Le parole, senza vento, ti fissano. Abbracciate in un enorme punto interrogativo, si lasciano scrutare. Perché tu le stai soppesando, ti chiedi se proprio quella parola voleva usare un tuo amico, se una battuta era una richiesta d’aiuto, se una frase rimasta a metà dovevi completarla tu. E te la prendi con le parole che non hai scritto, quasi quanto quelle che ora ti sembra di aver buttato a caso.
Le parole ti aspettano fuori, come fiori travestiti da bulli. E ti auguri che torni un vento di quelli voraci, ma intanto le stai stringendo, perché sono tutto ciò che restano.
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