Nessuno si accorgerà che siamo io e te. Tutto attorno ci dovrà anche essere una festa, ma noi ci stiamo ascoltando. I nostri sguardi, che non si incrociano più, chissà come fanno a parlare ancora: se non ne sentissi il rumore, non ci crederei.
Novantanove anni fa, tutti a lamentarsi del tempo che fa le bizze, ma tu eri già nato nella tempesta e per quanto fosse impetuosa, era solo all'inizio. L'hai cavalcata, per arrivare fino a me. Per un po', ho fatto ciò che volevi tu, poi rigorosamente il contrario: mi sono resa conto tardi che così ti assomigliavo, ma tu l'avevi compreso già, forse con un brivido di timore Dove ci indicavano un limite, noi subito studiavamo come andare oltre, a costo di farci male.
Ma non dirmi che vuoi andare allo stadio
No, il concerto rock in Svizzera no
Mica vorrai davvero fare la giornalista
Ma non puoi andare a Marsiglia da sola!
Più me lo dicevi e partivo in quarta, allora hai optato per un silenzio prudente. Nessuno si accorgerà che siamo proprio simili. Che tu hai confezionato due o tre definizioni di me, capaci di catturarmi e liberarmi alla perfezione.
Sono proprio quella cosa lì.
Per me, tu sei semplicemente il mio papà. Quello che ha lottato tanto per arrivare a me e anche quando affermava di essere fragile, mi proteggeva con lo sguardo. Senti, senti che rumore che fa: adesso ne ho bisogno più che mai perché c'è un fracasso di odio e non senso, che neanche la mia musica urlante riesce a coprire.
Buon compleanno, papà. Novantanove di te.
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