Si vede che, in ordine, 1) invecchio 2) divento sentimentale (e potrebbe essere guaio collegato alla prima motivazione) 3) mi stavo terribilmente annoiando.
Ma una volta incassati tutti questi alibi, confesso. Ho rivisto per ben due volte Baricco nel video girato a Firenze. Baricco, che - mi perdoni - mi era venuto un pochino a noia. Lui che con pacatezza analizza se stesso e la sua non più giovane generazione, mi ha riportato ai quei giorni in cui ero sì, giovanissima, e faceva affiorare un modo differente di parlare di libri. Non pensavamo di cambiare il mondo, ma solo perché eravamo in altri affaccendati, e lo davamo già per scontato, il nostro potere.
Per un attimo, i piani del tempo si sono sovrapposti, tra malinconia che curiosamente solleticava una nuova grinta verso il futuro.
Vecchietta, sentimentale e così disperata per la noia da interessarmi di nuovo della politica: caro Baricco, grazie, perché un brivido varrà pur qualcosa.
Appunti di Viaggio di Marilena Lualdi Tra natura, dubbi e musica (Nature, music and doubts) (Questo sito si serve dei cookie per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookie)
lunedì 31 ottobre 2011
venerdì 28 ottobre 2011
Steven, come back
No, non voglio più vedere quella foto. E neanche sentire analisi o retropensieri sulla tua caduta: Steven Tyler delle mie brame musicali, voglio solo vederti tornare in splendida forma, fisica e psicologica.
Conta vedere che hai sempre voglia di scherzare (ma non con la vita, no more toxic twins or single, please), di lottare e di trasmettere questa tua ironia, arma per gestire meglio questa tribolata esistenza. Anzi, autoironia che è dote ancora più rara.
Quante volte mi hai sostenuto, con la canzone giusta al momento giusto, per farmi ridere oppure offrirmi consolazione. Ho imparato "dai folli e dai saggi", ho cercato di farlo proprio grazie ai tuoi suggerimenti, vedi?
Come back, Steven. And no more holes in our souls.
Conta vedere che hai sempre voglia di scherzare (ma non con la vita, no more toxic twins or single, please), di lottare e di trasmettere questa tua ironia, arma per gestire meglio questa tribolata esistenza. Anzi, autoironia che è dote ancora più rara.
Quante volte mi hai sostenuto, con la canzone giusta al momento giusto, per farmi ridere oppure offrirmi consolazione. Ho imparato "dai folli e dai saggi", ho cercato di farlo proprio grazie ai tuoi suggerimenti, vedi?
Come back, Steven. And no more holes in our souls.
mercoledì 26 ottobre 2011
Non ci sono più moto e auto di una volta
Per esorcizzare la tensione prepartita, leggo George Clooney. La villa a Como? Fu scintilla per un guasto della moto davanti al cancello.
Mi sovviene di analogo incidente raccontato qualche annetto fa da Savino Tesoro. L'acquisto della Pro Patria? Fu perché forò una gomma dell'auto vicino a Busto.
Io mi chiedo: ma con tutta la tecnologia bisogna arrivare comunque a sentenziare che non ci sono più moto e auto di una volta?
Mi sovviene di analogo incidente raccontato qualche annetto fa da Savino Tesoro. L'acquisto della Pro Patria? Fu perché forò una gomma dell'auto vicino a Busto.
Io mi chiedo: ma con tutta la tecnologia bisogna arrivare comunque a sentenziare che non ci sono più moto e auto di una volta?
martedì 25 ottobre 2011
Essere una barzelletta non fa ridere
Mi sono rassegnata a guardare un lampo di telegiornale, in questa lunga pausa. Avevo smesso dall'assassinio di Gheddafi - per me si chiama così, che piaccia o no - non perché avessi una simpatia per un dittatore autore di stragi e uccisioni senza fine. Semplicemente, questa fine mi chiariva ciò che avrei dovuto avvertire da tempo dentro di me.
Eravamo - o ci credevamo - la patria del diritto (per questo, immagino, accogliamo un dittatore sanguinario come un amico, poi ci alleiamo con altri contro di lui e stiamo vagamente zitti quando lo uccidono dopo la cattura). Adesso siamo la terra delle barzellette. C'è solo una fregatura, racchiusa in una preposizione: ridono DI noi, non con noi.
