Nella borsa il computer ha dovuto sloggiare, perché ho voluto viaggiare con la leggerezza pensosa di un libro. Ma quando arrivo alla stazione e compro i biglietti della metropolitana verso la tappa successiva, gli occhi si posano su Topolino. Ne esploro le diverse tipologie e penso che dovrei proprio leggerlo. Penso anche che è meglio comportarsi da adulta e mi muovo verso il bar per un caffè.
Ma si profila una coda eccessiva, la cui attesa non posso permettermi. Del resto, a chi la voglio raccontare. Sguardi e sospiri si orientano verso l'edicola e alla fine capisco che non posso non tornare lì.
Provo l'irresistibile bisogno di essere felice e non comprendo perché io debba combatterlo. Torno a Canossa, dunque, indicando l'oggetto del desiderio. Quando sono sul pulmino, devo assolutamente leggere la prima storia. Mi fa sorridere, piangere, soprattutto mi permette di imparare. Forse di ricordare, che è un altro modo per dirlo poi.
Di ritorno, la sera, affianco il libro - dedicato a San Francesco e a San Giovanni della Croce - e il fumetto. Instantaneamente mi torna in mente una delle definizioni di me medesima che dipingeva mio padre «Sacro e profano». Lui lo diceva passando nel mio locale segreto, dove il rosario era appeso vicino ai poster metal. Ma lo sento risuonare anche qui, e credo che ci sia qualcosa di stupendo che unisce sacro e profano, per così dire, e stasera l'ho colto.
È sempre quello il protagonista: scegliere ciò che rende felici. Anche a costo di tornare sui propri passi o di perdersi nel futuro.
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