Ogni giorno di vita sulla collina si apre con uno sguardo lì, dall'altra parte del lago. Vale per Willy e gli animali del bosco, vale anche per me. Quando si spalanca la finestra, se una volpe non ti ruba gli occhi e il cuore, ci si lascia scivolare fino alla Rocca di Angera e ai suoi pendii ricchi di bellezza e di esistenze silenziose.
Penso proprio a queste ultime, all'indomani dell'incendio che ha incupito la notte con una luce spaventosa. Quando divamparono i roghi in Sardegna, una delle immagini più dolorose fu quella delle creature che non poterono fuggire, e poi fuggire dove, che rimasero ferite e uccise, intrappolate nella furia delle fiamme e dell'uomo.
Il fuoco ora è piombato qua, su di noi, e le mani delle donne e degli uomini sono quelle che non si sono fermate mai, per strappare San Quirico a quelle fiamme.
Non sapremo mai quante piccole, anche minuscole creature sono scomparse. Quanto canto degli uccelli ci sarà tolto, alcuni animali poi non hanno voce, nemmeno volto perché escono con il favore della notte. Non sapremo mai quanto avremo perduto.
Così come mi ha trasmesso una sensazione duplice, l'immagine di piante bruciate dove alcuni rami si sono preservati nella parte superiore, con le foglioline verdi di primavera.
È difficile oggi indossare abiti di festa e speranza, con la sofferenza che ci brucia, lontano e vicino. Ma questo lago è casa mia e di troppe creature, per lasciarsi andare. Tiro fuori allora questa vecchia foto di arcobaleno sul lago Maggiore, i colori che si spargono con diligenza, a distanza della Rocca di Angera, come per timidezza o riverenza.
Ogni giorno di vita sulla collina è una benedizione, una carezza di sguardo, un atto di coraggio e gratitudine.
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