Per questo sconvolgo gli amici greci, ma sono convinta di ciò che affermo: tremo di più a vivere e lavorare in Italia, che non in Grecia. Perché là il senso del dramma è devastante, scalcia come un bimbo appena nato. Qui siamo fermi ancora al ridicolo.
Quante volte all'estero mi sono sentita riversare addosso i complimenti per la simpatia del popolo italiano. Se si andava in profondità, quanti poi ti facevano capire che però lavorare con noi destava un certo prurito, eco di un timore.
Ingiusto? Forse. Ma oggi vedo che ancora troppi hanno voglia di ridere, anche perché i loro privilegi non si sfiorano nemmeno. Ci sono brave persone che mettono in guardia, in ogni settore, penso persino in quello della politica e lo dice l'anarchica (pacifica).
Ma pochi sembrano ascoltarli. Forse perché siamo storditi dalla risata che scaturisce dall'ultima barzelletta. Ma quella barzelletta, finale e devastante, forse non ce ne rendiamo conto... rischiamo di essere noi.
Eravamo - o ci credevamo - la patria del diritto (per questo, immagino, accogliamo un dittatore sanguinario come un amico, poi ci alleiamo con altri contro di lui e stiamo vagamente zitti quando lo uccidono dopo la cattura). Adesso siamo la terra delle barzellette. C'è solo una fregatura, racchiusa in una preposizione: ridono DI noi, non con noi.
Per questo sconvolgo gli amici greci, ma sono convinta di ciò che affermo: tremo di più a vivere e lavorare in Italia, che non in Grecia. Perché là il senso del dramma è devastante, scalcia come un bimbo appena nato. Qui siamo fermi ancora al ridicolo.
Quante volte all'estero mi sono sentita riversare addosso i complimenti per la simpatia del popolo italiano. Se si andava in profondità, quanti poi ti facevano capire che però lavorare con noi destava un certo prurito, eco di un timore.
Ingiusto? Forse. Ma oggi vedo che ancora troppi hanno voglia di ridere, anche perché i loro privilegi non si sfiorano nemmeno. Ci sono brave persone che mettono in guardia, in ogni settore, penso persino in quello della politica e lo dice l'anarchica (pacifica).
Ma pochi sembrano ascoltarli. Forse perché siamo storditi dalla risata che scaturisce dall'ultima barzelletta. Ma quella barzelletta, finale e devastante, forse non ce ne rendiamo conto... rischiamo di essere noi.
martedì 18 ottobre 2011
Manic Street Preachers, talismano anti ex
Avete letto di quel tizio che ha "clonato" la macchina della ex e le ha procurato una marea di multe per limite di velocità superato? Confessiamo che tra amici abbiamo riso e abbiamo anche ammirato - perdono, un pelino - la fantasia di questo signore.
Prima di immedesimarci nella povera signora e di alzare i calici per l'eroe, il cavaliere che esiste in ogni storia, anche moderna: il carabiniere che ha creduto all'innocenza della donna, disperata per quel mucchio di punti che se ne andavano dalla patente.
A tutti quelli che non sono capaci di rassegnarsi, forse bisognerebbe far ascoltare fino allo sfinimento la canzone dei Manic Street Preachers (pure il video non è male): It's not war it's just the end of love.
Ma sì, cavolo, di guerre non ne esistono abbastanza? Quando un amore finisce, non è detto che debba iniziare una guerra. Cantiamoci su.
Prima di immedesimarci nella povera signora e di alzare i calici per l'eroe, il cavaliere che esiste in ogni storia, anche moderna: il carabiniere che ha creduto all'innocenza della donna, disperata per quel mucchio di punti che se ne andavano dalla patente.
A tutti quelli che non sono capaci di rassegnarsi, forse bisognerebbe far ascoltare fino allo sfinimento la canzone dei Manic Street Preachers (pure il video non è male): It's not war it's just the end of love.
Ma sì, cavolo, di guerre non ne esistono abbastanza? Quando un amore finisce, non è detto che debba iniziare una guerra. Cantiamoci su.
lunedì 17 ottobre 2011
Onore a Mina, regina antiplagio
I grandi non se ne approfittano. Che lezione, il gesto di Mina che via web cerca l'autore di un brano del suo nuovo cd: le era arrivato un nastro, l'ha arruolato nel nuovo album ma dal demo non si poteva risalire al creatore della canzone.
Embé, direbbero molti nel mondo arraffatutto: peggio per lui, tu approfittane, mica ti possono accusare di plagio.
