mercoledì 31 luglio 2019

Meno male che scrivo (tutto o meno)

Una persona cara che vuole districarsi nei tempi moderni, mi confida:

- meno male che scrivo tutto.

Prima di annuire meccanicamente, mi dico:

Meno male che scrivo meno.


Addio pagine inondate, le parole camminano con la vita. E talvolta sorridono rimanendo indietro.

lunedì 29 luglio 2019

Il gigante e la bambina

Ci sono fortune che siamo troppo piccoli per ricevere. Io quarant’anni fa stringevo la mano ad Angelo  Borri.

Quella foto, come quel premio (il Villa dato a un folto gruppo di ragazzini) sono rimasti rispettivamente in un album vergato da mio padre e in uno scaffale. Poi, un po’ di dettagli diventano sostanza.

Quel sindaco di Busto Arsizio si chiamava Angelo Borri e abitava a poche centinaia di metri da noi. Un uomo che ho conosciuto a poco a poco e mai abbastanza. Nell’articolo che ricopiai nel diario c’era pure Nino Miglierina, quasi a farmi vedere la strada che avrei intrapreso da giornalista.

Solo oggi, in occasione dei cento anni della nascita di Borri (proprio come la sua e nostra Pro Patria ricordo in un articolo http://www.varesenoi.it/2019/07/30/mobile/leggi-notizia/argomenti/opinioni-1/articolo/la-generazione-che-ha-bisogno-di-angelo-borri.html) riprendo in mano quel libro. Dentro c’è una cartolina che mi invita a diffondere con il mio sorriso la gioia di vivere ed essere buona. Non so chi l’abbia scritta.

So che il volume si spalanca al capitolo sesto.

Noi non intendiamo di dar giudizi: ci basta d’aver dei fatti da raccontare.

Quasi a ricordarmi con più vigore come avrei dovuto fare il mio mestiere e chissà quante volte (non) ci sono riuscita.

Allora dopo aver scritto un articolo, dopo aver fatto la giornalista oggi, apro un cassetto di Malu. Dentro, c’è questa foto.

Il gigante e la bambina, che stenta ancora a imparare. Un gigante così grande, da non far sentire piccola una ragazzina.



domenica 28 luglio 2019

Ho perso il tempo

Inseguo il tempo per non perdere tempo e poi mi sembra di vederlo scivolare via come sabbia.

Un giorno mi avventuro così vicino da smarrirmi nelle distanze del tempo. Luoghi che parlano a bassa voce, perché hanno qualcosa da dire, mi invitano a sostare.

E lo faccio, non senza sussulti, perché non sono più abituata. Mi fermo e osservo un velo di calma che su tutto riposa. Si danno il cambio incontri di sapori, finché sobbalziamo quando balena l’ora.

Oggi felice di aver perso il tempo, senza perdere tempo.

venerdì 26 luglio 2019

L’abbraccio che racconta tutto

Arrivo per salutarti, leone che vecchio mai è diventato. Tutti i tuoi sogni ragazzini sembrano posarsi sulle mie spalle stanche.http://www.varesenoi.it/2019/07/24/mobile/leggi-notizia/argomenti/busto/articolo/buon-viaggio-gian-pietro-eri-un-leone-che-ruggiva.html

A quello che chiamano addio, io ascolto l’ultima preghiera. Forse, riesco persino a cantarla.

Fuori dalla basilica, non riesco a muovere più un passo, ma guardo l’abbraccio che racconta tutto. Che c’è un senso e sempre ci sarà, anche dentro il nostro dolore.

Quello dei familiari dell’uomo che aiutò Gian Pietro a dimostrare la sua innocenza. Sotto questo sole che tutto, troppo rivela, io vedo un filo di luce che discreta ci indica la via.

