Non riesco a togliermi dalla mente le note e le parole che risuonavano nell'aria per qualcosa.
Oggi non mancano le star buone. O meglio buoniste, per lo più. Ma scorre in me l'idea che non si creda più nella possibilità di scardinare le rigidità crudeli del mondo e i suoi cliché troppo rassicuranti. Realisti, saggi, furbi: non trovo l'aggettivo giusto, forse se ne mischiano diversi.
Pete Seeger se n'è andato, cantando in quel modo che oggi mi sembra così antico, mentre dovrebbe essere eterno. Ha cantato per qualcosa. Ha suonato per cambiare. Ha vissuto dedicando i suoi talenti - quelli a lui prestati da Qualcun altro - a un bene in cui credeva.
Magari mi sbaglio, perché in quegli anni stavo appena arrivando e poi ero bambina: si vede tutto avvolto da una patina dorata.
Eppure oggi canto, canto e tutto mi sembra uguale. Non sento più il potete di una nota, che voglia cambiare il mondo. Nemmeno se stessi.
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