Nella mia lingua, si risparmiano le lettere. Perché parlare è fiato, perché ci siamo impastati un dialetto tutto nostro che si distingua dai vicini. Eppure ci ha permesso di girare il mondo.
Così un signore saggio mi ha donato un quadretto con la poesia di Giuseppe Azzimonti, la preghiera di un povero diavolo, che non può che intitolarsi così: ciàu Signùi.
Una preghiera che inizia con la confessione di stanchezza e tribolazione, che però assicura la volontà di restare sempre nelle Sue mani.
Tante parole usiamo, sprechiamo, penso per convincerci che stiamo dicendo qualcosa. Stasera indosso la preghiera di un povero diavolo e dico solo
Ciàu Signùi
Vütami sémpar e benedìssami
Notte e ciàu Signùi
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