lunedì 29 giugno 2020

Ho pensato di aver fotografato le stelle

Per una disavventura sono entrata nel cuore della notte. Quello dove regna il silenzio, capace di esaltare i rumori autentici.

Poche stelle appuntite mi fissavano e io, nonostante la circostanza, ho detto: le devo fotografare. Sono così orgogliose e traboccanti di luce in quella infinita macchia nera, che ci riuscirò.

Stamattina ho cercato con trepidazione le foto scattate, senza trovarne traccia. Mi sono detta: devo essermelo sognato. Le stelle no, perché le ho viste, quasi toccate.

Forse sono state loro a fotografare me, con il loro sguardo sincero. Una minuscola e bizzarra creatura, che guarda in alto quando dovrebbe tenere gli occhi sui propri passi.

Ho pensato di aver fotografato le stelle, come se non fossero già impresse nei miei desideri.


La prima ricompensa


Era appena iniziato il lockdown e avevo avuto un sussulto: voglio leggere il nuovo libro di Stefano Ferri. Pensavo di avere tempo per gustarmi con più calma cose belle e la sua opera non poteva che rientrarci, avendo divorato quelle precedenti. Poi è stato quel tempo folle a divorare me, ma soprattutto ho sentito dentro di me una certezza: io, quel libro, volevo andare a ritirarlo in libreria.

E sarebbe stato il primo, dopo il lockdown. Così è stato, con l'attesa che si arricchiva di colpi di scena, anche perché mi sono procurata un secondo quasi lockdown forgiato sulle stampelle.

Infine, il rito è stato compiuto. Sono entrata nella libreria storica della mia città e ho ritirato il libro che avevo prenotato.

Volevo gustarlo a poco a poco, ma sono rimasta la bambina incapace di trattenersi davanti a una storia. Si intitola "La Ricompensa", questo libro edito da Lux-Co Editions ed è la prima parte. 

La bambina sta già fremendo per la seconda e Stefano ha promesso di fare importanti rivelazioni, di cui lei ha disperatamente bisogno, venerdì 3 luglio alle ore 20 a Villa Montevecchio con E20Dversi.

Ma lei, sa anche che una primissima ricompensa l'ha avuta: poter - di nuovo - entrare in libreria a comprare il libro di uno scrittore elegantemente sincero e di grande umanità. Un uomo che durante il lockdown e ancora oggi sta spronando - con scienza e senza esaltazioni - a vivere, vivere fiduciosi e responsabili. 

Un uomo che un giorno le ha detto, nella sua travolgente Milano: Chi ha bisogno di Willy dovrebbe essere  nelle librerie. E Willy, adesso, è proprio lì.

sabato 27 giugno 2020

Un riparo


Prima compari così, al riparo di due grandi alberi: come si affacciano i bimbi più timidi sui giochi altrui e qualcuno non oserà mai farsi avanti. 
Non tu. Quando pensi che abbiamo lasciato Villa Montevecchio e l'eco di letture ci segue ancora con dolcezza, tu sembri sbucare dritta nel cielo, sopra il tetto, con improvvisa sfacciataggine.

Mi ripeti ciò che ogni creatura mi dice da un pezzo: abbiamo bisogno di un riparo. E abbiamo bisogno di uscirne.

giovedì 25 giugno 2020

Un giardino, una villa

La cultura, ancora. Chiama sottovoce in un giardino, accanto a una villa che da ragazza frequentavo, ancora affamata di filosofia.

Un gruppo culturale che nasce (E20Dversi) a Samarate, quando tutto sembra offuscarsi, è già un richiamo alla vita. Ancora di più chiamare autori, del territorio e non solo, a (farsi) leggere dentro. 

Un mese di piena estate, dal 26 giugno al 24 luglio. "Chi ha bisogno di Willy" si è infilato in mezzo, come indeciso se a guardare avanti o indietro.

Avanti, Willy, sempre. Indietro, ci siamo già stati.

mercoledì 24 giugno 2020

Uscendo di casa

Le magie si posano come un dito sulle labbra, quando tutto è troppo bello per richiedere parole.

Questa sera alla biblioteca Roggia della mia città, Chi ha bisogno di Willy, edito da Mursia. I profumi del mio lago sotto il cielo della mia Busto. La copertina  in una foto di Roberta si fonde con l’erba.

Magia è casa, ritrovarsi nella storia propria e di chi ci ha preceduto.

