che avrò tentato, probabilmente invano, di mettere in ordine le sensazioni.

Adesso esco dal teatro Giuseppe Verdi e sento scorrere tutta la vita. La piazza si mette in moto, i locali accolgono, la notte si tinge di giorno.

Mi giro una volta ancora ad ammirare le linee del teatro e i suoi bagliori discreti di gioiello che non deve dimostrare niente a nessuno.

Poi, sembro lasciarlo alle spalle. Ma quello che non ti lasci alle spalle è la gioia di un piccolo atto folle, di un gesto di fiducia verso tuo padre e la vita.

- Se non hai mai visto l’Aida non hai visto un’opera.

L’ho fatto, papà. E non lo lascio alle spalle.

giovedì 3 ottobre 2019

Ricomincio da me

Mi chiamo Marilena, un nome scelto in modo irrazionale a ridosso del parto. Ho cercato la mia strada  appena ho potuto ed era a squarciagola. Forse perché la mia voce è così bassa.

Non perché io sia scema o timorosa, forse perché mi piace ascoltare.

Così oggi comincio una giornata straordinaria, in cui farò il mio dovere e poi un gesto tutto per me.

Perché ricomincio da me. Nei libretti del nonno, manca il nome per cui mi libererò da tutti e tutto per ascoltarmi, ma non importa. Anzi.

So che Giannino ride con me. E mio padre più forte, più forte ancora, ammirando la donna che so essere.

Se rimanete al mio fianco, scoprirete il finale. Ma chissà se i finali contano davvero, finché si ha voglia di ricominciare.

mercoledì 2 ottobre 2019

Preferisco credere agli angeli

Sono miope, ma vedo anch’io questo torrente di fango e veleni. Anche l’olfatto mi offrirebbe un indizio.

Ma preferisco credere agli angeli. Mica perché sono illusa, o apertamente scema. È che quando scorgi un angelo, c’è un rivolo di luce che sgorga. Fine ed esile, all’inizio, poi però come scorre.

La notte si illumina non di botto, ma come se la luna volesse accarezzarci ancora.

Preferisco credere agli angeli. Il buio, non mi appartiene.

martedì 1 ottobre 2019

È tutto scritto

Da queste parti, feci la mia prima vacanza, o convalescenza, a tre mesi di età.
Un po' più in giù, nel cuore della città, quattordici anni fa proprio questo giorno cercai di cambiare la mia vita con un nuovo giornale. E ci riuscii.

Perché sono qui, il primo ottobre 2019, più curiosa che mai, mai rassegnata, mai china sulle tentazioni e sulle abitudini. Su luoghi e laghi diversi, immersa nel mondo e ancora di più nella mia anima.

Con questa mia dannata, o per la precisione angelica,  voglia di scoprire e crescere.

Le luci del Sacro Monte abbracciate quasi quanto le pietre che trovi sul cammino: rotonde e generose, come ogni pensiero che metto da parte, tra le rade certezze.

È tutto scritto, senza che noi siamo prigionieri.
Tutto scritto, una storia di luci e ombre abbarbicate su una montagna e la città sotto che si spalanca, per una timida carezza. Nel buio cantano creature sconosciute e ti senti parte di un progetto.

Ed è tutto scritto e noi possiamo rimarcarci su, provare a cancellare, o ricominciare.
Ma è tutto scritto, ed essere giornalisti, quindi aver voglia di leggere tra le anime e narrare, è la cosa più meravigliosa del mondo.
Buon compleanno, VareseNoi.


te voglio