Buon viaggio, Amico.

giovedì 25 luglio 2019

Nuovo mondo antico

Sfuggo di malavoglia alle promesse del web, di un mondo che mi assicura che possiamo scegliere. Alla stazione trovo metà treni cancellati e sul mio sedili di pelle come mezzo secolo fa. Una manciata di persone e un uomo che si aggira barcollando con una lattina.

Quando devo scendere, devo tirare maniglie immense che sembrano decise a sfidarmi. Un’altra stazione dove trovo umanità ferita e che non sta in piedi o forse non sa dove andare. Uno dei City Angels con dolcezza prova a convincere uno di questi uomini a sedersi, così la testa non girerà più.

Fuori dallo scalo è deserto rovente, io devo andare a salutare una persona speciale conosciuta trent’anni fa e riferimento di vita.http://www.varesenoi.it/2019/07/24/mobile/leggi-notizia/argomenti/busto/articolo/buon-viaggio-gian-pietro-eri-un-leone-che-ruggiva.html

A pochi passi nel centro sta iniziando lo shopping serale, ma nel tempio civico si avvicinano alcuni passanti per il tempo di una preghiera. Mi avvolgono i ricordi, tanto più quando arriva un amico che si mette a parlare di quei tempi, di quando iniziai a lavorare e a sferrare sguardi al mondo.

Ci viene voglia di una rimpatriata, mi spinge a fare delle telefonate per salutare vecchi amici comuni. I vigili fanno il cambio di turno alla camera ardente, li saluto, uno in particolare: con lui feci la prima pattuglia notturna una marea di anni fa.

Non è un piccolo mondo antico, è un nuovo mondo antico, un mondo che si perde eppure forse non cambia mai.

Doppia o sola identità

Oggi mi è accaduto per la prima volta: al Campus Party non ho dovuto registrare solo me, ma anche il mio computer.
Come se fossimo due persone. Come se avessi una doppia identità. Anzi Unica perché abbiamo lo stesso codice.E allora penso a quante altre ne possiedo.

Ho scattato la foto per rendermi conto che la realtà è questa. Poi ho avuto un impulso irresistibile: coprire le cifre con cui era registrato il pc, prima ancora di scoprire che erano le stesse.Come a tutelarne la privacy, in un mondo dove troppa ne ho regalata della mia. Come a dirgli: almeno tu salvati.

Ho attraversato il tempo oggi in fiera, ho scoperto tanto, anche un promemoria: che tutto non posso contenere, del futuro che corre avanti. Già reggo a fatica il passato.

Intanto ho una doppia identità e mi porto dietro la seconda come una tartaruga il suo guscio: solo oggi ne ho avvertito il peso più insistente. Quello virtuale.

mercoledì 24 luglio 2019

Quando perdo pezzi di me

Mi alzo un giorno determinata e rapidamente perdo pezzi di me.

Un leone che è rimasto in ogni sorte con me, a insegnarmi tanto a partire dalla conquista più importante: la fiducia. http://www.varesenoi.it/2019/07/24/mobile/leggi-notizia/argomenti/busto/articolo/buon-viaggio-gian-pietro-eri-un-leone-che-ruggiva.html

Da qui vago in un deserto con pochi riferimenti finché mi raccontano che Rutger Hauer non c’è più, è così la salda confusione tra un uomo e un ruolo.

Anch’io a volte penso di aver visto cose che gli uomini neanche hanno voluto sbirciare.

Poi dritta dal mio passato trovo una bambina che è fiera del suo lavoro e ugualmente fiera della sua vacanza, libera nel mondo.

Quando l’ho conosciuta, era una minuscola principessa, mentre ora mi appare una regina.

Lei mi saluta radiosa, come se fosse ancora ieri. E penso: quando perdo pezzi della mia vita, ritrovo una principessa che mi spinge avanti con un sorriso.

martedì 23 luglio 2019

(Non) solo notizie

Quando torno la notte nella città in cui sono nata, anche professionalmente, ho troppo tempo per pensare.

