Una parola che non conosco, mi porta a tempi che sfioro soltanto nei racconti. Dove i conti tornavano perfettamente, anche se (devo forse dire "perché") non si era istruiti.
Pà Carloeu traccia questo termine sul suo libro: tèsara. E spiega, con la pazienza del saggio: bacchetta di salice su cui si segnavano dare e avere con speciali intarsi. Una specie di libro dei conti, precisa, per contadini analfabeti.
Penso alle calcolatrici, neanche tanto moderne, che ho visto usare insistentemente da una dolce commessa più volte al giorno per contare quanto costassero due coni gelato.
E' in questi casi che mi domando dove abbiamo sbagliato. E come uscirne.
Magari con una tèsara.
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