Lei no. Lancia l'appello su Facebook e vuole rintracciarlo. La banalità del bene, certo. Mina si è "solo" comportata bene. Ma con tutto quello che viviamo, sentiamo e a volte certo esageriamo, Mina ci offre un balsamo prezioso per cui vale la pena ringraziarla.
Embé, direbbero molti nel mondo arraffatutto: peggio per lui, tu approfittane, mica ti possono accusare di plagio.
Lei no. Lancia l'appello su Facebook e vuole rintracciarlo. La banalità del bene, certo. Mina si è "solo" comportata bene. Ma con tutto quello che viviamo, sentiamo e a volte certo esageriamo, Mina ci offre un balsamo prezioso per cui vale la pena ringraziarla.
domenica 16 ottobre 2011
Mick (only) think pink
Nel video dei "Superheavy" si scatena una macchia rosa shocking. No, è lui o non è lui. Già, è proprio lui Mick Jagger.
Mick in completo elegantissimo, rosa. Un colpo al cuore in un universo meravigliosamente nero. Mick, lo sappiamo che sei giovane e birbante, ti prego: non devi dimostrarci nulla.
Pink, your favourite crayon, come canta il tuo rivale di labbra Steven Tyler? Tra l'altro, non alieno ai completini sgargianti.
Oh, come ti rivogliamo dark, Mick. Sembreresti ancora più giovane. Te lo assicuriamo. Basta pensare, in rosa.
Yours, almost faithful(ly)
Mick in completo elegantissimo, rosa. Un colpo al cuore in un universo meravigliosamente nero. Mick, lo sappiamo che sei giovane e birbante, ti prego: non devi dimostrarci nulla.
Pink, your favourite crayon, come canta il tuo rivale di labbra Steven Tyler? Tra l'altro, non alieno ai completini sgargianti.
Oh, come ti rivogliamo dark, Mick. Sembreresti ancora più giovane. Te lo assicuriamo. Basta pensare, in rosa.
Yours, almost faithful(ly)
mercoledì 12 ottobre 2011
La mia nuvola Simona
Esistono nuvole lievi che amplificano la luce o la rendono sopportabile, o ancora deliziosamente diversa.
Oggi vorrei tirar fuori dai miei cassetti i ricordi più belli di una compagna di viaggio ultratrentennale. Non siamo più precisi, dai... Siamo donne.
Oggi compie gli anni Simona e vorrei donarle il mondo. Mentre so che lei chiederebbe molto meno. Lei ha scritto l'anno scorso una meravigliosa favola dove c'era un peluche di nome Nuvola. Dietro, c'era la voglia, la necessità di restare un po' bambine. Oppure rischiamo di perdere molto di noi stesse.
La vita non ce lo permette sempre, ma dobbiamo lottare. Simo, tu sei uno degli esempi più straordinari per me, un riferimento e non te lo dico mai abbastanza. Ti ho conosciuta per i casi della vita - un banco di scuola - e sei rimasta accanto a me, nel bene e nel male. Con gli occhi sempre tesi a scoprire la bellezza della natura, come quando ci troviamo sulle nostre montagne. Ma sei capace di provare meraviglia quotidiana, anche nel cuore della città, quando al mattino vengono a salutarti gli uccelli canterini.
Tu combatti sempre, e non mi hai fatto mancare il tuo sorriso. Sono fortunate le persone che hanno amiche come te e che possono confidare su preziose nuvole.
Buon compleanno Simo e grazie di esistere.
Oggi vorrei tirar fuori dai miei cassetti i ricordi più belli di una compagna di viaggio ultratrentennale. Non siamo più precisi, dai... Siamo donne.
Oggi compie gli anni Simona e vorrei donarle il mondo. Mentre so che lei chiederebbe molto meno. Lei ha scritto l'anno scorso una meravigliosa favola dove c'era un peluche di nome Nuvola. Dietro, c'era la voglia, la necessità di restare un po' bambine. Oppure rischiamo di perdere molto di noi stesse.
La vita non ce lo permette sempre, ma dobbiamo lottare. Simo, tu sei uno degli esempi più straordinari per me, un riferimento e non te lo dico mai abbastanza. Ti ho conosciuta per i casi della vita - un banco di scuola - e sei rimasta accanto a me, nel bene e nel male. Con gli occhi sempre tesi a scoprire la bellezza della natura, come quando ci troviamo sulle nostre montagne. Ma sei capace di provare meraviglia quotidiana, anche nel cuore della città, quando al mattino vengono a salutarti gli uccelli canterini.