Svincoli, viali e poi strade più discrete mi osservano ricordandomi tutte le notizie che per me non erano solo notizie. Erano persone e sono grata (fiera denoterebbe un eccesso di merito) di averle sempre considerate tali, cercando di porre un velo dove potevo o di pensare anche solo che potevo scrivere di me.

In un viale un pensiero mi rincorre più veloce degli altri. Un palazzo che mi è rimasto conficcato nella memoria, per un fatto di almeno 15 anni fa. Non dovevo scrivere nulla, mio padre entrò in sala operatoria per subire un intervento all’occhio e noi aspettavamo, tese. Con noi c’era una coppia in attesa, anche il marito doveva sottoporsi all’intervento. Era un signore gentile che sapeva cos’era non poter correre, fin da piccolo, come papà. Si parlò e ci dissero dove abitavano.

Scappò via una battuta infelice sulle cose peggiori che possono capitare nella vita, rispetto a un intervento all’occhio e lei pianse. Entrambi ci raccontarono del lutto che avevano subìto.

Non le ho più riviste.

Ma  da più di 15 anni, quando passo da quella strada nel cuore della notte mi vengono in mente quelle due persone gentili e composte, che un giorno ci rivelarono quel dolore atroce. Nel buio, quel dolore mi sembra quasi protetto.

Non è un articolo, non sono notizie, sono persone. E io credo di conoscere solo persone,  che  ne debba scrivere o no.

lunedì 22 luglio 2019

Un lieto fine non lentamente

Un giorno si affaccia una creatura che credevi lenta, invece sfreccia nel frammento di giardino. Non è casa sua, ma tutti le vogliono subito bene.

Perché forse alla sua corazza non crede nessuno.


La vediamo fragile, in una dimora straniera; tutti temiamo sia abbandonata. Poi facciamo i detective con i vicini conosciuti veramente grazie ai nostri cagnolini. E con questo lavoro di intelligence riusciamo a riportare la tartaruga a casa, dove la stavano cercando mestamente.

Cosa impariamo da questa storia, be’ qualcosa provo a dirlo qui.

1 che spesso noi umani ci parliamo grazie agli animali 
2 che a volte una passeggiata non va interpretata come una fuga 

3 e che un lieto fine può arrivare non lentamente. Specialmente quando di mezzo c’è una tartaruga. 

domenica 21 luglio 2019

I piccoli ne sanno di più

Incrocio una bimba minuscola, la sua bicicletta con le rotelle la mostra ancora più piccola e fragile. I suoi codini biondi si muovono appena, concentrati a combattere le paure, in apparenza.

Pedala con una serietà da adulta, ma al contempo con una leggerezza che non so ritrovare andando indietro nel tempo.

Accanto a sé, il babbo che veglia con garbo. E un signore la incrocia e scherza: stai attenta a non andare troppo veloce, che ti ferma la polizia.

Lei si blocca e lo guarda con un'ombra di perplessità. Io penso che questo sia un concetto un po' troppo impegnativo per una bimba piccola, che sta viaggiando con la bici e le sue fide rotelle. Lei invece lo scruta e butta fuori questa frase: ma poi mi mettono in gattabuia?

Quest'ultima parola sembra rimanere conficcata nell'aria, io non so da quanto tempo non la sento. Mi appare un'espressione di altri tempi, chissà dove l'ha sentita questo essere da poco sulla Terra. Però mi fa sorridere, sorridere forte, e penso: guai a pensare che un piccolo non capisce.

Un piccolo ne sa sempre di più. Anche sulla bici con le rotelle. E ti conduce lontano, con un sorriso.

venerdì 19 luglio 2019

Il giorno che non vidi Buzz Aldrin

Visto che non posso arrivare alla luna, guardo i volti di coloro che vi hanno posato il piede o l’hanno incontestabilmente vista più da vicino, 50 anni dopo.

