Confesso: della finale dei Mondiali mi fregava poco. Due favorite, che cercavano di coronare un sogno, per carità, ma tutto sommato era così prevedibile che non riuscivo ad appassionarmi. La mia vera finale, l'ho vissuta la sera prima, con due squadre agli antipodi.
La Germania, pazzesco trovarsi a tifare per tedeschi irriconoscibili rispetto alla loro storia: primo, domina la fantasia. E poi la compattezza di una squadra così giovane. Ma ancora, lo spirito di questa squadra: davvero, terribilmente mondiale, perché porta i colori e la saggezza di tutto il pianeta.
Ma che dire dell'Uruguay, che ha scaldato i motori e i cuori, cogliendoli quasi di sorpresa. Brillano gli occhi limpidi e implacabili di Diego Forlan, calciatore grintoso, ma anche tenero quando c'è da sostenere una buona causa: prima di tutto, quella di chi non può correre come lui. Gliel'ha insegnato la tragedia della sorella, ancora più preziosa la sua reazione nel non lasciarsi abbattere dalla disgrazia. Sì, Diego non teme le sfide perché sa che ti rendono solo più saldo. E sa condividere, perché il premio di miglior giocatore dei Mondiali senza esitazioni l'ha offerto ai suoi compagni. E' consapevole del fatto che senza la squadra non si va da nessuna parte.
Germania-Uruguay, quante piccole lezioni di vita da due squadre e da una partita. Gioco genuino e appassionato, forse anche perché non c'era da perdere un trofeo, non incombeva l'ansia della prestazione a tutti i costi. Una semifinale in cui i tedeschi possono portarsi a casa comunque una medaglia e i sudamericani hanno visto il loro campione incoronato. Quasi un sogno, anche questo. Per ricominciare ancora più forti.
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