Tu combatti sempre, e non mi hai fatto mancare il tuo sorriso. Sono fortunate le persone che hanno amiche come te e che possono confidare su preziose nuvole.
Buon compleanno Simo e grazie di esistere.
martedì 11 ottobre 2011
Il Cristo Redentore e il mio grande Papà
Il numero protagonista adesso è 80, ma per me resta 222. Il Cristo Redentore - leggo - domani compie 80 anni, un avvio italiano nel mondo carioca visto che le prime lampade vennero accese grazie a Guglielmo Marconi.
Di quella statua e di quell'abbraccio meraviglioso che ti coglieva, sempre più vicino, ho sentito parlare a lungo, nella mia vita. E mai a sufficienza. L'ultima volta pochi giorni prima che tu ne andassi, Papà. Quando alle infermiere raccontavi dei tuoi viaggi, e sceglievi come Paese preferito il Brasile. Ma sì, con quel tuo sguardo birichino dicevi che lì c'erano le donne più belle. Però qualcos'altro illuminava i tuoi occhi in modo speciale e inafferrabile: il ricordo della scalata al Cristo Redentore.
Scalata, sì. Oggi è salita agevole, mi dicono, con i nuovi mezzi. Prima - e sicuramente in quell'agosto del 1965 - 222 gradini. Che tu hai affrontato senza batter ciglio, perché tu nella tua vita ti sei arrampicato dappertutto, con sforzi che mai ha fatto pesare e che pur devono esserti costati tanto. Arrampicato letteralmente. Non metaforicamente come si usa oggi, come si usa forse da sempre.
E forse non ti credevano capace di arrivare fino a là. Ma tu ce l'hai fatta. Perché - credo - il Cristo ti voleva a tutti i costi abbracciare e ti ha dato la forza. E perché tu, quella forza, l'hai sempre cercata.
Auguri a quella grande statua. E un bacio al mio grande Papà.
Di quella statua e di quell'abbraccio meraviglioso che ti coglieva, sempre più vicino, ho sentito parlare a lungo, nella mia vita. E mai a sufficienza. L'ultima volta pochi giorni prima che tu ne andassi, Papà. Quando alle infermiere raccontavi dei tuoi viaggi, e sceglievi come Paese preferito il Brasile. Ma sì, con quel tuo sguardo birichino dicevi che lì c'erano le donne più belle. Però qualcos'altro illuminava i tuoi occhi in modo speciale e inafferrabile: il ricordo della scalata al Cristo Redentore.
Scalata, sì. Oggi è salita agevole, mi dicono, con i nuovi mezzi. Prima - e sicuramente in quell'agosto del 1965 - 222 gradini. Che tu hai affrontato senza batter ciglio, perché tu nella tua vita ti sei arrampicato dappertutto, con sforzi che mai ha fatto pesare e che pur devono esserti costati tanto. Arrampicato letteralmente. Non metaforicamente come si usa oggi, come si usa forse da sempre.
E forse non ti credevano capace di arrivare fino a là. Ma tu ce l'hai fatta. Perché - credo - il Cristo ti voleva a tutti i costi abbracciare e ti ha dato la forza. E perché tu, quella forza, l'hai sempre cercata.
Auguri a quella grande statua. E un bacio al mio grande Papà.
lunedì 10 ottobre 2011
Tassisti, dalle fave alle lacrime
Il grande Nicoletti alla radio mi fa tornare indietro nel tempo, e nelle città. Oggi - mi duole ammetterlo - ho un rapporto spesso conflittuale con i tassisti, quando li vedo comparire nello specchietto retrovisore o a fianco. Perdono.
Allora, intingo il ricordo in due incontri mitici! Primo, a Roma. Torno dall'esame di giornalismo e mi raccoglie - quasi con il cucchiaino - un tassista che pregusta la festa del Primo Maggio. Mi interroga - aiuto - questa volta sulle ore trascorse, quale prova ho sostenuto e via dicendo... Quando scendo, mi mostra il bagagliaio traboccante di fave per il picnic. Come pegno di amicizia, me ne offre una e riparte.
New York, qualche annetto dopo. Ho un hotel nuovo di zecca, così nuovo, che il tassista, proveniente da zona extra Manhattan, non lo conosce. Gira, suda e dopo un eterno girovagare si blocca: in lacrime, confessa di non avere la più pallida idea di dove sia questo albergo. O meglio, mi dice il signore (sì, mica era un ragazzino): dev'essere da queste parti, ma non so raggiungerlo, la prego, scenda, prenda un altro taxi e non mi paghi, non lo merito.
