giovedì 23 dicembre 2021

Le ultime pesche sciroppate e il Natale che si fa cercare


Un anno fa, bevevo l’ultimo caffè natalizio con un uomo che era un padre per me. Lui, che aveva perso l’unica figlia, io che ogni giorno di più soffro per la mancanza di papà. Nei giorni prenatalizi, io ero impegnata nella caccia alle pesche sciroppate, il tipo che lo deliziava.
 

Quest’anno non devo cercare le pesche sciroppate. Riguardo i nostri messaggi: l’ultima sua parola, calvario. Quella più ripetuta, vaccino. Il vaccino per cui è stato in inutile attesa dopo l'apertura della campagna. Il mio “capo” - lo chiamavo così per farlo sorridere - non ha potuto sottoporsi alle cure. Un giorno, in ospedale non mi ha risposto più. 


Non è l’unica persona alla quale ho detto addio per il Covid. Ci sono tante immagini che scorrono in me: le mani che mi hanno dato i primi quaderni, gli occhi di un uomo che aveva avviato una nuova attività e mi descriveva i suoi sogni, il primo medico che da ragazza avevo intervistato, un uomo preciso e brillante con il quale abbiamo condiviso momenti luminosi nella mia Scozia. E altre, ancora.


Ora, io non sono un’ultrà della scienza. Filosofa per deformazione, prima che per formazione, credo che tutto possa essere messo in discussione: sono poi cresciuta a pane e Feyerabend. I dubbi fanno parte della mia vita, fino allo sfinimento. Ma ammiro gli scienziati, come chiunque studi e metta a frutto le proprie conoscenze per gli altri.


Questo, non riesco a mandare giù. La derisione, il "sotuttismo". La battaglia, persino questa sfida estenuante ella nostra epoca trasformata in un vuoto derby. 


Oggi più che mai, sento dentro di me l’eco di quel calvario del mio "capo". Sento il suo grido per il vaccino, mi riporta alla prima cosa che mio padre ha invocato per me quando sono nata: mettermi al riparo dalla polio che l'aveva così profondamente ferito.


Ma non voglio fare arringhe sui vaccini. 


Non è una gara a chi sa: l’unica cosa su cui questo virus dovrebbe averci dato robuste ripetizioni, è la nostra fragilità, di vita e anche conoscenza.  


Né c'è da ridere. C’è un calvario. Ma non ci sono, soprattutto, le pesche sciroppate: l'assenza più amara, in un Natale che mette alla prova, ancora una volta. Un Natale che si fa cercare anche da me, scossa nella mia debolezza, e in qualche modo lo troverò. Magari aiutata da una farfalla, anche solo dal sussurro del suo battito d'ali.

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