sabato 30 luglio 2022

Aiutandoci in tanti piccoli modi. Un balsamo e un privilegio, Patti

 

I giorni di amore e tormento, le notti di rock and roll: sul lago  Maggiore questi versi si riversano, scombinando i piani temporali. Il sole è gioioso dominatore di questa giornata e a pochi metri da me c’è Patti Smith. Una perla, questo incontro tra i concerti firmato sempre dallo Stresa Festival. Una conversazione con Roberto Calabretto al Palazzo dei Congressi di Stresa, con Paolo Maria Noseda che offre l’intensità del pensiero di Patti in italiano.

 

Ho qui con me il mio primo incontro materiale con lei, come un talismano quasi per darmi forza: perché lei non è ancora entrata sul palco e il cuore batte all’impazzata. Ho bisogno di credere che qualcosa, qualcuno ci possa liberare. Che possiamo cambiare qualcosa. Che c’è una sacralità troppo profonda per non poter chiamare una volta almeno tutti. 

Ah, il mio talismano: è la cassetta con cui il mio compagno di liceo mi consegnò con una sua solennità per farmi conoscere Patti. Io ero dura e stravagante, sotto un'apparente pelle esile, e accolsi quella musica con meraviglia.


Adesso lei è qui e non si tratta di una parentesi tra i due concerti a Verbania, è un’ora che si perde nell’infinito, in cui avviene ciò che Patti indica come fondamentale: si è connessi. È un’ora in cui vedi scorrere tratti del suo cammino. Quando le tirano arance e pomodori, da ragazza, e lei affamata raccoglie, ringrazia e mangia. Quando condivide i legami che le hanno trasmesso tanto, artisti, poeti, scrittori. Di oggi, di ieri, per sempre. 


Non aspettavo una rocker, ma una donna, una signora che sa ascoltare, parlare, sorridere, ringraziare e mandare saluti con le sue inquiete dita. Che mi parlasse di Pasolini, di Leopardi, della matematica bella e terribile e poi confessasse che se deve scegliere un libro, uno solo, è Pinocchio. Gli errori lievi, madornali, eppure la possibilità di redimersi, sempre.

Il valore del rispetto e poi la bellezza di rimanere curiosi che mi porta indietro, a quel giorno altrettanto indimenticabile con Elio Fiorucci.



 

Lei è un balsamo che mi cura in momenti biechi: dalla guerra all’indifferenza che confinano, lasciar uccidere un uomo a mani nude, permettere che muoia di stenti una bimba, sparare a un cane vicino alla chiesa di Padre Pio. Alla fine, esco ancora convinta che sì, la musica ispira ma noi possiamo cambiare le cose. Che la via è «helping one another in small ways». Che il progresso tecnologico può avanzare, ma c’è un’evoluzione reale, umanistica, che tocca a noi, che ci chiama sempre in quei minuscoli e irrinunciabili modi. Che, semplicemente, vivere è meraviglioso.


L’ho sentito per quarant’anni nelle tue canzoni, da quel giorno al liceo, Patti e oggi la tua voce mi ha offerto questa speranza anche senza le note, prima di congedarti per prepararti al prossimo concerto. 


 

Allora capisco, perché lungo il lago riecheggiano questi tuoi versi, perché mi riportano al titolo di quella canzone. È stato un Privilegio, una liberazione, ascoltarti e mi accompagnerà in ogni istante, buio e lieto.



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