Ricordo che ho dovuto fargli pat pat sulla spalla e cercare di rimotivarlo, ma nulla da fare, era distrutto. Allora sono scesa mestamente con la valigia e l'albergo me lo sono cercata a piedi. Dopo avergli pagato la corsa: ma lui ha preteso almeno lo sconto.
Allora, intingo il ricordo in due incontri mitici! Primo, a Roma. Torno dall'esame di giornalismo e mi raccoglie - quasi con il cucchiaino - un tassista che pregusta la festa del Primo Maggio. Mi interroga - aiuto - questa volta sulle ore trascorse, quale prova ho sostenuto e via dicendo... Quando scendo, mi mostra il bagagliaio traboccante di fave per il picnic. Come pegno di amicizia, me ne offre una e riparte.
New York, qualche annetto dopo. Ho un hotel nuovo di zecca, così nuovo, che il tassista, proveniente da zona extra Manhattan, non lo conosce. Gira, suda e dopo un eterno girovagare si blocca: in lacrime, confessa di non avere la più pallida idea di dove sia questo albergo. O meglio, mi dice il signore (sì, mica era un ragazzino): dev'essere da queste parti, ma non so raggiungerlo, la prego, scenda, prenda un altro taxi e non mi paghi, non lo merito.
Ricordo che ho dovuto fargli pat pat sulla spalla e cercare di rimotivarlo, ma nulla da fare, era distrutto. Allora sono scesa mestamente con la valigia e l'albergo me lo sono cercata a piedi. Dopo avergli pagato la corsa: ma lui ha preteso almeno lo sconto.
sabato 8 ottobre 2011
Where's Ozzy?
Reunion o no reunion? Questo è il problema. E questa volta tocca a Ozzy Osbourne e ai Black Sabbath. Analizzo su Billboard il clou della questione. Ozzy pare, forse... dichiara, che si tratta di "una possibilità molto forte". Per riunirsi, forse bisognerebbe comunicare meglio, viene però da osservare. Perché Tony Iommi (uno dei più musicali cognomi della storia del rock, lo vogliamo dire?) getta acqua sul fuoco.
Sarà solo strategia? L'unico sogno nostro è che se Ozzy riaccendesse il sogno dei Black all together, direbbe addio anche alla serie tv sulla sua famiglia. Perché quando lo guardiamo lì, ci viene una sana stretta al cuore.
Where's Ozzy? E' quel signore che ondeggia, barcolla, che è anche tenero, ma non il nostro cattivone del rock? Lì vediamo il regno di Sharon, l'ottima Sharon per carità.
Ozzy torna con la tua famiglia rock. E lascia la tua adorabile famiglia naturale fuori dal set, ti prego!
Sarà solo strategia? L'unico sogno nostro è che se Ozzy riaccendesse il sogno dei Black all together, direbbe addio anche alla serie tv sulla sua famiglia. Perché quando lo guardiamo lì, ci viene una sana stretta al cuore.
Where's Ozzy? E' quel signore che ondeggia, barcolla, che è anche tenero, ma non il nostro cattivone del rock? Lì vediamo il regno di Sharon, l'ottima Sharon per carità.
Ozzy torna con la tua famiglia rock. E lascia la tua adorabile famiglia naturale fuori dal set, ti prego!
giovedì 6 ottobre 2011
Giochi senza frontiere: come mi sentivo europea
Nel fiume del doveroso e sentito omaggio a Steve Jobs mi commuovo per un rivolo che viaggia per la propria strada. E' morto Guido Pancaldi, e quando accostano il suo compagno di avventura, Olivieri, il ricordo si illumina: Pancaldi e Olivieri, Giochi senza frontiere!
Ero una bambina e mi trovavo estasiata in quel viaggio alla scoperta di un mondo, ovvero l'Europa. E quei due volti simpatici, arbitri di precisione e allegria, mi annunciavano l'esito della gara di turno. Mi tenevano incollata al televisore, con il mio tifo piuttosto fedele.
Sì, perché allora ero filo olandese, per varie ragioni, e il calcio mi confermava. Ma scoprivo anche la Jugoslavia, per un certo periodo, e si respirava un'atmosfera davvero da Olimpiadi. Da competizione sì, però per conoscersi e crescere insieme.