Magia è un uomo che fuori scatta le foto e poi scopri che è un amico al lavoro fin dalle 6, ma prima di andare a casa ha voluto partecipare così. 

Magia è un altro volto che si posa in questo quadro. Una persona che ha creduto e crede nel volontariato, ma anni fa è stato assessore e tu a volte gli hai discretamente rotto le scatole, come ricorda.

Però ti dice: stasera ho deciso che sarei uscito, la prima manifestazione pubblica dopo il lockdown.

E allora tu senti che Willy è una magia, più forte di te e di molto altro.

Allora tu capisci che uscendo di casa, sei a casa.

I primi passi fuori per spezzare l'incantesimo

Bisogna ripartire, vincere le paure, compiere i primi passi fuori. Bisogna farlo, spinti da un libro, da un bambino, da un animale che si dimostra più coraggioso di te: come la volpe che è apparsa alla protagonista del mio libro (e si è lasciata pure fotografare).

Con la prima tappa del 24 giugno alle ore 21 a Busto Arsizio, il romanzo "Chi ha bisogno di Willy" si trova in un posto magnifico come la biblioteca dedicata a Giambattista Roggia. Quando penso al professore, papà di questo luogo magico, alle volte in cui l'ho ascoltato e ho "letto" nell'aria le cose che mi raccontava, mi si ferma il cuore. Lo ricordo poche settimane prima che se ne andasse, gli occhi che brillavano con la stessa energia, perché stava scrivendo del Bene. 

Non si può non tremare. Il Comune di Busto Arsizio e il vicesindaco Manuela Maffioli hanno mostrato il coraggio di far ripartire la cultura, spingendo le persone a uscire, in sicurezza (infatti bisogna prenotare), per ascoltare, confrontarsi, respirare.

Non sarà facile, nessuno di noi lo pensa. Ma importante, sì. Anche se i primi passi sono timidi, anche se non si va lontano, anche se accade a poco a poco.

Ricordo quando terminò il lockdown: non ero entusiasta di uscire. Tante paure - più per i miei cari, che per me, mi dico quasi a giustificarmi - ogni tanto riaffiorano. Sto compiendo un gesto normale, che quasi rimiro con stupore o un brivido, talvolta.

Allora i primi passi fuori sono preziosi, per spezzare l'incantesimo. Un gesto, che domani potrà diventare più forte. Io sono felice di compiere il mio piccolo gesto, in un luogo caro, la sera della patronale della mia città. Penso alla volpe che non ebbe paura di guardare negli occhi una donna e rimase a dirle: osa.

Lo devo, fare. Lo farà per tutta l'estate e tutta la vita, ci proverò.


 


lunedì 22 giugno 2020

Più della libertà

Ho impiegato giorni ad accettare i sogni di libertà andati in frantumi. Poco amo più della libertà, per questo sono così fragile. Da sempre, l’ho ritenuta così fondamentale da pagare ogni prezzo  di fronte a chi provava a offuscarla, a chi la comprimeva o sporcava. 

Più forte è stata la debolezza, ancora una volta, e le stampelle me lo ricordano ogni giorno.  Un incidente banale mi ha fatto riassaporare il lockdown. Molti mi hanno chiesto cosa fosse successo, per gentilezza o per avere qualcosa di cui parlare, e si sazia così, ammesso che io risponda. Quella che mi ha rivolto una folla, con il suo tendersi  premurosa, mi ha fatto la domanda capace di commuovermi, sempre: posso fare qualcosa per te?


Ora, per la prima domanda, scrivo scrupolosamente la storia che il medico del pronto soccorso ha auspicato che io formulassi per un accadimento così inglorioso.

Devo fare una premessa. Il pronto soccorso, non ci andavo da qualche anno e pochi mesi fa sarei stata terrorizzata considerando la guerra che infuriava con il Covid. Adesso è stata solo l’ennesima lezione di umanità, sia con medici e infermieri, sia con i pazienti attorno a me. Dolori, inquietudini, solidarietà silenziosa e un fatto che mi ha dimostrato come il Covid sia davvero ora un nemico ma come altri, da affrontare senza panico.

- Signora, crei una storia per questo infortunio, qualcosa di più eroico.

Ho fatto un test con un amico e gli è piaciuto: ero sull’Everest, un’aquila si è avvicinata, le ho fatto sciò, ho perso l’equilibrio, sono caduta (naturalmente in piedi) e mi sono rotta il malleolo.

Questa è l’unica storia che riferirò a chi è interessato.

