martedì 31 dicembre 2019

Il filo dei desideri


I bilanci sono fogli che scivolano via, si mischiano, creano confusione. Meglio afferrare un filo, non importa se esso appaia fragile. Basta stringerlo e coglierne la consistenza.



Quel filo, sono io. Quando l’ho seguito e l’ho lasciato vibrare, danzare nell’aria, ho respirato una insospettabile felicità. Affrontando fatiche o prove, il cuore si alleggeriva e forse non ci credeva nemmeno lui. 

Che fosse l’opera a Busseto o una preghiera ad Assisi, e persino un piccolo gesto come liberarsi dai rumori in sottofondo nella vita in un cinema.

Viaggi o azioni che attendono da una vita e diventano irresistibili in un istante. 

Questo per me è stato il 2019 e posso solo sperare che quel filo continui a chiamarmi, a ricordarmi che così fragile e forte va tenuto vicino al cuore, per prendere slancio nella vita. E ciò significa farlo con altri, rendersi conto che non siamo mai soli. Che il cielo è il primo a muovere questi preziosi fili per farci crescere insieme.

Vi auguro di seguire il filo dei desideri, di vivere scoprendovi con delicata ostinazione e voler bene ancora più intensamente a ogni frammento di aria in cui danziamo.

giovedì 26 dicembre 2019

Un sottile strato di ghiaccio

Un sottile strato di ghiaccio, quasi invisibile ai viandanti. Il sole ci gioca, come un monello svogliato. La barca, capovolta in un sorriso di pigrizia.

Tutto attorno, nella mia valle, l’inverno russa profondamente. Ma qui lo tradisce l’acqua ghiacciata, un velo da brividi che stenta a sollevarsi.
Come tanti dubbi nostri. 

mercoledì 25 dicembre 2019

C’è un tempo solo nostro

C’è un tempo solo nostro, in cui brilla una stella e illumina le pareti del cuore.

Un tempo in cui non entrano ombre e spifferi. In cui il silenzio è un canto, da assaporare istante dopo istante.

C’è un tempo solo nostro, e dura un giorno, un anno, un mondo. È quello che non si può misurare e resta con dolcezza sulla via, anche quando la porta si schiude.

Ma ciò che non ci tocca, non può entrare più.

martedì 24 dicembre 2019

Timidamente inverno

Tutto il pudore di un giorno è sospeso sul lago. I rami spogli non riescono a placarlo, eppure a un centinaio di metri ho visto sfacciate rose aprirsi.

Mi manca quell’inverno che mordeva le guance e le tingeva di euforia. La neve senza tentennamenti, cadeva come un mucchio di mocciosi paracadutisti.

Adesso è timidamente inverno e forse si vergogna di noi che non ce ne rendiamo conto fino in fondo, anzi ci fermiamo ad ammirare le rose.

lunedì 23 dicembre 2019

Sul palmo della mano

Ci vorrebbe un Grande Gigante Gentile. Uno che non ti salva, forse ti incasina la vita e sei tu a trarlo d’impaccio.

Ma ti prende sul palmo della mano e nonostante la stazza vede il tuo cuoricino. Di più, gli preme moltissimo. Non può pensare che vada perduto.

Ci vorrebbe un gigante, goffo e sincero, in ogni vita.

domenica 22 dicembre 2019

Grandi amori

Loro stanno insieme da 65 anni. Loro stanno insieme da più di venti. Il loro Natale non grida mentre si combatte una battaglia. Si suona il pianoforte, ci si fa forza, si ascolta il rumore della pioggia che si ritira per dare spazio alle conversazioni.

C’è uno dei due che sta aiutando l’altro, secondo il mondo che ha sempre fretta di intrappolare in un giudizio.

Ma chi ha bisogno di chi? E poi, che bisogno?

Due grandi coppie, mi hanno accolta oggi. Due grandi amori.

E quando esco in punta di piedi risento ancora la voce della prima lei che dice all’infermiera tesa a invogliarla verso il sole.

- Ho già il sole, mio marito.

venerdì 20 dicembre 2019

Non ci sono favole

Non ci sono favole nella vita, e Pinocchio forse è la prima storia che me l'ha raccontato. Sfogliando le pagine e intercettando gli occhi fragili di "mastro" Manfredi, ho compreso che sarebbe stato difficile trovare un riparo. Anche da me stessa.

Poi, nella terapia che mi spinge talvolta a spegnere tutto e nutrirmi di un buio luminoso, scelto proprio questo film. 

La vita e la fantasia scorrono ugualmente crudeli o almeno disarmanti, come le nostre debolezze, e Matteo Garrone me lo ricorda più che mai. Nell'ostinazione di Pinocchio che è nostra, negli stracci e nei gesti prima buffi, poi regali di Geppetto.

Non ci sono favole, c'è questo eterno peregrinare alla ricerca di un sollievo che è nascosto con estrema cura dal destino.

E quando lo trovi, ti stupisci di poter essere davvero bambino. Allora, ti scopri adulto, fino in fondo.

giovedì 19 dicembre 2019

Lievi onde di gentilezza

Correndo sotto la pioggia, vedo avvicinarsi un’auto e sono assalita da un brivido preventivo: pozzanghera più pneumatici avidi di inzupparsi, annegherò io.

Invece no, la macchina rallenta con gentilezza. La stessa mossa viene compiuta da un automobilista pochi istanti dopo.

Perché sorprendermi? Mi rimprovero.

È normale. Sì - replica una vocina in me - normale, non scontato. Una sottile differenza da accarezzare.

E mentre mi congratulo con questo mondo gentile che aspetta solo di essere scoperto, si alza un’ondata al passaggio di una terza auto, che mi colpisce fino al capo.

Lievi onde di gentilezza che ti lambiscono e stringi a te per non credere nella potenza dell’eccezione.

La gentilezza normale, il male scontato.




mercoledì 18 dicembre 2019

Il momento giusto

Dopo scuola mi fermo in città e incontro un’amica. Da tanto non ci vediamo, lontane fisicamente. Stasera però abbiamo dato colore e sorriso alle nostre conversazioni virtuali.

Forse erano trent’anni che non mangiavamo una pizza insieme e scegliamo un posto tanto facile quanto fallace. Ci dicono che non sono in chiusura, poi ci manifestano l’ostilità apertamente, anche sbattendo un detergente sul pavimento che ci fa mancare il fiato.

Com’è cambiato il mondo, amica mia, e prima di rassegnarci ci fermiamo a prendere una cioccolata altrove. Ci accolgono i volti luminosi di due ragazzi che ci assicurano che chiuderanno alla una. Nella  cioccolata fanno scivolare ghiotte palline di gelato.

Quando parliamo a fondo, capiamo che questo non è un momento qualsiasi per farlo.

È il momento giusto.

Ritrovarsi così diverse da assomigliarsi ancora di più e i nostri sguardi hanno già detto tutto.

martedì 17 dicembre 2019

La cascata e la luce

Il palazzo sulla via si è trasformato in una cascata di luce. Così accattivante che frugo nella tasca per cercare il telefono e scattare la fatidica foto.

Ma la mano resta sospesa, perché gli occhi si sono posati sull’edificio di fronte. Storico e inimitabile nella sua bellezza, non alza la voce addobbandosi.

E io mi vergogno di aver avuto una simile tentazione, di essermi fatta richiamare da uno scintillio. Quando ho una luce senza stagione che mi accompagna da sempre.

domenica 15 dicembre 2019

Tutto in movimento

Tu stavi osservando il paesaggio, anche più immobile. Non è bastato rallentare il passo e soffocarlo per convincerti, airone, a sostare ancora in quell’angolo di valle.

Sei rimasto lì finché potevi osare, e anche un po’ di più.

Poi ti sei lanciato e noi maniaci di fermare tutto abbiamo provato a immortalarti. Ma tutto era in movimento, come te. Le tue ali, il paesaggio, la vita, i nostri pensieri.