Alla tv, sui giornali. Persone che hanno pensato prima alla squadra, senza soffermarsi sulla fama. Buzz Aldrin è qui, ha viaggiato nel tempo oltre che nello spazio. Il secondo arrivato, che non poteva non entrare nelle mie pagine.
http://www.nomosedizioni.it/tag/importanza-di-essere-secondi/

E ripenso a un paio d’anni fa, a una domenica in cui feci una deviazione impossibile verso Milano ufficialmente per seguire un convegno: c’era lui tra i relatori. Ammetto di essermi portata dietro il libro per farmelo autografare.

Giunta precipitosamente lì, chiesi al desk a che ora parlasse.

- non viene, è stato cambiato il programma.

Al posto di Buzz Aldrin c’era quella che dovrei definire una influencer.

Il giorno che non vidi Buzz Aldrin, mi parve che mi avessero tolto anche la luna.

mercoledì 17 luglio 2019

Avanti e indietro nella vita

Non ho bisogno di lampade e restauri primordiali, figurati se mi interessano app per invecchiarmi.

Avanti e indietro nella vita, non vado. Ho solo il presente tra le mani. Un giorno in cui ho ascoltato tanto, non troppo, a maggior ragione se attendevano parole mie.

Perché ci ho provato, a pronunciarle, ma poi mi sono fermata ad ascoltare, imparando da ciascuno. In quel momento forse sì, ho maledetto la mia età, pensando che ho tanta voglia di imparare, tanta  in quantità devastante, rispetto alle briciole di tempo di cui disponiamo.

domenica 14 luglio 2019

Dentro la meraviglia

Ti alzi sopra i tuoi limiti per guardare le meraviglie del creato. Cortina si stende placida, senza sottomissione alle montagne.

Avvicinandoti al rifugio Faloria, ti incuriosisce un sospiro del sole tra le vette. Non è un raggio d’oro, ma proprio un respiro. Tu stai a fissarlo aspettando che si espanda ancora.

E ti senti un po’ come la ragazza di Stairway to heaven, convinta che tutto ciò che brilla sia oro. Dentro la meraviglia, ne trovi altra ancora. Inesauribile, più ancora del tuo desiderio. Forse una scala per il cielo.

sabato 13 luglio 2019

Mi fido di voi

Sgangherata la mia fiducia nell’umanità, a partire da me. Refrattaria a chiudermi nei confini di un pianeta, figurarsi di un Paese.

Poi alla festa del Pro Patria Club arrivate voi, ragazzi, con la vostra naturalezza persino quando ufficialmente dovreste recitare. Il caro Danielino che anno dopo anno mi sta insegnando a chiudere gli occhi e riaprirli davanti a un sogno, e tutti gli amici, guidati con la fermezza dell’amore nell’associazione Insieme è bello.

Mi sembra che la bandiera riprenda colore e l’inno non sia mai stato così sferzante.

Ho gli occhi illuminati di commozione, perché mi fido di voi, semplicemente.

giovedì 11 luglio 2019

Fossi a Roma

Fossi a Roma, chiederei a tutti, persino a me, di abbassare il cellulare. Di fermarsi a guardare Fontana  di Trevi.

Non per dimenticarsi di esistere, neanche per ricordarlo.

È che quando ti fermi e respiri di fronte a qualcosa di antico e profondo tanto da arrivare a te, non hai più stupide difese.

Fossi a Roma, anche solo per un’ora, io saprei cosa fare 


Mi fermerei 

martedì 9 luglio 2019

Paesaggi in movimento

Sarò una vagabonda dell’anima, per cui mi incanto dei paesaggi in movimento. Il tempo di guardare uno scorcio, ed è già mutato. L’estate minacciata dalle nubi e i riflessi dei vetri che vi giocano.

Un attimo dopo, non saprai più che troverai. Quale paesaggio della vita. Eppure, anche quando scende il buio, tu lo senti: c’è qualcosa che si muove e tu ti metti in viaggio, ancora, per non perderlo.

