Fermo l'auto per continuare a leggere "Il bambino che torna da lontano" di Stefano Ferri (Robin Edizioni). Ma la vita sembra galoppare più forte, con gli interrogativi, la poesia, l'essenzialità che scorrono in ogni riga.
Non si può descrivere, senza tradirne la profondità, questo romanzo. La trama, non si può che scoprire, anzi occorre farsi scoprire da essa. Eppure si può riassumere in una parola, anzi in un nome: Renato, anche qui andando alla sua essenza. Bisogna cercare, trattenersi a volte, perché si è sul punto di darsi una risposta, eppure si capisce che manca un tassello ancora. Che se quello che pensiamo di trovare sembra stupefacente, quello che si rivelerà realmente lo sarà molto di più.
Che vediamo doppio, solo fino a quando non abbiamo la forza di trovarci unici.
Che la vita è sconfinata, intrecci che ci imprigionano in apparenza e invece ci liberano, se abbiamo la pazienza di cercare senza lasciarsi schiacciare dalla fretta superficiale.
La vita è piccola, così piccola che può stare in una scatola di latta.
Quando ho terminato il romanzo, ed ero pronta a ripartire nel mio viaggio, emozionata e felice, prima ho riaperto la prima pagina: quelle parole acquistavano ora una potenza ancora superiore. E sono andata avanti ancora di poco. Spesso sembriamo le persone sbagliate nel posto sbagliato: e non potremmo essere nel luogo più giusto.
Grazie.
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