Tutto in un battito di ali, che forse è eternità. Forse tutto è in un battito di ali.

venerdì 13 dicembre 2019

Tempo di gentiluomini

C’è stato un tempo in cui i gentiluomini sembravano così rari. Sei comparso tu, la curiosità buona si levava in una nuvola.

E in una nuvola, sei presto volato via. Non prima di preoccuparti che io avessi intrapreso il tuo cammino anche se fare la giornalista era così doloroso per i senza scorza come me.

Oggi ho stretto tra le mani le pagine del tuo romanzo, la tua dedica la porto nel cuore come l’omaggio a una principessa.

Luca, oggi avresti compiuto sessant’anni, e sento che ci ridi su. Ma io non riesco, non credo che riuscirò mai. Torno a parlare con te di Antinoo, accompagno con te il nostro direttore Mino Durand al suo appuntamento e lui che si gira un attimo, perché preferirebbe scappare via con noi. Liberi di dirsi tutto e niente.

Lui che ti scrisse la prefazione del tuo libro, lui che lottò ferito contro un interminabile corridoio per venirmi a incoraggiare nella malattia.

Luca, la vita è bastarda. Eppure io in questa bastardaggine ho avuto qualche fortuna: come di vivere un tempo con pochi gentiluomini e di incontrarli ugualmente.

Buon compleanno, fratello mio. Adesso mi giro un attimo, perché preferirei scappare via con voi.



giovedì 12 dicembre 2019

Ti aspetto

Ti aspetto ogni Natale da quasi quarant’anni. Un’abitudine, sei diventata, cara lettera di Natale dalla Scandinavia, a firma di un amico di penna. Tanto che a volte ti ripongo sotto il velo delle consuetudini e fingo di dimenticarmi che tu sia in viaggio.

Forse per la gioia bambina di stupirmi, quando arriva una lettera da un Paese dove la neve già sorride.

Io ti aspetto, Natale, fedele come la lettera di un amico. 

mercoledì 11 dicembre 2019

Forse penseranno

Stasera ho sentito quanto fosse bizzarro questo inverno. Incastonato nei segni del Natale, così luminoso da non poter nascondere il suo calore.

Ma se parlo di cambiamento climatico, forse penseranno che sono scandinava. Sì insomma come Greta.

Se mi piacciono i Kiss, sarò una che si maschera.

Se vado allo stadio, penseranno che io sappia solo impastare parole, non fatti.

Forse penseranno di me... ma chi se ne frega, se io mi sforzo di pensare.

martedì 10 dicembre 2019

Mettere in ordine i desideri

Vuoi fare tutto e poi più niente. Finché ti assale ancora la frenesia.

Eppure, se ti guardi bene dentro, non esiti a capire che più fai, meno rischi di combinare. In un vortice, annaspi fino a qualche pagina sincera. Come la Filotea di San Francesco di Sales. 

Che non ti spinge a rinnegare i desideri, bensì a metterli in ordine e a vedere come alcuni, ora irrealizzabili, vadano riposti. In un angolino nel cuore, così piccolo da trovarsi e sapere quando uscire senza tremare.

lunedì 9 dicembre 2019

Il mondo che sta stretto

C’è un mondo che sta stretto. Quello che non ha tempo di risponderti, che va già oltre e ti ha perso di vista quando fingeva di ammirarti.

Poi improvvisamente un altro mondo. Quello che si siede ad ascoltarti, pur avendo molto da dirti. Che sussurra perché ama sentire la tua voce e che ti aspetta, quando resti indietro.

Mondi che neanche si guardano, ma tu ci passi in mezzo e sai dove fermarti.

sabato 7 dicembre 2019

Troppo cielo

Di solito, metto troppo cielo nelle foto; nella vita, si infila lui perché sa che non è mai abbastanza.

Che anche quando voliamo, lo sguardo si impiglia nella terra.

Troppo cielo, e mai abbastanza, un dilemma che si dilata al cospetto di un luogo sacro, di una scelta o di una chiamata. O di tutto questo insieme. 

giovedì 5 dicembre 2019

Frammenti che attendono

Statue sospese sulla piazza che riversa l'attesa del Natale a Roma. E gli uccelli che sembrano trattenere la loro corsa sotto il cielo, come si fa con il fiato davanti a una sorpresa. Pezzi di marmo, noi creature tutte e persino quella luna che si ferma lassù ad aspettare il suo turno, distratta dai colori.

Forse siamo tutti frammenti che attendono. Briciole di un universo che va a pezzi e si ricompone senza spazientirsi.

martedì 3 dicembre 2019

Il colore di partenza

Deviata dallo stereotipo dell'autunno, ho tirato fuori i pantaloni grigi senza esitazioni. Abbinandoci tutto ciò che dovevo, dal maglione alle scarpe.

Peccato che durante l'escursione, al primo raggio di sole (dentro e fuori) abbia visto che fossero blu. Il colore di partenza era sbagliato e così da quella mia visione distorta le scelte successive.

Non sarò stata un bel vedere, un'artista degli abbinamenti; tuttavia, non è gravissimo.

Penso però a quante volte partiamo con una visione sbagliata, una di quelle illusioni che ci sembrano così scontate e ci freghiamo nelle scelte, una dopo l'altra.

Sarebbe sufficiente esitare, il tempo di un sospiro. Oppure fregarsene degli abbinamenti, a prescindere, per colorarci di libertà.

domenica 1 dicembre 2019

Quello che deve essere

Le parole sono povere, persino più degli sguardi. Perché quando gli occhi si posano sul convento ad Assisi, nella basilica, riescono a capire.

E poi noi a torturarci con le parole idonee per dirlo.

Quello che deve essere, profuma di libertà. Come un portico e la sua armonia, una perfezione che sa condurre alla strada che ti sta cercando e che forse stai cercando anche tu.

venerdì 29 novembre 2019

Decidi tutto tu

Qualche, frizzante volta mi infurio perché decidi tutto Tu. Io ho scelto una strada e tu me ne fai balenare un’altra. E ripetutamente, quando meno me l’aspetto, così mi trovo in un’altra direzione.

La tua.

Qualche, frizzante volta mi lascio andare a un caldo sorriso, perché decidi tutto Tu. Io non sapevo dove andare ed ecco, tu mi indicavi ogni passo. La pelle calda per il sole, i piedi che accelerano.

Sì, lo so, tengo alla mia libertà. Eppure decidi Tu.

giovedì 28 novembre 2019

La mia maestra, in punta di piedi

La mia maestra si chiama Licia. Può sembrare l’inizio del diario di una bambina delle elementari e forse è proprio così.

La mia maestra era entrata in punta di piedi nella mia vita, al secondo anno addirittura, perché prima era in maternità. Io mi ero affezionata alla mia prima insegnante e quindi ero un po’ timorosa.

Se oggi scrivo o ci provo, è perché lei c’è stata, prima ancora di quella macchina da scrivere che mi aiutò a plasmare la mia libertà.

Scrivere in ordine, non era la mia specialità. Ma provare a essere libera, sì, mi piaceva.

La mia maestra se n’è andata in punta di piedi: l’ho scoperto leggendo un manifesto nel buio del viale.

Ma forse qualcuno me l’aveva preannunciato.

Un mio compagno più grande, che tutti pensavano sarebbe rimasto bambino. Prima che ci fossero programmi o insegnanti di sostegno, lui entrò nella nostra classe. C’erano dei genitori poco convinti - mi ricordò un’amica, episodio citato in questi cassetti -, ma la mia maestra replicò con cortese fermezza: sono i miei alunni che devono decidere.

E noi alla prospettiva di accogliere un nuovo compagno alzammo tutti la mano. Solo più tardi qualcuno avrebbe capito che si trattava della nostra prima votazione.

Non l’avevo visto più per quarant’anni, se non alla finestra, ma settimana scorsa l’ho incontrato sotto casa sua. Il suo sorriso, oscurava ogni ruga, e gli ho dato una carezza,  come fossimo ancora bimbi.