Vagabonda dell’anima. .

lunedì 8 luglio 2019

Il tempo di un libro, il tempo di un sogno

Il libro che mi aiuterà (a continuare) a cambiare la vita, è lì chiuso e caparbio. Alla fine pregusto il mio prossimo viaggio per pensare a lui.

Un tempo mi sarei indispettita di fronte a tanta attesa, adesso quasi la pregusto.

Le sue pagine sotto le mie dita, che scorrono con una strana disciplina. Forse riuscirò ad addormentarmi, sfinita di felicità.

Il tempo di un libro, il tempo di un sogno. Il tempo della vita, ancora.

sabato 6 luglio 2019

Mi darò qualcosa

Stasera dopo 21 anni un lampo in casa: la luce più grintosa in cortocircuito, che strano effetto.

Lo sguardo si sposta al cellulare, ai tanti messaggi non letti.

Gente che divide e pretende, a cui dico addio senza andare in cortocircuito.

Gente che cortesemente chiede di far ragionare.

Una persona cara che chiede di illuminare, anche.

Persone inaspettate che ti sussurrano: grazie di aver scritto di quel tema, ti prego vai avanti.

A volte sento di aver dato tutto, a volte niente. Facciamo che stasera, oggi, domani mi darò qualcosa. Per poter dare ancora.

mercoledì 3 luglio 2019

Basta una parola

Uno dei misteri del dialetto per me è come riesca ad abbracciare in una sola parola ciò che si vuole dire. Anche quando dentro c’è un universo.

Stamattina con il mio maestro e un altro poeta di livello elevato, parlavo della nostra lingua. E di ogni lingua. Perché ciascuna ha una parola che qualcun altro non può costringere. Pochi giorni fa ero in Veneto e ho accolto uno di questi termini.

Insverdegà. Che significa - mi hanno spiegato con pazienza - sporcarsi ruzzolando nell’erba. Tu ci stai ancora pensando e i tuoi abiti si sono già gioiosamente sporcati di verde.

Basta una parola, nella tua lingua.

martedì 2 luglio 2019

Tornerò in qualche modo

Il tempo sta scivolando via, ma la fine della strada, non la vedo mai. Forse perché ho gli occhi chiusi, ascoltando la mia musica.

Qual è la mia musica? Quella che mi ha tenuta straordinariamente viva, fin da bambina. Quella che ho detestato, persino, in alcuni momenti. Soprattutto, quella che quando avevo poco più di dieci anni, per caso, mi ha preso per mano e mi ha condotto in un universo strano, stranissimo. Abbagliava di colori, ma sotto era così sincero.

I miei compagni di scuola mi regalavano "Unmasked": l'inizio della fine. Io, che neanche potevo truccarmi molto per allergie varie, mi trovavo catapultata in un mondo sempre più ampio e accogliente.

Sono stata a diversi concerti dei Kiss. L'ultimo a Torino, aveva già una punta di nostalgia che però si faceva domare dalla felicità. Verona, forse il più memorabile.
No, il primo, a sedici anni, a Losanna: roba che sarei scappata di casa, se continuavano a ripetermi di no. Penso che papà l'abbia capito e per una volta ha ceduto lui… I Kiss senza trucco in Svizzera: ancora più plateali.

Perché a me quello importava: la musica e ciò che mi trasmettevano. Si può essere trasgressivi, senza stordirsi. Si può perdere la testa, con i piedi per terra. Ho seguito e seguo tanti gruppi da allora, ma i Kiss sono qualcosa di più di una band. Sono la dedizione, l'ostinazione (cercansi tutti i critici degli anni Settanta che li deridevano), sono il lavoro e il sacrificio, la parte meno visibile, non meno vera. Ciò che amo più di loro, non fa rumore e non è sgargiante.

Adesso a Milano arriva la tappa italiana dell'End of the Road e io non ci sarò. Non posso. Forse non voglio. Sono grande e voglio rimanere piccina.

