Quello che sei, ti rimane dentro. E rimane dentro me.
Anche quando le giornate mi calpestano, c'è un momento in cui ti osservo, ti ascolto e scopro altro di te. Di me.
Come che sei fiera di ciò che hai fatto, mentre io non credo mai di aver camminato abbastanza. E sembri aver cancellato dentro di te il taglio netto che hai dato a ciò che amavi fare, per me, per noi.
Io, me lo ricordo bene; anzi ogni giorno di più, mi percuote la memoria questa tua rinuncia, mamma. Così, anche quando le giornate mi calpestano, non posso che pensare che qualsiasi cosa io faccia non raggiungerà mai i tuoi doni, neanche li sfiorerà.
Ti guardo, dopo tanto tempo, provare di nuovo a cimentarti sulla tua macchina da scrivere, quella su cui mi hai insegnato a muovermi quand'ero appena bambina, con naturalezza. La portai pure a fare l'esame, a Roma. Non rimase ancora in giro molto tempo: fu riposta all'insediamento glaciale del computer.
Adesso, la tiriamo fuori perché vogliamo vederti così: come sei. Perché quello che sei, ti rimane dentro, anche nelle giornate che ci calpestano.
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