Mi stava dicendo qualcosa, con quegli occhi.

Che la nostra maestra sarebbe andata via, in punta di piedi.


mercoledì 27 novembre 2019

Il Tigrottino per mano: adesso sei forte, corri

Più di due anni per agguantare mezzo secolo. Quello di un giornale che ha accompagnato i tifosi allo stadio Speroni e del Pro Patria Club.

Il Tigrottino...

L'ho sempre tenuto tra le mani, da tifosa. Poi la Pro Patria è diventata un lavoro, anche: dove mantenere la freddezza, il distacco, era la vera sfida, roba che nessuna remuntada sembrava possibile, eri già battuto in partenza nel frenare la tensione. Alla mia professione in tutti questi (trenta) anni ho affiancato anche la gioia di scrivere su questi fogli preziosi.

Mi ricordo quando ho scritto la prima volta qui, l'emozione,grazie a Luca Cirigliano, mio fratello anche di calcio, e alla squadra che si è creata. Quando con lui, Flavio Vergani e tutti i ragazzi abbiamo anche fatto nascere un libro dal nulla in pochi giorni, per la promozione!

Due anni e mezzo fa, mi hanno chiesto di prendere per mano questo giornale. Ho accettato di fare il direttore, pur conscia delle incombenze professionali che esigevano sempre più tempo ed energie. Ero nel mezzo di una rivoluzione di vita, che mi ha chiesto tanto e tanto mi ha dato.

 Il Tigrottino era un hobby, una passione e le passioni si trattano bene. Io non sono del club, sono un'anarchica per tutto e in tutto, ma la parola riconoscenza hanno cercato di insegnarmela a casa. 
Per questo motivo ho detto: 

Tigrottino, ti conduco ai tuoi primi cinquant'anni costi quel che costi. 

Anche se capiti nel fine settimana fitto di impegni professionali, anche se sono via per un lavoro in un albergo e devo dedicarti le ore della notte prima di ripartire. Anche se la famiglia brontola: ci siamo anche noi.

Ma non importa.Ti ho preso per mano e anche tu hai preso me con garbo insegnandomi molto: mi hai mostrato più di tante palestre la natura umana, lo spirito di squadra, le difficoltà, le gioie e le delusioni. Come uno specchio che restituiva, moltiplicandolo, le emozioni della mia Pro.

Abbiamo camminato insieme, e accanto a noi c'erano tante persone. Alcune, non ci sono più, come Giovanni Garavaglia, l'ultimo suo messaggio letto e riletto su un treno durante una trasferta di lavoro: non lo dimenticherò mai.

Sono grata al presidente Roberto Centenaro, che ha dato sempre massimo supporto. Al suo successore Giovanni Pellegatta. A chi nel club è stato sempre dalla nostra parte e devo fare una citazione speciale per Gianni Rigon e per Giannino Gallazzi.

E alla squadra. A tutta la squadra. Non cito nessuno, perché non voglio tralasciare un solo nome: io parto da quel 2013, quando un gruppo di giovani si cimentò in questa nuova avventura: prendere un giornale storico e metterci tutto il nostro entusiasmo. E ciascuno di loro per me è stato importante a modo suo.

Adesso, io devo proprio andare per la mia strada, perché ho nuovi impegni che si stanno affacciando e non posso più tralasciare i miei progetti. In questa riorganizzazione, ho scelto di dire addio anche alla direzione del Tigrottino. E ho lavorato il più possibile perché potesse essere affidato a un giovane. Ed eccone uno che  un giorno spero faccia il mio mestiere, Alessandro Bianchi, come Sveva Vergani.

Devo prendere la mia strada con determinazione e lo faccio, felice di essere riuscita a giungere a questo traguardo con il Tigrottino, navigando su mari anche mossi ma sempre con dedizione e fiducia. Settimana scorsa, al museo della Pro Patria, ho visto un nostro numero con una copertina magica davanti alla Coppa e ho avvertito i brividi. Come quelli "di storia" nella copertina che in questi anni mi è stata più cara, quella della partita sotto la neve con la Carrarese. Ed ecco la copertina di settimana scorsa... L'ultima, be', riguarderà il derby con il Novara: ci vogliono i fuochi di artificio per  un passo importante. Sono sicura che il grande Daniele De Grandis - amico prezioso del giornale - è d’accordo.

Al cinquantesimo anno sei arrivato, Tigrottino, e puoi continuare la tua strada. Sei forte, corri!

Io proseguo la mia anche allo stadio Speroni, con Varesenoi, i miei colleghi con cui 14 anni fa ho deciso di lasciare una via sicura per dipingere un sogno.

Che sia giornalismo o Pro Patria e persino altro, a me sognare piace ancora moltissimo.







lunedì 25 novembre 2019

Due, tre cose sulla violenza contro la violenza alle donne

Sono stata poco attenta, finché non ho potuto che soccombere di fronte alla giornata contro la violenza sulle donne.

Perché, da donna, ho subìto abbastanza offese da sentir bruciare la pelle, del corpo e dell’anima.

Ma in questi anni mi sono sentita dire da uomini e donne: eh, che sarà mai di così grave. Tanto che vedo violenti spacciati per alfieri. Non vedo pericoli per me, perché non lascerò che più nessuno possa dire o fare be’.

Vedo pericoli per un mondo costellato di ipocrisia. Se pensate che non sia così grave che un uomo dia  due schiaffi a una donna, se pensate che mica sarà così grave che dopo aver pianto lacrime da coccodrillo riveli la sua vera natura e cerchi di farle terra bruciata attorno.

Be’, risparmiatevi il vostro sdegno da copertina.

Io vorrei dire due, tre cose sulla giornata contro la violenza sulla donna. Chi alza le mani su una donna, non diventa alfiere.

È solo uno stronzo. E chi lo sostiene, con un pensiero o una risata,  è della sua stessa materia.

domenica 24 novembre 2019

Tutto quello che così insistentemente

Tieni delicatamente tra le mani un sogno, poi lo stringi e ti appare un progetto. Tutti pensano di sviarti spiegandoti che è una follia. Ti parlano calmi e ragionevoli, come a una bambina.

E quando te ne stai quasi persuadendo, illudendoti così di essere grande, arriva una telefonata che tu pensi di aver sbagliato a raccogliere. Devi essere stata tu, quei lapsus di whatspp che fa partire chiamate non volute.

Finché devi rispondere e ti rendiconto che ti stavano cercando davvero.

Come il tuo sogno, rannicchiato in un cassetto.

Tutto quello che così insistentemente ti chiama, può salvarti o rovinarti. Ma sempre, fortunatamente, cambiarti.

sabato 23 novembre 2019

E ancora la pioggia

Ancora la pioggia. Sbuffi, per scrollartela via, ma ne assaggi involontariamente il sapore. Basta una goccia, una goccia soltanto, ancora più forte nella notte.

Era proprio l'ultima cosa che doveva stupirti, quelle gocce tutte uguali, ispide e fredde dell'inverno. Invece no, ti appaiono una carezza mentre corri verso casa. Uno schiaffo per il clochard maldestramente coperto dai cartoni, lui che rifugio non ha.

Il freddo che senti, conficcato nell'anima, non sai nemmeno tua o dell'altra povera anima.

Sai solo dirti: e ancora la pioggia. Basta una goccia e ancora ti lasci stupire dalla (sua) umanità.

venerdì 22 novembre 2019

Un giorno solo

Spesso ficco tre giorni in uno, come per essere sicura di vivere davvero.

Adesso mi preparo a vivere un giorno solo, per vivere davvero.

giovedì 21 novembre 2019

Passeggiando in agosto

Sull’autunno nella città che non conoscerò mai abbastanza, si riversa con discrezione una scia di luce. La mattina è ancora morbida, i passi risuonano senz’affanno.

Le foglie afferrano quella luce e vi giocano, come in una pausa nella corsa della vita.

