La gioia di un elefante, che si sa rallegrare dopo anni di schiavitù spezzati. Lacrime di gioia, che scendono come carezze a chi ha osato pensare a una creatura troppo grande per essere trattata da creature.
La tristezza che mi scava, pensando al dolore che cresce in una delle terre da me più amate. Si unisce all'orgoglio, malinconico ma tangibile, di fronte al fatto che il popolo di Israele sa condannare l'uccisione orribile di un ragazzino palestinese, che sa soffrire per tutti, che quando muore qualcun altro non è sfiorato dall'idea di festeggiare.
E tre volti giovani lontani, e immersi nel cuore. E razzi che cadono, ma che frega all'Occidente, perché bisogna rispondere offrendo l'altra guancia. Il che è vero, certo. Ma chissà perché noi non lo facciamo mai, neanche di fronte a un piccolo sgarbo: lo chiediamo sempre e solo agli altri, minacciati nella loro esistenza.
Eppure resisto e sogno, pensando alla gioia di una creatura enorme e fragile. E alla pace, degli altri.
Nessun commento:
Posta un commento