In passato, ho studiato per orientarmi in questo mondo, per migliorarmi, per trovare la mia strada. Diverse ragioni, un compito svolto con passione o distrazione a seconda del momento.
Adesso, io voglio studiare per te. Per noi.
La malattia è uno stato transitorio, qualsiasi lasso temporale si impunti di occupare. La persona è per sempre: sembra un controsenso, considerando la nostra provvisorietà, eppure è proprio così. Finché ci siamo, siamo persone. Siamo così per sempre, il nostro sempre almeno.
Sono impotente, di fronte alla malattia. Lo sono sempre stata. Di fronte alla mia e a quella che colpiva le persone care, persino quelle che sfioravo appena. Bisogna affidarsi ad altri e quella è la prima fregatura. Bisogna riconoscersi impotenti e quella è follia pura.
Ancora più follia, inchinarsi e dire: ok, non ci posso fare niente. Ma posso prendermi cura della persona. Posso guardarti da un'altra prospettiva, da colonna a pietra, fragile eppure angolare. Posso ascoltare senza dare un senso, ma con amore. Posso accarezzare. Posso sentire mille volte storie che già conoscevo, posso sorridere di fronte a un'incongruenza o un atto che ancora sai compiere in qualche modo impeccabilmente.
Sto studiando per te: ho ripreso il taccuino, ascolto, trattengo le lacrime o le lascio andare. Ciò che faccio, non cambia me e te.
Sto studiando per noi e tutto il resto scivola fuori. Vedo gente abbarbicata a giganteschi vuoti, io preferisco stringere te, che mi hai dato tutto. E adesso non mi chiedi niente, se non quando mi fai piovere una domanda.
Sei contenta di me?
Io annuisco, perché non so come dirti che quella domanda era mia, solo mia, quando cercavo di crescere. Solo che non osavo mai rivolgervela.
Posso migliorarmi, provarci almeno, ancora e ancora. Posso farlo per te, per noi. Perché la malattia è uno stato transitorio, noi siamo per sempre.