Mio padre è anche scherzo, risata birbante, un brindisi di ironia. E oggi mi è venuto in mente questo.
Dal violino eri passato all'armonica, per ragioni note a pochi, ma rivelatrici del tuo amare la musica. Quella vera, mi precisavi, anche se pure tu avevi avuto lo scontro generazionale sulle note con tuo padre. Poi basta, perché i viaggi, il lavoro, la famiglia ti avevano portato via.
Così in occasione di un tuo compleanno sono stata colta da un'idea geniale. Ero con un mio carissimo amico, che gentilmente mi accompagnò. Per i fili del mondo, aveva vissuto nell'appartamento vicino a te e al nonno, ma io non l'avevo mai visto in quegli anni lontani; lo incontrai più tardi ed è per me un fratello.
Mi accompagna e io studio diverse armoniche, esitando poi fra due. Per l'ultimo aiuto, mi rivolgo al mio amico, che mi indica senza esitazioni: quella. Perché? gli chiedo, filosofa rompiballe. E lui: perché è più piccola, se non gli piace e te la tira, fa meno male.
Papà non me l'ha mai tirata e ha suonato volentieri. Ma oggi mi convinco che quel bagliore negli occhi quando la usava, fosse legato alla scenetta di cui sopra, che gli avevo raccontato.
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