Oggi... mi sento così poco europea in confronto ad allora. Questo contenitore mi suona troppo spesso vuoto, al limite con un tintinnio di euro.
Allora mando un bacio lassù a Pancaldi e Olivieri, impegnati in un nuovo arbitraggio, che si chiami Giochi senza nuvole o in altro modo non importa. Là davvero si è cittadini del mondo.
Ero una bambina e mi trovavo estasiata in quel viaggio alla scoperta di un mondo, ovvero l'Europa. E quei due volti simpatici, arbitri di precisione e allegria, mi annunciavano l'esito della gara di turno. Mi tenevano incollata al televisore, con il mio tifo piuttosto fedele.
Sì, perché allora ero filo olandese, per varie ragioni, e il calcio mi confermava. Ma scoprivo anche la Jugoslavia, per un certo periodo, e si respirava un'atmosfera davvero da Olimpiadi. Da competizione sì, però per conoscersi e crescere insieme.
Oggi... mi sento così poco europea in confronto ad allora. Questo contenitore mi suona troppo spesso vuoto, al limite con un tintinnio di euro.
Allora mando un bacio lassù a Pancaldi e Olivieri, impegnati in un nuovo arbitraggio, che si chiami Giochi senza nuvole o in altro modo non importa. Là davvero si è cittadini del mondo.
lunedì 3 ottobre 2011
Gene, Shannon e il futuro
La capacità di cambiare d'idea o la pazienza? Oppure è solo lo show?
Non lo so, non mi interessa e so già che qualche amico alzerà gli occhi al cielo vedendo che ri-sfioro l'argomento "matrimonio di Gene Simmons".
Mondo Kiss... lasciatemi distrarre un attimo vi prego... Sapete anche voi che il mondo è un casino, e l'Italia mi fa venire un acuto mal di stomaco. Adesso poi c'è l'accanimento terapeutico verso la Grecia, che certo tagliando 30 mila statali risolverà gran parte dei suoi guai, anche se ci saranno 30 mila famiglie che potranno fare meno acquisti, I guess.
It's over, allora guardiamo alle nozze, dai. Dopo lo sconcerto iniziale - quante volte Gene Simmons aveva bacchettato noi fans quando osavamo buttare lì il timido invito "Sposatevi dopo quasi 30 anni dai..."? - accontentiamoci di questo fatto. La signora Shannon Tweed ha avuto più pazienza di Giobbe, e Gene ha cambiato idea. Solo gli scemi non lo fanno.
Unico più fatto più degno di nota? Che il figlio di Paul Stanley, Evan, abbia suonato la chitarra, e il figlio di Gene Simmons, Nick abbia lanciato "Roadhouse blues" (yes, open the Doors). Che il futuro, in barba alle nostre resistenze, ai nostri pasticci, alla nostra testardaggine, ci trascini sempre in qualche modo.
Lo show deve andare avanti. E qualcuno che suona, lo troveremo.
Non lo so, non mi interessa e so già che qualche amico alzerà gli occhi al cielo vedendo che ri-sfioro l'argomento "matrimonio di Gene Simmons".
Mondo Kiss... lasciatemi distrarre un attimo vi prego... Sapete anche voi che il mondo è un casino, e l'Italia mi fa venire un acuto mal di stomaco. Adesso poi c'è l'accanimento terapeutico verso la Grecia, che certo tagliando 30 mila statali risolverà gran parte dei suoi guai, anche se ci saranno 30 mila famiglie che potranno fare meno acquisti, I guess.
It's over, allora guardiamo alle nozze, dai. Dopo lo sconcerto iniziale - quante volte Gene Simmons aveva bacchettato noi fans quando osavamo buttare lì il timido invito "Sposatevi dopo quasi 30 anni dai..."? - accontentiamoci di questo fatto. La signora Shannon Tweed ha avuto più pazienza di Giobbe, e Gene ha cambiato idea. Solo gli scemi non lo fanno.
Unico più fatto più degno di nota? Che il figlio di Paul Stanley, Evan, abbia suonato la chitarra, e il figlio di Gene Simmons, Nick abbia lanciato "Roadhouse blues" (yes, open the Doors). Che il futuro, in barba alle nostre resistenze, ai nostri pasticci, alla nostra testardaggine, ci trascini sempre in qualche modo.
Lo show deve andare avanti. E qualcuno che suona, lo troveremo.
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