domenica 23 marzo 2025

Il ragazzo bagnato dalla pioggia e tutto quello che corre dentro il cielo

 

Sto camminando lentamente sotto la pioggia, cercando di seguire una strada di senso, quando incrocio un ragazzo che pedala, carico di volantini: questi sono fradici, come lui, i suoi capelli, la camicia. Lui non sembra mostrare disagio. Mi fermo, affranta dall'impotenza. Io infatti non porto ombrelli, detestandoli cordialmente, e indosso solo un cappellino impermeabile rosso. 

Gli avrei dato il mio ombrello, l'avessi avuto, mi dico e una vocina dentro mi sussurra che devo piantarla di affliggermi. Ma ecco che incontro un anziano che ha posato lo sguardo sul giovane in fuga, poi su di me ed esclama: «Poveretto».

Spaesati entrambi, lo osserviamo e io so che questa scena non la dimenticherò.

Non dimenticherò neanche quello spiffero gelido nella stanza di pensieri, a cui non so dare un nome. E forse perché non posso dimenticarlo, si ripresenta.

Non scorderò il bacio a sorpresa a cui ho assistito più tardi: pioveva delicatamente, mentre io andavo da mio padre e vicino a una lapide ho visto due persone tenersi per mano, fermarsi ad un tratto e baciarsi con trasporto eppure con una sorta di pudore prima di riprendere il cammino tra coloro che stanno riposando.

Ho alzato la testa, in queste e altre occasioni, e ho visto un cielo che non voleva stare fermo, come a catturare ogni immagine sotto di lui. 

Un ragazzo bagnato dalla pioggia, una brezza gelida, un bacio che riscalda: tutto quello che corre dentro il cielo, resta dentro di me.

giovedì 20 marzo 2025

Non può essersi già sciolto l'inverno



Non si può già essere sciolto l'inverno, quel guscio tenero in cui sussurravo tutto senza timore. Adesso mi gridano addosso cose che non ho detto.

Ero in un letargo liberatorio e le emozioni scivolavano via senza lacrime. Adesso, sento già il pungere della primavera, il suo squarciare ogni mia protezione, mentre i colori dipingono confusamente il futuro, sparsi dalle gocce di pioggia. 

martedì 11 marzo 2025

Cristina, la Gabri e quel nocciolo bellissimo dalla finestra

 

Cristina e la Gabri: le seguo quasi ogni giorno sui social. Mi sento chiamata, accompagnata, coinvolta dal loro viaggio di figlia e mamma, di ruoli che il tempo sembra cambiare ma forse solo per mostrare la forza e la bellezza del legame.

Sentivo di aver bisogno di leggere il libro di Cristina, di entrare nel suo percorso di caregiver e anche di più nel mio. Quello che lei racconta, anche con un coraggio che io non ho. La tenerezza, la paura, il dolore, la speranza, la solitudine, la capacità di chiedere aiuto e anche di accettare quando non ce n'è pur senza arrendersi, la caduta, la risalita.

Coloro che guardano e non vedono, coloro che ti giudicano dalla loro vita diversa, tutti quelli che hanno soluzioni in tasca ma non possono cogliere nulla dentro le pieghe della tua anima: questi per me non hanno più importanza.

Quello che vive Cristina e che vivo a modo mio, è ciò che conta oggi e oltre il tempo. 

È così vero che dentro ogni crepa nascono nuove parti di noi.

Ho letto il suo libro e lo rileggerò, lo sfoglierò ancora, anche saltando da un capitolo all'altro come si fa con le storie che diventano parte di te.

Soprattutto, guarderò fuori dalla finestra con la mamma - anche nei momenti più duri, quelli che nessuno può capire - e vedrò ora un pino, ora una piantina di primuleM qualche volta mi sembrerà di vedere il nocciolo bellissimo di Cristina e Gabri.

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venerdì 28 febbraio 2025

Un anno e più in cammino da forestieri

 

In queste ore aspettavo l'arrivo del libro "L'ultimo dei Fuasté", storia affiorata sulla strada della vita professionale che non so scindere dal resto. Tutti quegli incontri nelle imprese, quelle sensazioni che non potevo affidare a imperturbabili articoli, mi hanno avvolta fino ad arrivare qui. E ad andare oltre ancora.

Pochi giorni fa a Novara con il Circolo dei Lettori, guidato da Paola Turchelli, un'altra tappa di quelle che hanno reso il viaggio ricco di scoperte. Nel Castello ero già stata per "Chi ha bisogno di Willy" in una sera d'estate.

Sono volati via mondi e pagine anche della mia vita da allora. In un'atmosfera calorosa, mercoledì ho dialogato con lo scrittore Giuseppe Battarino, che aveva già condiviso diverse presentazioni e soprattutto mi ha donato la sua meravigliosa postfazione. Lui e Michele Tronconi, autore della prefazione, sono due pilastri nella costruzione di questo sogno.

