Il grande Nicoletti alla radio mi fa tornare indietro nel tempo, e nelle città. Oggi - mi duole ammetterlo - ho un rapporto spesso conflittuale con i tassisti, quando li vedo comparire nello specchietto retrovisore o a fianco. Perdono.
Allora, intingo il ricordo in due incontri mitici! Primo, a Roma. Torno dall'esame di giornalismo e mi raccoglie - quasi con il cucchiaino - un tassista che pregusta la festa del Primo Maggio. Mi interroga - aiuto - questa volta sulle ore trascorse, quale prova ho sostenuto e via dicendo... Quando scendo, mi mostra il bagagliaio traboccante di fave per il picnic. Come pegno di amicizia, me ne offre una e riparte.
New York, qualche annetto dopo. Ho un hotel nuovo di zecca, così nuovo, che il tassista, proveniente da zona extra Manhattan, non lo conosce. Gira, suda e dopo un eterno girovagare si blocca: in lacrime, confessa di non avere la più pallida idea di dove sia questo albergo. O meglio, mi dice il signore (sì, mica era un ragazzino): dev'essere da queste parti, ma non so raggiungerlo, la prego, scenda, prenda un altro taxi e non mi paghi, non lo merito.
Ricordo che ho dovuto fargli pat pat sulla spalla e cercare di rimotivarlo, ma nulla da fare, era distrutto. Allora sono scesa mestamente con la valigia e l'albergo me lo sono cercata a piedi. Dopo avergli pagato la corsa: ma lui ha preteso almeno lo sconto.
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