Nelle mie quattro o cinque vite ho rinviato gesti in maniera imperdonabile. Un saluto, una telefonata, un libro, una visita.
Su questo oggi meditavo leggendo un cartello in epoca di emergenza per tutti: rinviate il rinviabile. Quando avevo sì e no un anno di patente, mi ricordo che tornando da fuori città si ruppe il pedale del freno. Un tubicino sconosciuto, mi dissero poi: il pedale sprofondò senza che l’auto accennasse a fermarsi. Non so quale istinto mi spinse a tirare il freno a mano e l’auto frenò al rallentatore posandosi con bizzarra dolcezza sulla parte posteriore di una vettura ferma all’incrocio.
Rammento quella sensazione pazzesca, di volerti fermare e non riuscire come avresti desiderato.
A questo ripenso, di fronte alla nostra sbandierata incapacità in tempi di coronavirus. E penso anche a ciò che posso rinviare, alle baggianate che mi fanno correre. Ai gesti rinviabili e irrinunciabili.
Un doloroso ripasso di vita, quando la vita è minacciata.
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