Da un anno - e in realtà di più, nella vita - cammino da forestiera: i volti, le espressioni e i begli interventi come quello di Rocco Zoccali a Novara mi hanno offerto spunti e motivazione. Hanno fatto sentire a casa, anche una fuasté.


giovedì 27 febbraio 2025

La farfalla e il mozzicone

 

Si chiama Vanessa, come mi ha ricordato il veterinario oggi. Mi sono accorta di lei solo dopo aver incrociato una presenza spiacevole: quella di un mozzicone. Lei era lì, nel prato, a pochi centimetri e sfuggiva allo sguardo con le ali un poco ripiegate.

Quando mi sono avvicinata, le ha mostrate nella loro meravigliosa completezza. Mi sono interrogata se non potesse più volare e cercando di non arrecarle disturbo, l'ho sfiorata con un filo d'erba: ha compiuto alcuni passi, ma non ha spiccato il volo.

Una farfalla bellissima, tanto ogni particolare entrava nel cuore: che sfumature e quel testolino irresistibile. 

Di solito, mi ricorda la piccola Chiara, ambasciatrice dei suoi messaggi di vita, e anche questa volta è così. Tuttavia, ora quelle macchie arancioni assumono per me un significato ulteriore, la chioma dei piccoli Bibas

Vanessa ha fatto la sua comparsa in questo anticipo illusorio di primavera come altre volte. Quanto vive una farfalla? Pochissimo, lo sappiamo: ci metterà di più quel mozzicone a dissolversi.

Ma il suo pensiero ispira con la bellezza in un giorno di sole precipitoso, oltre i confini del tempo. Ricorda come possiamo essere e che non possiamo, non dobbiamo lasciarci frenare dalla bruttezza più profonda, quella del cuore, che spinge ad atti detestabili, quanto non apertamente orribili. 

Non ti troverò più domani, Vanessa; forse troverò altre tue simili o forse il mozzicone, in attesa degli ultimi lampi di inverno. Starà a me, finché volerò in questo mondo, essere ambasciatrice dei tuoi colori di vita.

martedì 25 febbraio 2025

Tieni il tempo (mica separate alla nascita)

 

Sto cercando invano di impostare passi in Repetto Style, ma tutta la ciurma qui mi insegue: persino tu, mamma. Ti piazzo le cuffie sulla testa e tu ti senti scorrere dentro un ritmo che non ci possiamo permettere, eppure non ci vuole escludere.

A tutti quelli che ci credono fortunate o sciocche, che ci invidiano, che ci compiangono, che ci accusano, che - sinteticamente - non ci conoscono, possiamo nonostante tutto cantare così.

Tieni il tempoCon le gambe e con le maniTieni il tempoNon fermarti fino a domaniTieni il tempo

E che importa se non abbiamo più fiato, se ci reggiamo malamente sulle gambe e le mani tremano, se parliamo senza farci capire o non siamo capaci di ascoltare, se ci diciamo tutto tranne ciò che dovremmo.

Più di tutto: che oltraggio, proprio a me che al tempo non credo. Ma mi tolgo le cuffie e le infilo proprio a te, cantando:

Tieni il tempo.

Basta che tu sorrida. Che l'ultimo cretino che voleva alzare la voce con me, si è zittito forse perché ha visto che tanto tenevo le cuffie. Che quella persona che pensava di calpestarci, ci ha aiutato a risorgere. Che tutte le follie dell'universo ci girano soltanto attorno, ma non riescono a entrare nella nostra anima.

E poi guarda, nonostante tu sia perfetta e indubbiamente bellissima, non sembriamo separate alla nascita?Ah no, nessuno ci ha separate alla nascita.

Tieni il tempo, mamma. 



 

domenica 23 febbraio 2025

Il crimine (di non sorridere) non vincerà

 

Io, metallara dentro, non so come abbia fatto ad approdare qui: più di trent'anni fa, ero sull'altra riva del fiume. Ma in una notte di follia e dopo aver divorato la serie sugli 883, ho fortissimamente voluto essere qui, al teatro Manzoni di Milano, alla corte di Mauro Repetto. E accanto alla mia alleata di tutti i tempi e oltre il tempo, la mia amica Sara

Negli anni di università, apparentemente impegnate a coltivare sogni differenti, ma c'era un Sogno che andava oltre noi stesse e ci univa per sempre.

Stasera mi sono ritagliato un tempo e uno spazio che non avevo: ho pensato fosse l'unica opportunità dopo mesi, e forse l'ultima perché ogni giorno la mia - sempre apparente - libertà si riduce.

Poi, Mauro Repetto non mi trascina solo con la musica che ascoltavo magari più distrattamente da ragazza, ma suonavo con la mia tastiera (e poi mi vai a citare la voce di Bon Jovi, accipicchia). Mi fa pensare a un sogno e la sua prima domanda mi getta nel panico, forse nello sconforto.