Lascio cadere la sciarpa e rido, perché penso alla frase di un amico allo stadio qualche giorno fa. Quasi facevano fatica a vedermi il volto tanto mi proteggevo dal freddo.

- Marilù, tu hai caldo solo in agosto.

E adesso rido, rido più forte. Perché non c’è voglia di correre, io sto passeggiando in agosto.

mercoledì 20 novembre 2019

Nemo me impune lacessit

Quando si insinua la nebbia dell'umanità, mi appare nella mente questo grido orgoglioso che ammonisce sul castello di Edimburgo.

Nessuno mi sfida impunemente.

Ci sono tanti esercizi di potere, necessari soprattutto a chi potere non ha, per fortuna. C'è chi prova a soffocarti e questo è bellissimo, perché se lo fa, è perché tu respiri: ma intensamente, tutto attorno a te.

Perché tu vivi.

C'è chi prova a schiacciarti, e siccome chi si comporta così è un vile solitamente, lo fa di notte, cioè in maniera oscura, cercando di sorprenderti. 

Una lezione che la Scozia ha già smantellato da tempo con le sue leggende. Quando gli invasori capirono di poter vincere solo con l'inganno, non finì come a Troia. Questo perché la natura, la vita, si ribellarono. 
Scesero a piedi scalzi nella vallata mentre gli scozzesi dormirono, per vigliaccheria fino in fondo. I cardi, però, creature tra le più umili e orgogliose al contempo, decisero che ciò non poteva accadere. Difatti, gli invasori furono punti dalle spine e gridarono di dolore.

Al che i guerrieri, quelli veri, si svegliarono, si difesero e li sconfissero.

Nessuno mi sfida impunemente.

Questo per me rappresenta il fiero motto. Non vendicarsi, non fare scenate, anche se vedi tutto nitidamente.

Piuttosto, saper attendere e saper combattere al momento giusto. Perché c'è sempre un cardo che ti mette sul chi va là, ma poi tocca a te decidere come sconfiggere chi è un vigliacco, non un guerriero.

martedì 19 novembre 2019

La macchina della libertà

Fremevo per agguantare la patente e un'auto, che erano sinonimo di libertà. Non avevo compreso, nemmeno lontanamente, che era già tra le  mie mani, la macchina della libertà.

Questo cassetto si apre, alle immagini intrecciate alla vita di Olivetti.

Erede di una dattilografa, ne avevo afferrato solo pallidi riflessi, eppure mi erano bastati per illuminare la vita.

Una macchina da scrivere, da tempestare di sogni. E quando è arrivato il computer, ho cercato invano di ribellarmi. I sogni, tanto, si moltiplicavano con quello strumento apparentemente magico.

Ma la prima che mi ha permesso di volare lontano, è quella macchina che mi spingeva a correre e poi mi costringeva innumerevoli volte a pensare, a prendere un respiro su una lettera, a cedere al dispiacere di cancellare per scoprire di poter ripartire più forti.

La macchina della libertà, aveva una musica che non riusciva a perdersi. E anch'io mi sono ritrovata così a lungo, che oggi mi sembra di non essermi smarrita, ancora.

Una macchina da scrivere vista in Scozia 4 anni fa

lunedì 18 novembre 2019

Dalla parte giusta

Con un campione come Bergomi di fronte, di quelli saggi senza dotte lezioni, io corro indietro. E mi pesa più che mai pensare come io fossi dalla parte sbagliata.

A 14 anni avevo tutto il diritto di sbagliare. Di piangere mentre tutti brindavano, perché io amavo il Brasile. Il suo gioco, i suoi colori, i profumi e i paesaggi  che avevo vissuto solo nei racconti di mio padre.

Ho confessato nel mio libro sui secondi come avessi le scatole girate anche nella finale. Anche se la Germania non mi accendeva allora alcuna simpatia. Perché chi mandava a casa il Brasile, non poteva non essere punito.

Questa ossessione per il Sudamerica poi si è placata e stasera ascoltando il campione del mondo Bergomi a Como, sentivo quasi il desiderio di tornare sui miei passi ed espiare. Come se potessi recuperare la gioia perduta.

Ero dalla parte sbagliata. O meglio giusta.

Perché ero dalla mia parte, pronta a pagarne il prezzo. E questo spero di non cambiarlo mai, a costo di trovarmi a singhiozzare sola sul divano, mentre tutto attorno infuria l’euforia.

sabato 16 novembre 2019

L'omaggio silenzioso dei musicisti

I Mandolinisti Bustesi per la piccola Chiara. Tutta la loro arte, la loro passione, la loro solidarietà per una bambina che sembra essere volata via, ma torna fedele e bellissima nei cuori come una farfalla.

L'attesa, la magia, la promessa che risuona al Teatro San Giovanni Bosco, per sostenere l'impegno della  Casa di Chiara. E c'è da chiedersi se esista qualcosa di più commovente di questa orchestra storica della mia città che sa viaggiare ogni oltre frontiera, mentre prende i suoi amati strumenti e offre note per la bimba che ci ha cambiato la vita.

E poi sì, scopro che c'è. I musicisti depongono gli strumenti. La voce viene ora consegnata interamente al pianoforte, perché possa riempire l'aria, l'aria di Chiara la musica che la aiutava a stare meglio, come racconta papà Marco.

L'omaggio silenzioso dei Mandolinisti, tutti immobili tranne i cuori che battono forte.

Poi, riprendono in mano i fedeli strumenti e consegnano le ultime note al ritmo della vita.



venerdì 15 novembre 2019

Un momento perfetto

Ci sono io, sotto la tempesta, che quasi non me ne accorgo. E c'è chi applaude, chi si lamenta, chi ti viene incontro, chi ti lascia in mezzo alla strada, chi ti raccoglie.

Questa manciata di comportamenti, di azioni o reazioni si perde nella prima nebbia, non riveste molta importanza.

Perché ci sei tu, che mi attendi, e i tuoi occhi sono la prima promessa di un momento perfetto.

Il momento perfetto, sei già tu.

giovedì 14 novembre 2019

Nei giorni più freddi

Nei giorni più freddi, quelli dove il gelo dei ricordi si appiccica all’aridità umana.

Cerchi di scaldarti con lampi di cuori addormentati. Poi un amico ti aspetta oltre l’aspettabile, la piazza già buia di pensieri. E noi tre brindiamo, così ribelli da amare.

Nei giorni più freddi, stiamo vivendo, ancora.

Under pressure - canzone per il risveglio

Quel ritmo ossessivo, prima di liberarsi, mi assicura che non possiamo farci niente. Più potente delle parole, come solo la musica sa essere, ripete che un meccanismo ci sta stritolando.

Fino a quell’urlo quasi di gioia, che strappa ogni alibi.

Chi ci mette tutta questa pressione addosso, dentro?

Noi.

E più facile è la risposta su chi ci può liberare.

Under pressure, canzone per il risveglio, Queen and Bowie

mercoledì 13 novembre 2019

La vita cambia ogni giorno. Come una canzone

Ci sono canzoni che ti appartengono, a maggior ragione sfuggendoti. A volte, interi album. Ne ho portato uno in questi cassetti, di anno in anno, e stasera si riaffaccia con un nuovo volto a undici anni dal momento più devastante della mia vita.

Quando fu pubblicato "Out of control", c'era una canzone che ero indecisa se detestare o adottare a slogan di vita. Peter Criss usciva dai Kiss, io non volevo lasciarlo andare anche se poi sarebbe entrato nel gruppo quel batterista unico - anche nella rara umiltà - di nome Eric Carr.

Ma l'album che Criss consegnò a volto nudo, era troppo carico di suggestioni per una ragazzina. By myself, da solo, ripartire ancora. E poi - proseguendo tra i brani - sentire, sentire che devi lasciar(ti) andare. E ancora, diagnosticare quello che serve anche quando suona paradossale: essere fuori controllo per governare la vita, quella vita che finalmente inizia. Perdersi per ritrovarsi, sempre.