Allora canto una canzone che mi ha sempre accompagnato nella vita, in particolare quando dovevo salutare qualcuno: mi ha dato forza e speranza, ogni volta. Ha più di quarant'anni e l'ha firmata Paul Stanley.

Goodbye.

Addio… è solo per adesso. Perché io tornerò, lo giuro, in qualche modo.

Certo, Paul, io sto ascoltando la musica. A occhi chiusi.

lunedì 1 luglio 2019

Ascoltando con Quirino

Conosci qualcuno da sempre. Te ne convinci. Rivedi il primo incontro, quando ti avviavi sulla strada del giornalismo e frugavi tra Comuni piccoli e umani, che ti portano anche lontano.

Quirino Quisi era così: un uomo radicato nel suo territorio, che mi parlava però di Brasile e dell’impegno per i più poveri anche in altre terre. L’ho ritrovato diverse volte nella mia vita, medico anche a fianco di persone care e fragili, psichiatra, uomo di cultura e molto altro.
Ma adesso lo ritrovo qui, tra le pagine raccolte con la dedizione e la tenerezza di sempre dalla moglie Rossella Semplici.

I racconti di Quirino – medico dell’anima.

Combattendo la malinconia dei ricordi, mi metto in viaggio con lui. Anzi, prima di tutto salgo sul treno da Busto a Milano e lo vedo immerso in un’azione che me lo dipinge benissimo: ascolta. Con attenzione, curiosità che non è morbosità e senza verdetti in tasca: giudicate voi! Queste ultime due parole, le fa scivolare durante l’osservazione e non so persuadermi se sia un invito a farlo davvero oppure quasi una provocazione, perché i giudizi sono così lesti a uscire tra la gente, che non facciamo in tempo a fuggire, se lo vogliamo.

La malinconia che citavo, la trovo anche in lui, ma non è arrendevolezza. Si unisce ad esempio alla voglia di riavere un paese dove si esce di casa e ci si saluta, non ci si chiede: chissà chi è questo che attraversa la mia strada.
Chissà chi siamo noi, Quirino. Me lo chiedo, mentre scrivi a Papa Francesco, come a un padre più che a un pontefice, nonostante quella “T” maiuscola.  Perché sì, gli dai del tu e nel ringraziarlo, nell’invitarlo a rimanere accanto a noi, ti firmi semplicemente così: Tuo Quirino.
E quanti  volti si incontrano e raccontano la fragilità, la diversità che – ricorda Quirino – è ricchezza.

Quanti sentimenti anche contrastanti, suscitano gli altri, suscitiamo in noi stessi.

La paura di morire, specialmente quando hai già avvertito quella fitta al cuore,
E d’altro canto, «l’impellente bisogno di tralasciare tutto, di partire e fuggire via, per potermi sentire nuovamente vivo».

E poi ancora volti, molti di donne, la dignità dell’amore che dà loro luce senza gridare. Quante ne incontro, quante persone, mai personaggi. Mi stupiscono alcuni racconti, mi sbilanciano, mi fanno dire: non può essere Quirino.
Poi basta una pennellata, un aggettivo, una frase che prende voce oltre la pagina e lo rivedo: assorto e impegnato a occuparsi degli altri. Ad ascoltarli, prima di tutto.

Ne poso due qui, sottovoce.

Eppure, in Etiopia, non ho mai visto una persona lamentarsi.

E quella magica in un momento terribilmente autentico, con una donna che la vita fa divenire di nuovo bambina.

Si doveva, forzatamente ritornare nel mondo delle fiabe.

E allora non c’è altra cura, nessun’altra risposta se non la tenerezza. La stessa che mostra Rossella nel porgere questo libro e farne un mattone per costruire sempre “Casa Quirino”, perché chi è fragile possa contare ancora sul suo aiuto.





“I racconto di Quirino – Medico dell’Anima” a cura di Rossella Semplici, Bonomi Editore.