Giornate travolgenti, roba che neanche un goccio di Talisker (sorry, I'm not a real man tonight, with ice please) riesce a trasformare in base per il sonno. Allora, come un avvertimento, sullo schermo si stampano due parole: Bette Davis. Un fremito e sai già che sarà una lunga notte, per cui speri almeno che ti attenda solo un film, mica una rassegna: altrimenti chi ti stacca più?
Auspicio realizzato, peccato però che la faccenda sia per cuori particolarmente robusti: arriva non Bette Davis, bensì due.
Lei dolce, troppo buona, provata da una vita di sacrifici e dalla subdola arte dell'altra. Anche l'altra è Bette Davis: egoista, avida e superficiale. Sono uguali sullo schermo, eppure gli sguardi sono opposti. Bette Davis eyes, la canzone ti rimbomba nelle orecchie.
Quegli occhi ti incatenano, e ti riportano a film lontani. In cui era innamorata, crudele, tenera, agguerrita. O a film più recenti, che però ormai hanno assunto il sapore della distanza temporale: vulnerabile, impietosa, spaventata, pericolosa. Agnello o tigre, non ha importanza.
Guarda, anche Christian sta seguendo "Chi giace nella mia bara". Sarei pronta per una rassegna ora, pescando fin dai primi passi, quando era seducente, se lo voleva. Altro che "fascino di Stanlio e Olio", come qualcuno aveva sentenziato all'inizio.
Sono gli occhi di Bette Davis che ci stanno seducendo, incastrando, togliendo il respiro. Commossi dall'agnello, allertati dal guaguaro, in fuga dietro a un cuscino per la tigre: siamo qui per loro. Sono gli occhi che non si vergognano di rivelare la loro età, e per questo sono così straordinari e avvincenti.
La plastica non è ancora arrivata e ci sentiamo proprio bene. Guarda, la Bette Davis assassina, che era così buona, sta accarezzando un cagnolone che odiava la Bette Davis ricca e svogliata: l'animale riconosce il cuore. Noi riconosciamo i suoi occhi, così capaci di cambiare, e di restare irrimediabilmente se stessi.
Quante Bette Davis, per una donna unica.
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