Nelle ore che mi incatenano più dolorosamente nel ricordo alla partenza di mio padre, queste canzoni mi rincorrono e faccio fatica a riconoscerle, o a riconoscermi.

Perché il tempo non è più dalla mia parte, ma ho voglia di ripartire, ancora. E non posso più dire, come affermava Peter Criss, che ho atteso a lungo. Perché Dio sa quante volte sono ripartita lasciando i facili traguardi: aspettare, non è stato mai il mio forte. A volte, incrocio gente che dice: potessi anch'io. Ma non ho potuto: l'ho voluto, pagando il prezzo.

Davanti, avevo una guida, un padre al quale tanti hanno detto ciò che non era in grado di fare. E lui l'ha sempre fatto, mandando giù stanchezza e dolore, tanto che persino io non me ne sono mai resa conto fino in fondo. E' un esempio bellissimo e terribile: perché quando hai un padre così, è chiaro che non sarai mai alla sua altezza. Che lui non è solo insostituibil, è pure inimitabile. E poi ti svegli e capisci che non puoi affatto imitarlo. Non devi. Non perché non lo ami abbastanza, ma perché lo ami tanto.

Poche ore fa, una persona cara di famiglia colpita da un lutto a sua volta ha descritto mio padre così: un uomo straordinario, al quale la vita ha cercato di togliere troppo, e lui si è ripreso tutto con gli interessi. Un bambino che non poteva camminare da solo, ha viaggiato per tutto il pianeta.

Io non sono come lui: sono nata con una sorte più benevola, la vita poi mi ha tolto altro. Ma quello che ho potuto, me lo sono ripresa. Quello che ho voluto, ancora di più.

E ogni giorno, come Peter Criss cantò 39 anni fa, ogni volta si può ripartire, con le proprie forze. La vita, per quanto si sia addentrata nel sentiero del tempo, ricomincia ogni giorno. Cambia, come una canzone. Non importa se accanto a te, lo capiscono: tu stai camminando e ti stai costruendo il tuo miracolo.

Proprio quando ti dicono che non potrai mai fare qualcosa, è il momento di farlo.


My life
It's gonna mean somethin'
My life
It's gonna be that way

I've been trying so long
Wasting time
There's so much that I want to do
There's so much that I got to do

domenica 10 novembre 2019

La moneta dei giorni

C'è una spesa che ha una moneta sonante. Moneta che però non si conta.  
Mentre sta per infuriare la pioggia di novembre, riprendo in mano il libro della mia famiglia e lo stringo a me.

Avevo riposto nel cuore, il più profondo del cassetto, la frase di don Carlo Gnocchi a un amico: devo spendere bene i miei giorni.

Pochi o tanti, non viene precisato, perché nessuno di noi può fare un budget di alcun tipo. Un investimento alla cieca, e quindi coraggioso.

La moneta dei giorni, non si conta. Eppure tu sai che devi spenderla bene. E quando apri il borsellino e non trovi più niente, forse allora sei più ricco ancora.

giovedì 7 novembre 2019

Scuotere forte la vita

Felicità è provare a fare qualcosa che non eri capace neanche di pensare. Scuotere forte la vita e vedere che ne esce. Anzi non ti fermi neanche a osservare, perché stai pregustando qualcosa di nuovo.

E quando capisci che esplorare di continuo è ciò che ti fa vivere, ti trovi avvolta dalle tue abitudini più autentiche, dall’amore di casa tua che ti aspetta e ti mette al riparo dalla pioggia che pur ti ha fatto gridare di gioia.

Scuotere forte la vita, e assaggiarla senza timore. È così che ogni giorno ti senti più vivo.

Ps con un grazie a Milena, Ale ed Enrico.


mercoledì 6 novembre 2019

Ed è già casa

Corro gustando esperienze fantastiche, ma non posso nascondermi la stanchezza.

Amo Milano, la sento vibrare, solo che ho bisogno del mio piccolo mondo e del suo tepore. Agguanto un taxi per arrivare al treno, salgo e stasera qui si parla solo di calcio.

Ma quando parliamo di me e della mia città, il tassista si illumina: «Io ho giocato nella Pro Patria, settore giovanile!».  E mentre corre la strada, si popola di nomi e ricordi. Quasi perdo il treno, ma non può succedere perché lo so...

È già casa. Io sto arrivando.

martedì 5 novembre 2019

C'è tutto il tempo

Un giorno, un uomo che sa di dover andarsene, ti rivolge questa frase: c'è tutto il tempo. E tu sei tentata di credergli, mentre si racconta, ti incoraggia, ti affida i suoi ricordi.

Poi un silenzio e un messaggio che non porta la sua firma (ma in fondo, o meglio nella vita, sì) ti sbattono in faccia che non è così. Che il tempo non c'è, per nessuno di noi.

E tutto il buio è ficcato dentro la sera, finché apro la porta di casa. Il lampo di un sorriso, un brivido di calore e quell'orologio sul muro mi sembra addormentato.

C'è tutto il tempo per amarsi, per leggere, sbadigliare. Per combattere la commozione mentre scrivi, per rimproverarsi e perdonarsi.

C'è tutto il tempo per vivere, anche quando sembri già volato via.

lunedì 4 novembre 2019

Vicino a treni che non partono

C’è chi attende cadaveri sul fiume, chi attende treni che conducono lontano.

Io, quando sono nella mia valle, mi siedo sulla panchina vicino a treni che non partono. I miei sogni, li faccio camminare sulle mie gambe. Ma adesso mi riposo qui, all’ombra della ferrovia dimenticata tranne che dall’erba e dal sole.

E il silenzio trabocca di vita.

domenica 3 novembre 2019

Scorte di vita

A volte impari qualcosa che non ti serve a niente - ti ripeti, con il broncio - poi spunta fuori all’improvviso. Con quel sorriso inconfondibile che urla: io ci sono.

L’accarezzi e ha già la forma di una soluzione, o di un brivido di gioia.

Scorte di vita, che metti da parte anche ignara. Tu non stai ad aspettarle, ma loro attendono te.

venerdì 1 novembre 2019

Sorridendo al tempo

Cerco spesso di precedere il tempo, correre avanti e nascondermi dietro un angolo ad attenderlo. Come in un gioco ragazzino.

Ma lui, ha sempre la meglio. Parto prima, bevo il caffè con un amico prima, faccio ciò che devo assieme ciò che voglio. Arrivo in un altro luogo ancora, per immergermi in una storia di persone speciali. Poi verso la nuova meta, dove sto per arrendermi e so già che il tempo mi annienterà.

Invece, a  un tratto sento un fruscio, mi giro e dietro l'angolo vedo che mi aspetta il tempo, come in un gioco ragazzino.

E io sorrido, sorrido forte, mentre lui già corre avanti. Non mi sfiora la tentazione di inseguirlo. Sorridendo al tempo, aspetto che torni.

giovedì 31 ottobre 2019

Scomode

Nella mia valle si sono preparati alla notte delle streghe. La cagnolina e io siamo andate a respirare il verde umido la mattina e l'abbiamo trovata: una strega, su una catasta di legno, pronta a dissolversi.

La cagnolina si è turbata e le ha ringhiato. E io, per la prima volta, mi sono quasi sentita più saggia di lei: guarda che quella è una povera strega, sono gli umani il pericolo.

Una strega, quella che hanno perseguitato ieri, oggi e domani. Tante streghe, esseri fragili e scomodi. Persone che non potevano difendersi, spesso donne. O erano perverse, o matte, o non c'erano nemmeno definizioni per loro, immerse nel silenzio.

E anche oggi, che pensiamo di poterci difendere o - peggio - di  non averne affatto bisogno, provano a puntare il dito.

Così scomode, da essere vere.

