L’oscurità resiste stamattina, ma con gentilezza. Fuori, un canto leggero e poi più insistente senza invadenza spiega tutto.
È la pioggia, come una sirena. Nel tepore delle coperte, tu che sei fortunato a poterti rifugiare lì sotto, suona irresistibile. Testarda e fiduciosa, anch’essa canta: io ci sono.
E ti chiama, finché tu impaziente scivoli fuori per la cagnolina. Pochi minuti e una carezza furtiva sotto il grande albero.
Mi vieni in mente tu, quando già non riuscivi a lavarti i capelli e lo facevo io. Scherzavamo anche in quelle circostanze, però a volte nell’asciugarti il capo fingevo di sbagliare e ti sfioravo con il braccio. Qualcuno lo chiama l’amore ruvido alla lombarda, quello che devi non mascherare bensì spogliare nella sua essenzialità.
Io oggi la chiamo carezza della pioggia, che ci ricorda che ci siamo. Mentre il virus fruga tra le nostre vite, una sirena amica canta con noi.
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