Una giornata con metri, chilometri sotto le scarpe. Volti tanti, non abbastanza, perché c'è sempre qualcosa, qualcuno che ti è sfuggito.
Un piccolo rito con un'anima paziente. Un progetto che leggi negli occhi di persone entusiaste e contagiose.
Che strano, nel riavvolgere il nastro vedo una tappa di questi giorni. Volo in un luogo la mattina, ma prendo una deviazione. Prima, devo passare, sbirciare, il mio stadio. Anzi ho deciso che lo fotograferò immerso nelle nuvole, come per scaramanzia.
Ma quando accosto, vedo una figura che esce dallo stadio. È un amico e collega. Parliamo, ci interroghiamo, non fingiamo di avere risposte indubitabili come tanti altri, tutte d'un pezzo o di una parte.
Ci importa altro. E mentre parliamo, non esce il sole come nelle favole. Ma chissà perché le nuvole mi sembrano sbiadite, inconsistenti.
Non ho più voglia di fotografare. Lo stadio, come la vita: li voglio vivere.
Notte, senza fotografie e risposte tutte d'un pezzo.
Nessun commento:
Posta un commento