In quest'ondata di parole stampate senza forma, senz'anima, su uno schermo, arriva una lettera. Sì, dentro c'è un biglietto con una poesia dattiloscritta (posso usare questo termine antico, in ribellione contro l'onnipresente tastiera troppo morbida), ma una persona l'ha preso, firmato, messo la data. E ha ugualmente scritto sulla busta.
Una figlia. Siamo precisi, una figlia. Non l'ho mai incontrata, né le ho scritto mai. Ho conosciuto suo padre e mi ha messo dolcemente in crisi, cosa di cui gli sarò sempre grata. Ero già su una via spogliandomi dell'illusione di creatore, riscoprendomi creatura fragile e in cerca di (offrire) solidarietà. Ma i passi si sono fatti più decisi, dopo quell'incontro.
Oggi stringo una lettera di una figlia che non ho conosciuto, non ancora, ma si affida a un libro stupendo e a una promessa di eternità. A una stella che guarda e invita a non piangere, perché non si può rischiare - attraverso quel velo di dolore - di non vedere la luce.
Notte e una figlia si affida a una stella.
Nessun commento:
Posta un commento