Parole da brivido, buttate a caso sulle vite. Anche quando vuoi fare conversazione e ingannare un'attesa, con innocenza puoi colpire o essere colpito.
Volevi consolare una persona che soffre la lontananza da casa, subìta per motivi di lavoro, e ti improvvisi esperta della sua terra, per un elemento che credi di conoscere: il cibo. Tu sei certa, che da loro si mangi piccante e invece il ragazzo ti spiega che la sua città è l'unica dove non entra il peperoncino in cucina.
Ti senti goffa, come quando poco prima qualcuno ha voluto fare il brillante toccando l'argomento per te più delicato.
Parole spacciate per conversazione e spacciate si sentono, in un mondo in cui corrono troppo in fretta tra eterni sconosciuti.
Ma poi, durante l'esame, stai ad ascoltare quel ragazzo fino in fondo. Gli viene chiesto dove vivrebbe se potesse, invece che nella sua terra.
Lui appassionatamente si rifiuta anche solo di coltivare quel pensiero, se ne frega dell'esame, spalanca il suo cuore: «Io voglio tornare a casa. Voglio stare a casa mia».
Io allora prendo di nascosto quelle parole e per un attimo di fronte a quello slancio mi sembra che possano esistere parole sincere, parole capaci di non nuocere a nessuno, bensì di dare una speranza.
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