Poi senti la voce dei bambini, piccoli compagni di vacanza che si annunciano: "Dobbiamo partire".
I preparativi, l'ultimo gioco, la macchina che si carica via via e uno sguardo frettoloso per capire se la partita si può protrarre.
Mi riporta indietro, moltissimo, e mi ritrovo bimba, con lo stesso magone, la necessità di dover lasciare un'atmosfera speciale, non spensierata: perché di spensierato è esistito sempre poco.
Finché sento un ragazzino che irrompe nella conversazione dei grandi: sì, ma con quella compagnia telefonica va meglio, con lo smartphone si può fare questo e quello, si spende meno...
La poesia è andata in vacanza. Oppure è tornata a casa.
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