Lungo la via immobile del nonno si apre a un tratto un portone. Dentro, non avevo mai sbirciato, anzi pensavo che quella casa fosse disabitata.
Al contrario, stanno eseguendo modesti lavori all'ingresso e il mio sguardo fa ciò che io non oso: entra, seppur in punta di piedi. Ma si arresta presto, imbrigliato nella meraviglia. Perché quel cortile è magnifico, si direbbe regale. Non perché ricco: si sa che la nobiltà non ha la lucentezza dell'oro. Mura ammorbidite da vetrate affamate di sole, da balconi timidi e colori non meno riservati, il verde che si arrampica con discrezione, quasi più per trovare rifugio dal fracasso del mondo che da qualche parte infuria.
Mi devo allontanare, per non cadere in questa trappola del tempo. Poi, arrivata al portone dove nacque mio nonno, ecco che si apre come già altre volte è accaduto. Ma adesso mi accorgo che ci sono i muratori nel cortile: forse lì finirà tutto sottosopra, forse rinascerà.
Mi devo allontanare, per non dire: fermatevi. O riportatemi indietro, fin dove non ero neanche stata. Dalla bisnonna e dai suoi bambini, tra cui il Giannino che tutti doveva poi consolare. Anche me.
I cortili ne sanno di più. I cortili ti riportano indietro, per mostrarti dove proseguire.
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