Anche se ci sono cresciuta, sul fiume, se l'ho vissuto con le prime gite tra le braccia di papà, non so se questo basti ad esaurire le ragioni di una simbiosi che avverto dentro di me e che mi avvolge.
Mentre accoglievo trepidante qualche giorno fa l'immagine del Ticino, come se lo vedessi per la prima volta, mi rispecchiavo fino a fondermi ancora una volta.
Perché io, sono un po' un fiume.
Ora svuotato, ora in piena. Perennemente in viaggio eppure dannatamente intrappolato in un percorso che non ho scelto io. Scavarlo, non mi rende più libera: accresce solo il dolore.
Eppure, libera sono in qualche modo.
Di camminare nelle mie scarpe, di stringermi nella mia ricerca senza annullarmi, di non prendere ordini insensati, di scrollarmi via con una risata parole assurde che chi non vuole conoscere butta addosso - tipo oggettivo, evidente, la verità, la realtà, insomma orrore puro -, e di piangere, piangere forte come solo un fiume sa fare.
Radunando le lacrime mie e di tanti rivoli del mondo, trattengo il fiato finché uno sguardo buono mi ridà il respiro, un angelo mi asciuga il volto con i baci, penso che non posso fermarmi.
Non posso fermarmi, sono un fiume. Che lo voglia(no) o no.
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