Perché a me non interessa, se non altro. O altri, coloro che hanno subito detto “come ti posso aiutare?” e già così la mia fragilità si assorbiva, coloro che hanno avuto un sorriso, che sono corsi (beati voi, scherzo) da me, che mi hanno offerto un passaggio o un sorriso, che si sono accorti che qualcosa non andava, che sono in situazioni più delicate ma non mi hanno fatto mancare il messaggio quotidiano.

Perché quando si è orgogliosi, se non superbì, è difficile chiedere aiuto, e un amico allora quasi non te ne lascia il tempo. Ultimo gesto commovente, la pomata svizzera portata da un angelo.

Questo periodo di lockdown ai miei occhi non ha lasciato una dose contagiosa di umanità. Ho visto persone in momenti durissimi pugnalarti il giorno dopo, solito andazzo di chiamate a cui non solo non si risponde ma neanche ci si cura di mandare un messaggio per giorni, ipocrisie irresistibili.

Poi, ti trovi nel tuo lockdown personale.

Questi momenti mi fanno capire che c’è qualcosa più importante della libertà. Forse, si chiama fragilità, perché apre la porta all’umanitá, che c’è e resiste con un adorabile sorriso.

domenica 21 giugno 2020

Seduta ad ascoltarti

Proprio quando stavo per uscire, mi sono trovata seduta. Il vento allora mi ha buttato dentro le finestre una manciata di profumi, colori e sorrisi. 

Forse si chiama estate, un groviglio di sensazioni in cui non riesco a mettere ordine, né voglio, perché lo conosci solo Tu.

È estate, io adesso sono seduta, seduta ad ascoltarti.

giovedì 18 giugno 2020

Un caffè possibile in tempi impossibili

Tempi impossibili faticano a sciogliersi. Ora che posso correre fuori, riesco appena a camminare. Eppure lo faccio testarda, per partecipare a un momento importante che fa ripartire ancora un poco la mia città. 

Grazie a un passaggio di un’amica rientro, ma poi le dico: prendiamo un caffè? Allora si ferma e ci sediamo a un tavolino, con le nostre tazzine. È lei ad aprirmi gli occhi: ma ti rendi conto da quanto tempo non beviamo sedute un caffè? Così mi scorrono davanti le tante volte in cui mi affacciavo da lei al lavoro e si correva fuori a bere al bar. 

Adesso non corriamo. Siamo ferme a un tavolino, con la vita che scorre dentro: un caffè possibile in tempi impossibili.

mercoledì 17 giugno 2020

Sotto un cielo pensante

Anche stasera sulla notte quelle nuvole di pensieri. Pochi istanti per passi effimeri: non che fossero fermi quelli precedenti, medito. 

La gatta sfreccia, la tradisce la macchia bianca sul pelo scuro come la notte. Tutto il resto è immobile, le urla di chi sa ancora aggrapparsi al calcio e alla tv.

Noi ci sentiamo ancora sotto un cielo pensante. Contiamo meravigliati le benedizioni e ci commuoviamo convinti che quel cielo stia pensando anche a noi.

martedì 16 giugno 2020

L’istante in cui mi ascolto

Di tutti i soggetti scarsamente ascoltati, forse il nostro corpo si piazza sul podio. Persino più dell’anima, ammesso che quei due birbanti non siano avvinghiati.

Parla, parla tanto che viene facile ignorarlo o liquidarlo come un bambino capriccioso, l’amico che ha sempre da dire.

Ma ci sono istanti in cui è come se si fermasse, raccogliesse tutte le forze e pronunciasse una parola, una sola. Stranamente, tu la senti con millimetrica precisione.

Prima che qualcuno ti dica con scienza assoluta l’idea folle che è venuta al tuo corpo, tu l’hai stampata dentro la tua mente. Come la scena di un film che rivedi cento volte per cogliere un trucco o una svista.

L’istante in cui mi ascolto, spalanca tutti quelli in cui avevo altro da fare e mi corrono attorno all’impazzata. Immobile e incuriosita dalla loro storia, quasi fosse la mia. 

lunedì 15 giugno 2020

Docilmente come la gentilezza


Stop senza go per ora: seconda tappa per cercare di rimettersi in piedi e non ripiombare dentro un lockdown su misura. Il mattino è insopportabile, finché mi fermo a bere un caffè. Tutti sono gentili al balenare delle stampelle, dall'apertura della porta al "Si fermi lì che ci penso io". Rientro in ospedale più docile, docile a quello che stanno decidendo per me. 