Questa è la notte delle streghe e la mia valle ride, balla, ma conosce la verità: scomode sono coloro che provano a salvare un pezzetto di mondo, e sempre cercheranno di bruciarle.


mercoledì 30 ottobre 2019

Lo sguardo in gabbia

Ero festosamente in osservazione di animali liberi, che non osavo disturbare neanche con un respiro.

Tutti li vedevano, anche più di me. Poi ho visto una gabbia: dentro, c’era un animale. E uno sguardo.

Era una nutria, mi è stato detto, e verranno a prenderla.

Ma io sono folle abbastanza da tenere dentro di me quello sguardo, perché lo conosco. Lo conosciamo.

Quello di un animale in gabbia, come spesso noi.

martedì 29 ottobre 2019

Sconosciuto sotto gli occhi

Per anni hai una persona sotto gli occhi. Ti sembra di sapere tutto di lei, magari perché ti accoglie ogni giorno sulla soglia oppure perché è grande, tanto grande più di te. Perché indossa una divisa scura o perché sorride quando passi.

Ma solo quarant'anni dopo, la guardi dentro gli occhi e dentro le sue poesie, dentro i colori che avevi solo intuito, e capisci che era uno sconosciuto. Che non sapevi come avesse lasciato il suo paese, le incertezze, le paure, la fede. Che la sua valigia di cartone non l'avevi mai vista, né in fondo lui voleva che tu, bambina, conoscessi anche questo.

Sconosciuto sotto gli occhi, quell'uomo che chiamavi bidello e di quel titolo è giustamente fiero. Adesso coltivi un'unica certezza: che ti stava insegnando la vita con il suo silenzioso esempio.


lunedì 28 ottobre 2019

Sii uomo (a chi)

Sii uomo. Mi ricordo ancora quella frase rivolta in tono tutt'altro che imperioso da mio padre, la prima volta che mi trovai in ospedale. Io rintracciai dentro di me la voglia di ridere: «Se fossi uomo, non sarei in questo reparto». 

E noi abbiamo riso come ragazzini, né uomo né donna. Due persone, fragili e testarde. Padre e figlia, senza barriere innalzate da luoghi comuni.

Sii uomo. Quante volte l'ho sentito dire a una donna, anzi neanche tanto scandire a voce alta, ma sussurrare.

Perché ai miei occhi sii uomo è una frase ontologicamente infondata. Sii uomo, ovvero abbi coraggio.

Sii uomo, a chi. Quanti uomini hanno la forza di dire ciò che pensano. Di pagare per ciò che fanno. Di mostrare le loro ferite senza vergognarsene. 

Quanti commettono una scorrettezza e ficcano la testa sotto la sabbia. Pensano di essere degli dei del calcio perché scrivono banalità da una vita e se vedono una donna che fa il loro mestiere, vanno oltre.

Perché sono spaventati. 

Io conosco molti uomini spaventati, ma sarò sicuramente sfortunata. Perché io sono donna. E non ho voglia di fare processi a un genere o all'altro. Non ne ho neanche il tempo, perché sono un po' impegnata di questi tempi, ma rimedierò.

Voglio solo scrollarmi via i luoghi comuni e ridere, ridere in faccia a chi tenterà seriamente di dirmi: sii uomo.

Sii uomo. A chi.

domenica 27 ottobre 2019

La casa d’autunno

Più casa che mai, mi indica l’autunno. Tornando in città, basta un balenare del viale a spazzare via il nostro affanno. Gli alberi si rincorrono fino a perdersi sullo sfondo. E questo autunno che scintilla di ricordi estivi, mi dice: bentornata.

Il viale, un mormorio, una casa che ti abbraccia portandoti via dal mondo.

venerdì 25 ottobre 2019

Se volessi insegnare

Superati i cinquant'anni, sviluppai un vago senso di intolleranza a sentirmi dare lezioni.

Io adesso qualcosa potrei insegnare. E allora, ferocemente mi misi a imparare.

Senza prendere lezioni.

Volevo un grattacielo

Volevo un grattacielo, per guardare il mondo dall'alto in basso. Adesso rimango senza fiato, ma voglio scivolare a terra. Scorgere le ultime, ostinate rose appiccicate a una chiesa, percorrere la strada dagli odori sferzanti e perdermi, ancora una volta. Perché sulla superficie ti smarrisci sempre.

Voglio un grattacielo, una torre, qualcosa costruita dall'uomo. Te lo gridavo sempre, papà, mentre accarezzavi i tuoi fiori.

E adesso che guardo dal trentanovesimo piano, ammiro in silenzio e poi so una cosa sola.

Che voglio scendere, tra le rose, gli odori, la gente. Voglio scendere a capire se tutto ciò che ho visto, sia vero. 

giovedì 24 ottobre 2019

Morbide scale

Nella vita costellata di scale di Gotham, incontri anche morbide scale. Le avvolgi con uno sguardo e  si allenta la fatica.

Anche se non conti i gradini, anche se ti sei appena lasciata alle spalle la pioggia e ne rechi le tracce. Accarezzi con gli occhi scale morbide e sali con un soffice silenzio di gratitudine.


martedì 22 ottobre 2019

Dieci anni fuori dai cassetti

Quando tiri fuori i tuoi scritti dal cassetto
Mai, papà. Non mi interessa. 

Scrivere per me era altro: scrivere oltre la cronaca, attingere da ciò accadeva dentro di me e non fuori. Né mi importava che ciò uscisse. Anzi.

Finché ci fu un patto, un patto neanche segreto, fra me e mio padre. Lui si sarebbe messo a scrivere, il titolo era già pronto prima del racconto grazie all'intrepida azione del nonno Giannino all'inizio del Novecento. E quel libro sarebbe uscito.

Quando il nonno prese per il naso il Re.

E mío padre Nino ha scritto, scritto. Di quel gesto, della sua famiglia, di sé e del suo viaggio con i telai in tutto il mondo. Poi, un giorno ha posato la penna. E ha atteso che la prendessi in mano io. Che lo completassi, quel libro, mentre lui tifava da lassù.

Ecco perché questa data la metto a fuoco così: il 22 ottobre di dieci anni fa. Con una locandina, un giorno più volte benedetto: il compleanno di nonno Giannino, la prima presentazione  di questo libro scritto da me e papà, a pochi metri da dove venne alla luce proprio Giannino e da dove era stato a lungo  barbiere. E se don Gnocchi ci riporta al 25 ottobre, data della nascita, il processo sul miracolo si aprì qualche giorno prima.


Non potevo negare a mio padre e a tutta la famiglia la gioia di poter stringere quel libro: se chiudo gli occhi, rivedo i volti intensi e commossi. Alcuni, oggi non li posso scorgere più.

Ma da allora, ho dovuto anche tirare fuori dai cassetti tanti pensieri e qualche altro libro. Io che starei dichiaratamente rifugiata in un bel faro, come asseriva fosse suo sogno anche papà, mi trovo qua fuori, con le parole che non sono più mie. E anche se questo significa spesso avvertire il tonfo del vuoto nel cuore, anche se nei cassetti entra la polvere del tempo, li lascio spalancati alla speranza di un altro passo, un'altra storia.

sabato 19 ottobre 2019

Le foto che non vedrai

In questo sussurrare testardo della pioggia si perdono i contorni di una foto. Era in bianco e nero, senz’altro. L’autore senza che io lo sapessi, ne ha prodotte molte altre e tutte le conosco.

Ma quella foto che mi ha preannunciato, no. L’ho pregustata in questi mesi, mentre lui la cercava negli archivi così lontani nel tempo. Adesso però, proprio in queste ore, lui è volato via.

Penso che c’è solo una foto che ho desiderato di più: quella della mia bisnonna Serafina, la letterata di casa. Mi sembra così assurdo che proprio il suo volto bello e fiero non ci sia arrivato.

Ma forse è proprio questo il punto. Forse le foto che non vedrai, sono quelle che già hai stampato dentro.

