Quasi una cura omeopatica. Per celebrare il compleanno di un musicista che ha giocato sì a fare la rockstar, ma ama la famiglia come prima cosa, gli sparo questa (sua) canzone.
Un testo apparentemente stupidino, il duro che dice: domani mattina me ne vado, però. E che continua a cantare con aria di birbante: va tutto bene. Se accetti i miei patti da ometto disimpegnato.
Tutto questo non ci è mai parso Paul Stanley; persino nella sua prima autobiografia il compagno di avventura Gene Simmons scuote la testa di fronte ai suoi romanticismi, quasi ritrosie. Va bene, Arguta Paffuta mi precisa: tranne quando frequentò Samantha Fox, ha ragione, e voleva pure sposarla.
Adesso importa che quando le cose vanno storte o quando sei così felice e umana che temi possano diventarle, si possa cantare: it's alright.
Auguri intanto a Paul Stanley, autore anche di un per me dolcissimo solo album nel 1978. E soprattutto marito e co-autore di tre splendidi bimbi, che vanno ad aggiungersi a un riccioluto adolescente già fissato con la musica.
It's alright (if you want me).
Kiss, canzone per il giorno.
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