Quando esco, devo aspettare un'altra persona cortese (quanti angeli, sulla mia strada) che venga a prendermi e scelgo una dose di dolcezza in più. Una vespa viene a curiosare e chi sono io per mandarla via. Docile anche con lei, e ci mancherebbe: minuscola eppure così temuta da me quand'ero bambina. Va bene, anche quando mi trovo al chiuso con lei.

Docilmente, come la gentilezza, un sbuffo di zucchero che vola via lasciandoti una nuvola di fiducia, perché a qualcosa tutto questo e molto altro servirà.

domenica 14 giugno 2020

Tutti i programmi

Passata la tempesta, riprendi a fare tutti i programmi con ostinazione gioiosa. Hai ancora il fiato delle nuvole addosso, ma te lo scrolli via.

Poi uno sbuffo, violento e sottile. Tu vedi che tutto vola via. L’unica differenza è che non urli, accetti persino che una lacrima scivoli via, ti organizzi. E non sai se sia rassegnazione o saggezza a risuonare dentro di te.

Dormici su, qualcun altro programma per te.

giovedì 11 giugno 2020

La mia amica e la radio per finta

Se è un compleanno strano, con una spina pungente nel cuore per me, è soprattutto perché è il primo in cui non posso abbracciare una mia amica. Con lei ho diviso tantissimo da quando ci siamo incontrate da bambine. Difficilmente è trascorso un giorno senza una parola, un messaggio che brilla nel buio e tra i doveri gioiosi c’è quello di condividere tempo prezioso ai nostri compleanni.

Lei è la mia amica, la mia roccia. Ma so che potrei metterla in pericolo, adesso. Non importa se ho fatto il test: da allora sono uscita dal mio lockdown incontrando gente e situazioni e nonostante il contesto sia migliorato, è ancora troppo pericoloso abbracciarla.

In un mondo whatsappato, questa mancanza mi, ci fa male. Allora ripenso a una cosa che facevamo da piccole: la radio, per finta. Registravamo cassette di trasmissioni immaginarie e avevamo pure il nostro grido di battaglia. Era per finta, ma per noi realissima.

Così oggi taglieremo la torta insieme. Per finta, no, realissimamente. E quando ci vedremo, amica mia, fai come il cuoco che ho recentemente intervistato sta accogliendo i clienti.

-ehi ma dove sei stata in questi mesi. Ti stavo aspettando.

Finisco per ricominciare


Ho alle spalle un magnifico luogo e metaforicamente un anno spaccato quasi a metà: otto mesi sempre in viaggio, avidamente, e quattro frenata, se non chiusa in casa. 

Offro questa foto del non troppo lontano passato a me stessa, perché c'è molto di me senza urlare. Tra i vigneti e storie autentiche, un brindisi contro il cielo che vuole levarsi di dosso il grigio per mostrarmi il fascino di Soave. La maglietta della promozione della Pro Patria, a tenermi un po' di compagnia da casa.

E oggi? A cavallo tra l'11 e il 12 giugno nel momento esatto in cui sono nata, grazie al fatto che mio padre, ancora alle prese con i clienti, e il portinaio si insospettirono della chiamata guardinga di mia mamma: è ancora occupato?

Lascio il giorno di San Barnaba, il mio caro patrono dei tessitori, ed entro nel pieno della giornata in cui mi hanno registrato come nata.

Potrei dire che questo è il compleanno più strano, ma non è vero. Ogni compleanno è strano, come un continuo scoprirsi, perché magari hai occasione di fermarti un attimo in più e pensare. Non tanto contare, che gli anni ormai sono ammucchiati.

Io finisco. Io riparto. Porte che si stanno chiudendo, nuovi lockdown dell'anima e di vita. Porte che vibrano come desiderose di aprirsi.

Io finisco per ricominciare.

Buon compleanno a me.

mercoledì 10 giugno 2020

Possiamo vincere

Guizzo di tesina al liceo, Fuga per la vittoria per me è un patto che si rinnova. E a chi blatera «Ma è retorica», io rispondo stile Achille Lauro.

Me ne frego.

Io so cosa mi dice, oggi più che mai. Alcuni appunti, irrinunciabili, per convivere con la vita.

1 ci sono cose più importanti di una partita, sono palle, perché a volte una partita è ciò di più importante che tu hai e devi giocarla fino in fondo.

