È tra i misteri della terra che mi hanno sempre suggerito un’ammirazione speciale. Il riso, che scandiva le campagne attraversate e a me care, lo sguardo che si perde ancora adesso quando incontra la distesa d’acqua, il lavoro silenzioso delle donne e degli uomini che è cambiato nel tempo, il chicco che prende calore e vigore. E più lontano, nei luoghi e negli anni: a Expo, lo stupore quando lo vidi maturare nel giardino verticale di Israele.
In questi giorni, a ExpoRice nuove suggestioni si sono aggiunte ad alimentare quello stupore muto. Nel Castello Visconteo-Sforzesco di Novara ho incontrato gli espositori con l’orgoglio del loro lavoro.
Io che cedo lo scettro (per un duraturo accordo non scritto) spesso in cucina per Sua Maestà il riso, questa volta ho sentito il bisogno di occuparmene. Di coccolarlo, stavo per scrivere: mi sono immersa nella preparazione del riso nero Artemide, che già con il nome richiama la capacità di evocare una bellezza, un senso più profondi. L'ho sentito così, che chiede più pazienza e attenzione, ripagando poi generosamente, come la natura.
La natura, tutta. Tra le bancarelle si affacciavano anche l’uva, le cipolle, altri doni della terra a cui l’uomo tenacemente collabora.
Ma poi l’arte si è alleata nello svelarmi questo mistero sempre nuovo.
Walter Cerutti, presentando il suo filmato con la presidente dell’Atl Maria Rosa Fagnoni (l'ente organizzatore della manifestazione con la Camera di commercio), ha detto una frase importante: «Prima non conoscevo il riso se non da consumatore».
Non si consuma più, si partecipa.
(Sof)fermandosi, tutto ha assunto una nuova luce. Come quella che mi ha incantata nelle opere del maestro Ignazio Lombardini: nei suoi quadri davvero sembra di camminare dentro, come gli scrive la nipote Mariolina. La magnificenza e il sussurrare della natura, bagliori e rossori fino alla nudità della stagione che cambia. “L’ora delle lunghe ombre” è la tela che mi ha fatto balenare dentro quelle sensazioni compresse nei ricordi, perché c’è sempre un tempo per congedarsi, per riprendere fiato e speranze. Chiudere una giornata faticosa, per riaprirne un'altra al cielo piacendo.
La terra, la campagna lo sa, anzi è lei a insegnarlo e noi incerti allievi.
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