Sarà anche perché ieri ho visto uno scoiattolo morto, come addormentato, su un marciapiede. L'ho segnalato a un vigile, con il cuore ferito di chi non ha ancora capito cosa accade ogni istante. Questa mattina, quando ne ho visto un altro in giro spensierato, con le cornacchie in agguato, mi sono improvvisata vigile. Le ho allontanate e sono rimasta per quanto potevo a controllare che l'animaletto trovasse rifugio.
Per quanto? Non si può trovare rifugio per sempre.
Sono andata via, con questa dolorosa convinzione; ho incontrato una persona che da 13 anni ricorda con dolce ostinazione mio fratello. L'ho condotta in giro per la città, gli ho fatto conoscere l'altro fratello, ascoltare i canti nascosti di questo nostro tessuto urbano. Quando ci siamo trovati davanti alla basilica, è come se mi fossi accorta solo in quel momento: l'addio a mio fratello, l'abbiamo pronunciato qui. Come l'ultimo caffè con lui, chi lo scorda quella mattina, la fatica pazzesca che affrontò per venire a berlo con me, quei pochi metri da casa sua come chilometri.
Mi commuove, questa persona che ha scavato nella bellezza nascosta della mia città e ha reso omaggio a mio fratello.
Mi commuove chi non dimentica, chi si prende cura del passato e del futuro.
E come quando mi chiesero di parlare alla prima edizione del premio dedicato a mio fratello, ecco che mi trovo a sparare una battuta per rompere il velo della commozione. Sono fiera di avercela fatta, ma poi, quando sono in un momento apparentemente tranquillo, ordino al bancone e mi accorgo che mi osservano.
Scorrono lacrime sul mio volto, più forti di me.
Questa mattina ho salvato uno scoiattolo, non so per quanto.
Questa mattina ho salvato un pezzo di me e tu hai sorriso, fratello mio.
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