2 Pelé è spettacolare nella sua rovesciata, ma di più quando con gli occhi nel buio grida che non vuole fuggire, vuole giocare. Io su Pelé mi dichiaro irrimediabilmente di parte, perché è Brasile, purezza, dolore, orgoglio, il grido dell’amico di mio padre quando telefonò: campioni du mundo.

3 Max Von Sydow è colui che non incontrerai mai, a meno che tu sia incredibilmente benedetto. L’avversario che a un certo punto soccomberà a se stesso, scorgendo la tua azione perfetta.

4 Possiamo vincere. Vincere che cosa? La squadra dei prigionieri (dopo Pelé scandisco i nomi dei nazionali, mi piego ad Ardiles) può salvarsi o decidere di salvare qualcosa di più di un risultato. Possiamo vincere non rinunciando a una partita, ma capendo che una partita vale più di tutto. Anche di se stessa.





partita





martedì 9 giugno 2020

Anna non si arrende mai

Anna non si arrende mai. Anna non vuole stare in gabbia, cioè lontano dalla gente. Anna che non vuole medaglie.

Questo bellissimo servizio giornalistico  mi riconsegna una frase ricorrente di mio padre: andiamo a Nebbiuno al bar dalla signora Anna.

A bere un caffè affacciati sul lago e sul cielo. E anche se sfiori il secolo di vita, forse per quello ancora di più, lo sai.

Virus, disastri vari, invidia e quant’altro:  nulla importa. Importa che non vuoi arrenderti, che devi accogliere la gente locale, importa che nessuno ti può e vuole fermare.

Importa la Vita.

lunedì 8 giugno 2020

Nessuna ragione sotto la pioggia

La musica dolcemente rabbiosa mi mette sull’avviso e non c’è alcuna ragione per correre sotto la pioggia. Bagnarsi fino alle radici dei pensieri i capelli e fregarsene, fregarsene ancora tanto che resteresti lì impertinenti.

Invece, corriamo indietro e io arrivo ultima, per coerenza.

Nessuna ragione per correre sotto la pioggia. Se non tu.

domenica 7 giugno 2020

Cercando un riparo

 Nel raggio di duecento metri, quei duecento metri che sono stati rilevanti nella non tanto precedente vita di lockdown, ho trovato due ombrelli abbandonati. Uno forse dimenticato e appoggiato a un albero. Voglio pensare smarrito e da qualcuno posato sotto un (altro) riparo. L’altro platealmente scassato e agganciato a un cestino, sotto la pioggia. Gli ombrelli da bambina, me li ricordo: il mio e quello degli altri. Mi sovviene persino all’improvviso il grande ombrello del nonno, nero come la sua borsa della spesa, la “gaetana”. Ripercorro anche lo stupore della bellezza dei tanti protagonisti del museo dell’ombrello di Gignese, che sfioro nel mio romanzo “Chi ha bisogno di Willy”.

Ad un tratto, sono stati facili da acquistare e da buttare via. Dev’essere stato triste il momento in cui non li si riparava più.

Noi cercando un riparo sotto la pioggia della vita, senza accorgerci quanto facilmente ne consumiamo, ne buttiamo via. 

Il richiamo nell’aria

Leggendo “piogge abbondantissime” sul bollettino meteo, sono scivolata fuori ancora più volentieri. L’aria però era silenziosa, un velo di umidità ad attutirne i suoni.

Sto cercando di intuirne il profumo, ma sfreccia un’auto urlante. Resta una scia che copre ogni respiro.

A me dice altro, ancora. Mi spiega perché si agita un disagio a ogni fremito di agenda. Come un richiamo di ciò che era (insopportabile), quello che dopo il virus non doveva entrare mai più.

Quello che non deve entrare mai più: dice il richiamo nell’aria che riaccoglie la pioggia.

sabato 6 giugno 2020

Notte e gelsomino

In questa notte, ho messo la testa e il cuore: cosi respiro d’un tratto un profumo.

Gelsomino, è gelsomino. Potrebbe essere estate fino al mattino. Io che l’estate per natura l’ho sempre sfiorata, forse perché sono nata prima.

Adesso, ci sono già dentro.

Gelsomino, un po’ troppo invadente, avrei detto: ora vorrei che mi rimanesse nelle narici, ancora. Vorrei che questo momento mi restasse vicino.

Forse non avevo capito bene cosa mi mancava o forse fin troppo. Ma ora siamo immersi in questa notte qua, notte di gelsomino.

