Ormai da 2 anni mi trovo impreparato all'incontro delle persone care.
Cullata da parole non mie, chiudo il cassetto del 2021. Sono state scritte da uomo di una cultura e una sensibilità rare, che 12 anni fa ha infuso fiducia e pazienza a una cronista abituata a bruciare tutto in poche ore. Quando lei gli ha consegnato le pagine del primo libro che voleva pubblicare, ricevuto in gran parte dalle mani del padre.
Nel vortice favorevole che condusse alla pubblicazione di "Quando il Nonno prese per il naso il Re", se dovessi però nominare una persona chiave dovrei indicare lui. Non lo faccio apertamente, perché tra gli aspetti che più mi colpisce di quest'uomo, c'è la riservatezza. Lo vedevo chino a curare i minimi dettagli, senza temere le emozioni, accarezzando in particolare le pagine dove affiorava la fede dei miei avi e dello stesso mio papà, con la gratitudine a don Carlo Gnocchi.
Il caso strano è che quest'uomo, lo conoscevo da sempre: ci eravamo senz'altro visti diverse volte quando ero piccina, per una contiguità che rende la storia del nostro libro ancora più speciale. Eppure non ci siamo mai parlati fino a quando sono giunta alla soglia dei quarant'anni, con l'idea di togliere gli scritti dai cassetti partendo da quello più importante per me.
Non è un lungo preambolo, bensì un doveroso grazie a chi con poche parole, talvolta con un cenno, ti svela tutto. Anche la sensazione che ti divora dentro e a cui non sai offrire alcuna definizione, il che forse contribuirebbe ad attutirla.
Di mese in mese, rimando parecchi incontri. Quando la pandemia sembra sonnecchiare, in qualche caso quest'attesa si è spezzata. In altri, no, per timore della fragilità di persone così care.
Sicuramente, le feste prima rappresentavano un turbinio, anche sfibrante: o meglio i giorni prima, quando ricordo che correvo dai parenti e dagli amici, avevo l'ansia di dover arrivare dappertutto pur con presenze minimaliste. In questi ultimi anni, quello che percepivo come "il problema", è venuto meno. Specialmente in questo Natale che ha imposto ulteriori allontanamenti.
Ma ce l'avrei poi fatta? Ecco che mi si accosta quella frase: mi sento impreparata... Mi sono resa conto anche che dietro quelle corse sfrenate per accontentare tutti, raramente ho reso felice qualcuno, quasi mai me stessa. Avrei dovuto scegliere: così mi trovo a ripensare alle Vigilie di Natale, come a quelle di un anno e della Vita.
Si fa strada, con calma ammirevole e finora sconosciuta, sempre più la stagione delle scelte. Del lasciare indietro e del recuperare. Del chiudere le porte appena appoggiate e dello spalancare le finestre.
Dentro tutto ciò, avverto anche il bisogno di sentirmi preparata a incontrare le persone care. Per celebrare al meglio la mia ricerca di saggezza, oggi ho preso in mano ancora "Topolino". In una tempesta che minaccia naufragio, si cita il "parlontano" e io sono corsa a cercare il significato.
Che sforzo inutile, quando leggo nel fumetto «Solo le navi reali hanno i parlontano a bordo».
Allora penso che ci siamo: abbiamo perso tanto, troppo, anche con la pandemia (non possiamo attribuirle certo tutte le colpe, visti gli anni e gli atti da cui proveniamo). Ma la vita è una nave reale e almeno abbiamo un parlontano, lo voglio tirar fuori in questo 2022 con decisione. Non si tratta di un cellulare, quello piuttosto ci ha divisi più che mai. È qualcosa che conosci fin da piccolo, di cui magari non ti sei mai accorto, che al momento giusto però si è offerto ai tuoi occhi e alla tua anima, che ti ha convinto a fare ciò che dovevi e a scovare in te il coraggio.
È un volto, un pensiero che unirà per sempre. È l'amicizia - citazione cara al mio amico da sempre - «superiore a tutte le cose, poiché ci fa brillare innanzi una lieta speranza per l'avvenire e non permette che gli animi si scoraggino o si abbattano» (Cicerone).
Impreparati, ma con un "parlontano" sul mare del 2022 ci avventuriamo.