Ho commesso innumerevoli errori, il primo è stato cercare di restare bambina o tornare in quella condizione solo apparentemente immacolata, in realtà così intricata se la vediamo in ottica adulta.
Adesso, ti ho lasciato andare, bimba Marilena. Definitivamente, o così mi sembra, che di definitivo non c'è nulla nella vita.
Però, tra lacrime e sangue, ho provato a permetterti di volare via.
Non si può restare bambini, attaccati a ciò che sembra vincolarci in quella condizione. Che fortuna, ho usato il verbo giusto: vincolarci.
Io, invece, voglio cercare di essere libera e allora non posso tornare bambina. Voglio esserlo.
Voglio ascoltarti piccola Marilena (o Menamena o Malena o Mari come mi chiamavano i miei piccoli amici, Malu era troppo da grandi), perché ne sai più tu di me. Sognante, annoiata, generosa, egocentrica, dedita a uno o più sogni, pretenziosa. Accarezzare le onde, parlare con le volpi, scrivere storie per liberare il cuore, camminare scalza tra un filo d'erba e di apprensione, volere tantissimo un abbraccio e fuggirne, stringere un albero e lasciarlo libero, ascoltare i saggi ma non farmi dire da nessuno "so io quello che è giusto" (del resto, un saggio non lo farebbe mai) e molto altro.
Non si può restare bambini. Bisogna esserlo. Prendere sul proprio palmo se stessi minuscoli e ascoltare. Ci potrebbe essere un mondo che si spalanca: anche un solo sussulto sarebbe un terremoto buono.
Nessun commento:
Posta un commento