Questo signore che tante volte ha catturato mio padre con la sua macchina fotografica, prima di volare via mi ha visto entrare al suo capezzale. Destandosi, ha pronunciato il mio nome, e ciò che con altrettanta potenza mi definisce.

- sei la figlia del Nino.

Proprio come le ultime parole di mio padre: sei una figlia.

Le foto che non vedrai, sono già dentro di te.


venerdì 18 ottobre 2019

Esisto (oltre Joker)

Joker, il pugno allo stomaco di cui avverto ancora il dolore. Quello che ti impedisce di ragionare, perché manca il fiato.

Ma una certezza - di quelle che ti fanno tremare la voce solo a provare a pensarle - si conficca nel cuore.

Lungo la vita, non importa quanti ti trattano come se non esistessi.

Tu esisti.

Io esisto. Nel buio di un cinema o nel sole di un giorno di autunno, respiro.

giovedì 17 ottobre 2019

Blu da far male

Certi giorni a Milano il cielo è così blu da star male. Angeli e altre figure coraggiose lo sostengono.

E quasi vorrei tendere una mano.

mercoledì 16 ottobre 2019

Anche la luna si ritrae

In fondo alla via, la luna si è rifugiata. Enorme eppure spaesata, sulla scia dei volgari lampioni.

E con i suoi occhi tanto inesistenti quanto veri mi grida tutto, in una scia di ribellione.

L’indifferenza su un marciapiede che corre su un marciapiede della metropoli, dove in silenzio chiede  un uomo privato delle sue gambe.

In Sardegna la clinica veterinaria Duemari oggi mi parla di Tenerezza. Perché con lei si può provare a vivere.

E poi in fondo al mare, più buio della via, una mamma addormentata con il suo bimbo per sempre.

In questo mondo, insopportabile, anche la luna si ritrae. Magari per trovare un po’ di speranza dentro di sé.

martedì 15 ottobre 2019

Waterfall - canzone per la notte

La gente cammina dentro il corso d'acqua dei tuoi pensieri, senza accorgersi nemmeno.

Vanno e vengono, gli umani, nella vita propria e in quella altrui. E quando si trovano nelle cascate, affondano e si rialzano con la medesima inconsapevolezza. Anche quando senti l'acqua, l'acqua gelida, non puoi capire se ti stia salvando o dannando.


Waterfall, Wendy & Lisa, canzone per la notte

domenica 13 ottobre 2019

Il sole dentro

Sei in viaggio affamata di casa, dopo un giorno pur esaltante di esperienze. Ti dovresti fermare per il profumo del pane, pregusti ciò che porterai oltre la soglia della tua dimora e i sorrisi che si accenderanno.

Invece, ti incatena anche il profumo del sole, davanti alla panetteria. Quella promessa di giorno nuovo, a cui non riesci a fare l'abitudine. E con un pizzico di orgoglio ti dici che sì, il sole ti blocca qui, alla sua corte, ma se ne sei così attratta è anche perché lo senti dentro. 

Un nuovo giorno in cui nascere, un giorno in cui essere vivo. Un canzone degli anni Settanta ti solletica il sorriso. E anche se qua e là i brividi continuano a morderti, non puoi negare di avere il sole dentro.

sabato 12 ottobre 2019

La luna che posa i suoi sogni

Il cielo è tutto suo, un manto che la luna si getta sulle spalle con noncuranza. Ma poi la vedo sfiorare foglie immerse in una luce rosa. Come a testarne la resistenza per appoggiarsi o forse posarvi i sogni.

La collina che sprigiona la storia e il coraggio di una famiglia, non ha ancora voglia di riposare ed esplode di musica e festa. E la luna ci sembra girare attorno, prima dominatrice e poi bimba curiosa.

La luna che posa i sogni per una manciata di istanti e noi che li abbiamo smarriti lontano dal
Cielo.

venerdì 11 ottobre 2019

Se io ho da mangiare

Sulle rive del lago, una nonna mostra timidamente la sua arte. Magnifiche borse, confezionate con foglie. Le chiedo dove le venda e lei accenna alle bancarelle qui e là. Finché confessa riluttante, che non vuole ricavarci qualcosa.

Lei così dà da mangiare a bimbi lontani, grazie a un prete. La sua pensione, è bassina. Ma c'è anche quella del marito. E poi non è neanche quello il ragionamento.

«Io ho da mangiare, penso a quei piccoli che non ne hanno».

Se io ho da mangiare, sento il grido di fame là fuori. A patto di saper piegare la schiena, di addentrarsi in un campo a recuperare le foglie prima di lasciar brillare la propria arte silenziosa.

Se io ho da mangiare, devono mangiare tutti.

giovedì 10 ottobre 2019

L’infelicità senza desideri (in)comprensibile al liceo

Stasera mi scorre dentro tutto un libro, e una vita. Perché al liceo la mia lingua preferita era il tedesco e Peter Handke mi fece entrare senza paura, in quel fiume di brividi.
Stasera ho sobbalzato, perché ero convinta che il Nobel fosse stato assegnato da un pezzo a lui. Anche se lo ripudiavo, anche se talvolta era scomodo, pure per le mie solenni convinzioni.

E stasera, tra le sue opere, mi divora “Infelicità senza desideri”: in tedesco, ogni parola schiude sentiero che nella mia lingua si inaridiscono. Sua madre e ogni origine della Vita.

Racconta ciò che scava alcuni, e troppi. Tenta molti. Lascia indifferente i più, perché non capiscono che può sbranare tutti.

Quell’infelicità bastarda che nasce perché non hai più desideri. Al liceo ti rassicurano: non puoi capirla. Ma puoi fare di peggio: intuirla. Puoi avere una marea di sogni e trovarti a nuotare tra la sabbia. Non perché tu sia peggiore o migliore.

Perché tocca a te.

Infelicità senza desideri: incomprensibile da contratto al libro, invece no: e il Nobel a colui che te l’ha indicata.

mercoledì 9 ottobre 2019

Il momento perfetto

Fruga pure nell'enciclopedia o in diavolerie meno accreditate, nel manuale della vita o in chissà cos'altro: cercando un'ombra di definizione del momento perfetto.

Non è quando stai bene, quando tutti capiscono gli sforzi che fai e tu i loro, quando l'armonia a cui hai lavorato a fatica regge davvero. Perché c'è un tu di troppo, che poi sarebbe un io.

No.

Un piccolo grande amico, vive un'esperienza straordinaria e tu la senti, la guardi, vibra dentro di te. Accanto a lui, altre persone che questo istante lo meritavano tutto.

E ti rendi conto che sì, questo è il momento perfetto.

Quello che non dimenticherai mai. Si rifiuterà di finire dentro l'enciclopedia o il manuale della vita, ma vi volerà attorno sempre con un sorriso dolcemente ribelle.

Perché i momenti perfetti non si lasciano intrappolare, soltanto vivere.

lunedì 7 ottobre 2019

Una scorta di valore

C'è buio, buio sulla città. E forse sui pensieri. Io devo compiere una commissione rapida, con una delle persone conosciute grazie a un uomo buono che mai ho conosciuto eppure mi ha cambiato la vita.

Ritirare un'informazione e correre verso la mia meta. Ma lui mi dice: ti accompagno fino a lì. Lo faccio correre in quel buio, che però adesso si sfalda.

Respiro tanta solitudine attorno, sguardi che si perdono, vuoti nascosti. Ma io ho una scorta, una scorta di valore. Un uomo generoso che sta pensando a come fare felici delle persone apparentemente senza libertà, isolate da una giungla di profondi prigionieri. Un uomo che non dimentica nemmeno un amico, non un uomo buono che è dovuto volare via. E si prende cura dei legami che gli ha lasciato.

Anche una donna che ha visto poche volte e alla quale ha affidato i suoi preziosi ricordi una volta. Ma da allora la chiama ogni tanto, indaga come sta lei, la sua famiglia, i suoi sogni.

