Ho superato faticosamente il periodo della campagna elettorale, in cui candidarsi passava dai social e pure dai tag. Mi hanno addolorato anche persone che ritengo sensibili, piazzando il mio nome accanto alla loro candidatura. La piccola anarchica pacifica Malu è rimasta molto male, ma è andata avanti. Pensando: finiranno pure le elezioni e tutto tornerà come prima.
Il problema è cosa sia quel prima.
Perché ti taggano. Ti sbandierano, anche se non ti vedono da novant'anni, e sembrano fare finta di non ricordarsi perché: anzi vuoi vedere che non se lo rammentano davvero. Ti fanno condividere a forza un evento o un progetto a cui non appartieni o da cui ti sei dissociata apertamente da un pezzo.
Sono con te, gridano al mondo. Peccato che a te non l'abbiano mai detto, né dimostrato. Tu con me da quando?
Il tag mi pare sempre più spesso una forma di violenza. Sì, c'è per fortuna la possibilità di rimuoverlo, ma intanto per un po' rimani in esibizione forzata.
Sono passate le elezioni, ma non è la festa dei tag. Non c'è proprio niente di cui divertirsi, come ogni volta che si impone a qualcun altro la propria volontà, in uno spazio con migliaia di persone.
Notte e non è la festa dei tag (tu con me da quando?)
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