Come, Lauretta. Mi hai dato i primi quaderni. I fogli protocollo che servono tanto a mia mamma. Mi hai sorriso, in ogni sorte, l'ultima volta settimana scorsa. E adesso te ne vai così, attraversando il viale delle nostre vite.
L'hai fatto ogni giorno, e anch'io per quarant'anni e più. Andando a scuola, a catechismo, a mangiare il gelato, a fare merenda dagli amici, a recitare una preghiera.
Tu, Lauretta, molte di più, con il tuo Peppino. Era il nostro viale, il nostro cuore: quello in cui dovremmo forse solo passeggiare e vivere, invece c'è un traffico da autostrada.
Lauretta, i tuoi quaderni, sono diventati i miei per quarant'anni. La tua gentilezza, come una polvere d'oro ogni volta che varcavo quel confine impossibile. Sono diventata grande, o ci ho provato. Ho perso molte occasioni di crescere, ma mai quella di incontrare il tuo sorriso.
Così oggi, sono triste e ripeto ciò che non osavo dire, scrivere, da anni: non è giusto, Lauretta, andarsene così. Se un angelo sulla terra a un certo punto mette le ali, deve esserci una ragione. Solo che non la vedo, non mentre le righe dei tuoi quaderni si inumidiscono delle lacrime, non solo mie.
Perdonami, Lauretta. perdonami buon Dio. E basta.
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