A volte lo vedo sfrecciare alle 6.30 in punti dove ripasserà alle 8, ma so che esiste una spiegazione. La bussola del suo percorso è inossidabile.
Se accade qualcosa (ogni tre anni o giù di lì, credo) per cui sfora di 5 minuti, il cliente dall’attesa passa all’apprensione e telefona nel negozio davanti al quale solitamente passa in quel lasso di tempo: avete visto l’omino dei giornali?
Lui mi ricorda un po’ le campane del mio paese, che offrivano rintocchi anche notturni. Qualcuno protestò e le zittì. Io trascorsi giorni disperati a uscire in ritardo, perché nonostante orologi e sveglie in casa il mio io occulto era strutturato su quel suono ricorrente e abituale.
Come quello del passaggio dell’omino dei giornali, ripiegato sul motorino, con la sua libertà impastata di sacrifici, sorrisi, vento sul volto.
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