Una copertina riposta gelosamente, riaffiora via social. "1984", in quelle cifre si rincorrono i significati, ma le copre quel gioioso inno alla vita, ad andare avanti che era "Jump". Le note dei Van Halen, i sintetizzatori che squarciavano le regole non scritte di ruvidezza, tanti pensieri si sciolgono di fronte a quella copertina.
Un angelo, un bimbo, così innocente e con quelle sigarette che suonano come uno schiaffo. Ora, qualche polemica ci fu, sì. E del resto viaggiavamo dentro l'epoca segnata da quattro lettere, non cifre: Pmrc.
Parents Music Resource Centre.
Una trovata per vegliare su figli, invece di dialogare e magari ascoltare la musica con loro. No, i bollini che avvertivano della pericolosità di espliciti testi, erano più spicci e facevano risparmiare questo tempo.
Del resto, rivelarono un altro nobile scopo, seppure imprevisto: aiutando a vendere un numero più significativo di dischi. Mi ricorda un po' l'assegnazione dei libri di inglese per le letture estive a scuola: a settembre, tutti avevamo divorato "L'amante di Lady Chatterley", grazie alla reputazione creata dalla censura.
Tornando alla musica, allora ero furibonda con la signora Gore e tutta questa gente che portava in tribunale i miei idoli capelloni.
Oggi ne sento quasi la mancanza. Perché immagino cosa accadrebbe, o ci provo, se uscisse una copertina del genere e io la condividessi.
L'innocenza, mascherata di ironia, non pervenuta. Se io postassi una simile copertina, e prima ancora se un gruppo la scegliesse per un suo lavoro, non ci sarebbe un malinconico PMRC in azione, con il resto del mondo che andrebbe avanti tranquillamente per la sua strada.
Temo che tutte le attività del mondo che è attivo sui social, si scatenerebbero e concentrerebbero sul giudicarla. Per un po'.
- Ma che vuol dire?
- Cosa, incitare un piccolo a fumare?
- Un angelo che fuma! Basta con gli attacchi ai simboli della religione.
Sono pessimista? In questi giorni le reazioni alla tragica vicenda di una famiglia, su cui non oso spendere mezza parola, sono state fotografate con una forza e una delicatezza (al contempo) trascinanti da Alberto Pellai.
Uso i social per lavoro e per poche altre attività, come aiutare chi ha smarrito cani e gatti, ad esempio. Quante volte, qualcuno chiede aiuto e arrivano puntuali i "Sì, ma…".
- Sì, ma come hai fatto a lasciarlo scappare?
- Sì, ma non potevi stare attento?
- Sì, ma a me non capiterebbe mai.
Ci sentiamo sempre migliori degli altri, probabilmente è cosa antica quanto l'umanità. Ma questa urgenza di dichiararlo davanti a tutti, colpendo chi sta male, per diversi motivi, invece di aiutarlo mi sfoglie il fiato.
Quei "sì ma…" sono le fiamme dei social molto più pericolose di una sigaretta in mano a un bambino su una copertina. Che poi era di cioccolato.
- Sì ma… sembrava vera.
Ridatemi il comitato dei bollini. Che ci faceva ridere e sentire più liberi e adulti, lo fossimo o no. Non feriti e timorosi di pronunciare la parola sbagliata, come accade adesso davanti al comitato infinito dei "sì ma…" sui social.
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