domenica 25 dicembre 2022

Leif, Daniela, Francesca e il bene senza tempo


 Non c'è mai tempo per niente, non c'è tempo per nessuno. Mi rigiro in questa convinzione, mi percuoto, ci soffro. Poi, respiro quel bene senza tempo, in un duplice senso. Persone che da tanti anni si ricordano di me e si prendono il tempo di accarezzarmi con le loro parole. Oppure persone che incrocio ora e senza conoscerle, senza conoscermi si prendono il tempo di aiutarmi.

Anche così vivo questo Natale. Il giorno prima, arriva la fedele lettera di un amico di penna: mi scrive da quasi 40 anni. Non ci siamo mai incontrati, né con lui, né con sua figlia: con lei ci siamo scambitate negli anni ruggenti audiocassette rock e conversiamo a volte su Facebook. Leif mi scrive ancora lettere di Natale come quando ero al liceo, solo che io ora non oso rispondere perché la mia calligrafia è riuscita a peggiorare nel tempo e messaggio a sua figlia.

Colora il cuore il cartoncino, e così le parole.

Sono poche e non meno meravigliose, quelle di Daniela. L'ho conosciuta una ventina di anni fa, una giovane, tosta donna che veniva dall'Albania e ha sempre combattuto le avversità a suon di lavoro. Non ho fatto niente per lei, proprio niente. L'ho indirizzata a una persona che sapevo sensibile e capace e l'ha aiutata. Tutto qui. Ho ancora negli occhi l'immagine di lei che entra in redazione con una borsa carica di dolci per dirmi grazie e io protesto, ma i suoi occhi mandano lampi fieri.

Da allora non c'è festa in cui non mi scriva. 

E poi arrivi alla vigilia di questo Natale, in un anno ancora carico di dolore e di preoccupazione. Mi accorgo di un problema che affligge la mia cagnolina e ora è la vigilia, è tardi, chi mai potrà darmi retta? 

Trovo per caso il numero di un negozio in un paese vicino, che sembra ancora aperto. Mi risponde una voce gentile e mi invita ad andare da lei. La mia piccola ha paura, la donna mi dice di non preoccuparmi e di accostare con la macchina, sale, la rassicura, risolve il problema. Non vuole niente e io protesto. Allora accetta i biscotti di Natale che avevo con me.

Quando sono già via, mi rendo conto che non ho chiesto il suo nome. Fuori, c'è nebbia e dentro pure perché l'ansia ci ha fatto appannare i vetri, mi lampeggia sullo schermo una radio che non conosco. Però Subasio - mormoro, mentre i vetri si alleggeriscono di quel velo - mi dice qualcosa. 

La donna mi risponde gentile e mi dice il suo nome: Francesca. Non mi stupisce, adesso. Francesca, San Francesco, Subasio, il mio monte che chiama. La tensione si attenua, la gratitudine mi dice questo: che in questo egoista mondo, di cui io sono purtroppo un tassello, c'è un bene senza tempo.

Una promessa di eternità.

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