Abbiamo misurato tutto, con una precisione diabolica. Neanche immersi nel dramma coronavirus, abbiamo perso il vizio.
Non vale tanto un anziano in questo tetro mondo, per un motivo: perché è incalcolabile. Non vale tanto una persona fragile, a qualsiasi età. Non abbiamo, non avevamo tempo di fermarci a cambiare metro di giudizio e adesso abbiamo troppa paura.
In questa furia calcolatrice, ripenso a una persona a me cara, ricoverata parecchi anni fa. L’ho conosciuta veramente lì, nonostante fosse un mio riferimento fin da bambina.
L’ho scoperta giorno dopo giorno, ne ho respirato il sorriso, ne ho ammirato la dignità nella differenza. E quando non parlava più ed era stretta nel suo corpo, i suoi occhi mi amavano più che mai. Un giorno dovevo prendere una decisione delicata e capii che dovevo chiedere consiglio a lei. Io che per contratto non lo domandavo mai a nessuno.
Il pollice nella mano: un sì una stretta, un no due. E il suo sì è risuonato così forte nei miei muscoli che l’ho sentito nell’aria.
Perché l’ho chiesto a lei? Perché sapevo che mi avrebbe detto la cosa giusta. Perché un anziano, un fragile spesso hanno un valore incalcolabile pari alla loro libertà. E forse perché noi non possiamo nemmeno sfiorarla, intrappolati in castelli di carta di credito, diciamo: ma sì, era un anziano.
La pietra che ci fa inciampare nei nostri calcoli. L’ultima roccia di cui disponiamo.
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