Una scorta di valore e il buio ora si è sciolto tutto.

domenica 6 ottobre 2019

Il ponte degli operai (o la fatica di chi costruisce)

Nella mia valle ci siamo imbattuti nel ponte degli operai. Bisogna percorrere ignari un tratto nel bosco e sperare, pregare di non rimanere nel buio per sempre.

Figo dirlo a ottobre, ma chiudo gli occhi e mi trovo a gennaio. I brividi, i piedi che sentono i morsi del ghiaccio con scarpe di fortuna. Il fango si fa duro, ogni passo maldestro. Il fiume ruggisce vicino e sembra dentro di te.

Questa la sorte di chi costruisce finché non vede un ponte: il fiume ora si lascia domare e osserva da sotto il passaggio gentile.

Il ponte degli operai, non sente i mormorii di chi è intento a dividere. È la salvezza di cui pochi si accorgono, se intenti non sono a compiere il proprio dovere.

sabato 5 ottobre 2019

Instant Aida (per sempre)

E' solo quando arrivo a Busseto, che lascio scivolare il tempo. Ho combattuto contro i ritardi pretestuosi, anche quelli del traffico. Io ho una missione da compiere e tutti si mettono di traverso, mi dico: è proprio quella giusta.
Instant Aida: viverla, assorbirla, rilasciarla. Rispettare un impegno non scritto e poi forse raccontarla. O meglio, raccontare un frammento di giornata dedicato solo a me, al piacere di vivere e di scoprirsi.

Rallentando

Tutto è cominciato due mesi fa e molto prima. Un viaggio nel Piacentino, che invitava a fermarsi. Noi varchiamo anche il fragile confine e incontriamo il paese natio di Giuseppe Verdi. Quando torno a casa, non riesco a togliermi dalla testa il festival di Parma e decido così che sarei andata a Busseto, al cospetto dell'Aida. L'avevo promesso a mio padre tanti anni fa, o meglio lui me l'aveva chiesto e io non avevo risposto. Da poco avevo scoperto l'opera. Ma tra noi era così: le parole non dette contavano persino di più.

Aida, la magnificenza, il grande per eccellenza. E io so che il teatro di Busseto è un gioiello minuscolo. Ma non importa, so che quella sarà la mia Aida. Che poi è questo il senso: voglio andarci da sola, partire dopo il lavoro, tornare la mattina presto per prendermi cura di tutte le esigenze di famiglia.
Una manciata di ore, tuttavia, sarà solo mia. E quando sono in coda, già alle prime tracce di Milano, l'ansia mi afferra alla gola e mi fa quasi desistere. Ci arrivo lo stesso, a Busseto, mezz'ora prima dell'opera sono al bed and breakfast. Il Trovatore, mi accoglie Michele e mi invita a respirare.

- Ma come, sarà già aperta la biglietteria, sono in ritardo.

- No, non è in ritardo, adesso aprirà ed è a pochi minuti da qui.

Io lo sento già, che il tempo ha cambiato ritmo, che questa Instant Aida sarà per sempre. 

Il cielo a poco a poco

Il teatro mi sta aspettando, come il tramonto, a pochi  metri dal parcheggio. Quando afferro il biglietto, prendo il fiato per salire al loggione, ma un signore mi ferma: guardi, salga in ascensore con me, io scenderò al primo piano, lei al terzo. 

Obbedisco e mi incasino com'è nella mia indole, o meglio in quella che conosco meglio, per trovare il posto giusto. Per un attimo mi affaccio e penso che se tenderò una mano toccherò il soffitto e il cielo. Le persone chiacchierano e anch'io mi trovo coinvolta in questo vortice buono, mentre i musicisti accordano e il sipario non accenna il minimo movimento.

Mi porgono anche un complimento: «Lei arriva così, dorme poche ore e domani all'alba riparte? Lei è una donna attiva, complimenti». Forse dovrei dire che le donne sono spesso così, ma raramente per se stesse: per questo raramente vengono sgamate. Ma sono tutti pensieri che possono attendere.

Verdi sta per dire la sua, lui che in questo teatro mai avrebbe messo piede: Toscanini sì, però, una lapide lo ricorda.

 La trama e le parole raccontano la forza delle donne, anche le loro cadute, e la devozione incredibile del condottiero. Ma nessuno sa parlare quanto la musica. Nel primo atto già le lacrime mi tentano, per la sua coerenza dolorosa. In quello finale, il distinto signore accanto a me mi rassicurerà: guardi che tengo qui i fazzoletti per lei.


Come a casa


Qui provo qualcosa che in altri teatri non avevo ancora percepito. Qui occhi e orecchie sono concentratissimi, ma si coglie anche una leggerezza che è familiarità. Sì, mi sembra di ritrovarmi a quei tavoli di un tempo, dove si conversa guardando un programma speciale alla tv. La Marcia trionfale accentua questa sensazione: il punto in cui tutti ci ritroviamo con impeccabile sintonia.

Solo che qui muore Aida, e il suo amato, e quella tomba in cui si trovano rinchiusi vivi, inchioda lo sguardo.

Rifiuto il pacchetto di fazzoletti: io voglio piangere libera.

Perché sono come a casa, anzi a casa. Piango per le vittime e colei che si è trovata carnefice, ora disperata. Piango delicatamente, chiedendomi perché io abbia atteso tanto per esaudire quello che mi pare un voto. Me lo suggerì mio padre, sento che veniva ancora prima, da mio nonno e dalla sua fedeltà alla Scala e qualsiasi teatro poi che gli offrisse le amate opere.

E la risposta viene da queste terre e dai loro gesti misurati: perché questo era il momento giusto.

Una pizza veloce dopo l'opera, mi consente di scoprire tante storie speciali affidatemi dal signore distinto. Quando andiamo al parcheggio, ci avvediamo che le nostre auto sono praticamente parcheggiate a fianco.

Capisco che papà si è presentato a modo suo, all'appuntamento

Tornando al mio ritmo

Ho detto a Michele che sarei ripartita alle sei, quindi non potrò salutare. Il fatto che l'abbia ritrovato al bar del teatro mi conferma quella sensazione piacevole di poco prima: qui è come se fossimo a casa e ciascuno deve svolgere più incombenze perché tutti siano felici.

Il rammarico, che mi perderò l'alba. Infatti, l'oscurità fruga ancora in queste terre. Quando lambisco la Lombardia, la campagna sull'altro lato dell'autostrada ha un brivido sotto la veste di nebbia. Vi nascondo sotto la Marcia trionfale e mi affido al canto di Radamès.

Celeste Aida, forma divina… il tuo bel cielo vorrei ridarti.

E il cielo si è rischiarato, io riconosco i contorni di casa senza sentire il bisogno di accelerare. Come quando ero la discola  musicale della famiglia, cambiano però i ritmi. Bon Jovi si insinua e mi ricorda perché è raccomandabile compiere questi gesti, sussurrati e potenti per noi.

It's my life, it's now or never.

Ma è solo quando arrivo sotto casa mia, che mi offre un po' di leggerezza Steven Tyler. Semplicemente:
…life happens for a reason
I don't, I don't, I don't, it goes, I never went before
But this time, this time I'm gonna try anything that just feel better
Fare qualcosa che ti faccia stare meglio, anche minuscola, come il palco del teatro di un luogo magico. Allora tutto ti appare grande, e senz'altro lo è: come la vita. Tanti cercano di chiudere i tuoi sogni in una tomba, di farli morire vivi: ma semplicemente perché non ne hanno. 
Invece eccoci qui, a compiere piccole cose per stare bene. E Instant Aida consegna questa visione, che non sta rinchiusa neanche nel teatro più grande del mondo.
A noi si schiude il cielo.
***

Aida, 4 ottobre 2019, regia di Franco Zeffirelli. Direttore Michelangelo Mazza. Pochi nomi, per ringraziare tutti.
Burcin Savigne,Denys Pivnitsky, Maria Ermolaeva.