Fitte reti

Ho visto una bestiola esitante cercare di entrare in un giardino, ma fitte reti le impedivano di entrare. E non so nemmeno se ciò l'abbia salvata da predatori più assillanti o condannata al regno dell'asfalto non meno crudele.

Ho provato a cercare soccorso, ma era sparita. Forse ha trovato il varco in una delle reti che scandiscono le nostre "proprietà" (perché così le chiamiamo, e scritto suona anche meglio nella nostra testa, come una scia di illusione) e che ci vogliono riparare da ogni pericolo.

Fitte reti sui cancelli, fitte reti sull'anima. A pochi è data l'opportunità di entrare e, ancora, non si sa se sia una fortuna.

giovedì 4 giugno 2020

Spazzerà via tutto

Spazzerà via tutto. La pioggia impazzita, un goccio del tuo whisky, un libro sfogliato dal vento. In un frammento di istante, sono già sciolte assurdità, vigliaccherie, esitazioni.

Non abbiamo quasi avuto tempo di respirare e già siamo liberi.

Adesso, cammineremmo disinvolti sull’erba fradicia, sognando sabbia che scotta.

Spazzerà via tutto e rimarremo noi.

mercoledì 3 giugno 2020

Come cavalli all’orizzonte

La pioggia non attenua, bensì esalta il profumo di una giornata di libertà. La valle placida e spoglia dell’assalto della festa.

Ci riposiamo all’ombra del bosco, finché puntini in lontananza si muovono e ci chiamano. Cavalli che vanno verso il fiume, come pensieri assetati.

Come pensieri assetati siamo noi, in fuga dall’arsura di un senso. E restiamo ad ammirare chi ha più coraggio di noi, per qualche istante ancora, prima di metterci in cammino.

La vita, fragile e felice

Ho dovuto proteggere tutti, ma la vita mi reclamava. La vita, fragile e felice, come quando vedo te.

Non ho difese fittizie, ho rinunciato a barriere che alimentano le mie certezze. 

Adesso, non rinuncio a te. Più luminoso che mai nella tempesta, mi hai guidato anche da lontano.

La vita, fragile e felice, come noi.

martedì 2 giugno 2020

Non lascerò chiudere la finestra sul mio cielo

Un virus poteva tentare di chiudere la mia finestra. Può ancora, perché è più forte di me. Ma tutto il resto no. Non la paura. Non il prepotente di turno, quello nuovo di zecca o che viene dal passato.  
La mia finestra si spalanca sul lago e sul cielo. Scorge i passaggi dell’umanità e la sua fuga. Sono stata forte in questi mesi, anche quando tra le poche certezze, molte si sbriciolavano.

Adesso si sciolgono i confini e posso tornare al mio lago. Eppure  so che dovrò esserlo (forte) ancora di più.

La finestra spalancata, sulla nostalgia e sul futuro. La luna, forse, si nasconderà dietro il traliccio, ma io non mi nasconderò più.

lunedì 1 giugno 2020

La scala traballante

Se poso lo sguardo per terra e colgo ad esempio le mascherine abbandonate per terra, il disfattismo mi tenta: cambiati, a chi.

Poi cammino al cimitero. Una signora con qualche anno e maggiore determinazione, sta lottando con una scala per arrivare fino in alto a cambiare i fiori davanti a una lapide. Rallento, perché vedo la fatica e il pericolo. Lei però assicura: ce la farò.

Poco più avanti, una scena analoga. Questa volta è un uomo che si ferma: ha bisogno? La scala è traballante, la donna ha gli occhi lucidi e anche lei tranquillizza. Lui, in ogni caso, preferisce rallentare e il suo sguardo vaga tra le due tenaci arrampicatrici.

Raggiungo la mia meta e vedo una ragnatela, mi perdonerà il progettista  che dev’essere andato a spasso, ma devo pulire. Soltanto che ho bisogno della scala, una scala traballante, e memore degli anni di cronaca neanche a me piace salire se sono sola.

Sento un rumore e vedo un operaio, che viene a ritirare i rifiuti. Io credo che dia uno sguardo oppure lo voglio credere, non ha importanza. La scala della vita è salda, se non ti senti sola.

Sei già lì

Pensa a quanto mi sono messa a correre oggi e ho pure vissuto ogni istante.

Poi alzo lo sguardo e tu sei già là. Sai già tutto e sorridi, hai persino un fremito che neghi e poi scivoli nel tuo quadro. Che è anche il mio.