Che sogno hai?

Isolando la mia persona dai desideri per il mondo: essere in Scozia, scrivere solo libri, coltivare un orto, anzi coccolare un vigneto, avere la mia mamma per sempre con me in grado di accudirla.

Se intendiamo un sogno da realizzare con le mie mani, be'... mi blocco. Neanche nuotare, posso dire - e l'avrei detto - dopo che la mia spalla è stata fracassata. 

Allora, sono finita?

Mauro, sono finita?

No, arrivi tu dopo un'ondata di canzoni, balli e sorrisi a rassicurarmi. Perché nessuno può uccidere l'uomo ragno, perché supereroi possiamo essere ogni giorno, perché quando non realizzi un sogno hai sempre una possibilità: quella di sorridere ogni giorno, dentro e oltre le tue difficoltà.

Grazie Mauro Repetto, mentre fuggo verso i miei doveri come Cenerentola.

Il crimine (di non sorridere) non vincerà.


giovedì 20 febbraio 2025

Lasciate spazio per i fiori


Davide fulvo di capelli, fu indicato dal Signore al profeta. Davide, che poi abbatté Golia e salvò il suo popolo, costruì, danzò, sbagliò, affidò il suo regno e il futuro dell'umanità.

I vostri capelli fulvi, Ariel e Kfir. Ho pensato: se questi bimbi tornano a casa, chissà cosa faranno da grandi. Saranno musicisti, ingegneri, contadini, insegnanti e chissà cos'altro ancora, sotto lo sguardo grato di mamma e papà. 

Allora, cercando di soffocare un dolore insopprimibile, mi rifugio in "Chiara". Nel film della mia amata santa, ancora una volta mi affido ora a lei o a San Francesco, e non so chi mi abbia chiamata quel primo dicembre 2019 ad Assisi, in cui scoprii anche Carlo Acutis.

Si stanno piantando ortaggi, in questa scena, e Francesco approva con il capo, eppure fa scivolare questa frase: lasciate spazio anche per i fiori.

- I fiori non si mangiano. 

- Ma sono belli.

Riempiono gli occhi e il cuore, i fiori. Magari fulvi, con quella nota che noi abbiamo classificato in arancione per portarvi nelle nostre giornate e nelle nostre speranze in modo inconfondibile.

Non sarete musicisti, ingegneri, contadini, insegnanti o chissà cos'altro ancora, Ariel e Kfir. Sarete fiori, meravigliosi fiori. Guardarvi non ci toglierà le lacrime, perché nello strappare la vostra innocenza è andata irrimediabilmente perduta anche la nostra.

Ma da qualche parte, tra le pieghe di questo dolore, affiorerà anche un sorriso. Quello che vi abbiamo visto negli occhi e sulle labbra, prima che approdassero quei mostri. Quello che nessuno potrà cancellare e che proverà a spronare i nostri cuori a non arrendersi: solo voi potete farlo, fiori sotto la carezza del vento.

sabato 15 febbraio 2025

Finché c'è un uomo che torna sui suoi passi

 

Tu offri fiori al posto delle lacrime: uno scambio tanto generoso quanto silenzioso. Mentre una donna, gravata dal peso dell'amarezza, non sa neanche mormorarti grazie, si apre una porta dalla sacrestia ed esce un signore dalla barba bianca.

La donna davanti alla Madonna delle Rose viene aggredita da un'improvvisa tosse e lui sorride con un gesto gentile che invita la tosse a calmarsi. Si è già allontanato, per l'energia che lo stava proiettando alla prossima tappa di questa giornata, ma ecco che torna sui suoi passi.

Perché si è reso conto che quella tosse non era nulla. Che, piuttosto, quel volto era rigato di lacrime. 

Torna indietro, il signore dalla barba bianca, e non cerca vane parole. Regala una carezza di sguardo e di cuore a quella donna che ha scambiato lacrime con rose ma la sua anima è ancora appesantita da ciò che non riesce a buttare fuori e non sa rimettersi in cammino.

Allora lei lo sente: che è tutto troppo difficile e non sa come farà. Ma forse qualcuno la aiuterà, anche solo un poco. A tutto si può credere, finché c'è un uomo che torna sui suoi passi per consolare una sconosciuta con il volto rigato dalle lacrime. 


giovedì 13 febbraio 2025

Leggero sia il coraggio

 

How many sorrows Do you try to hide In a world of illusion That's covering your mind? Eurythmics

Avanzano sfacciatamente i dissennatori sulla terra che gela e brucia di dolore: straziano di pesantezza il cuore o ciò che ne rimane. 

Avanzano silenziosamente le farfalle che hanno il coraggio di cercare ancora la Vita, che scorgono misteriosi segnali e credono sempre nel miracolo dell'Amore.

Leggero sia il coraggio e voli un poco anche nella mia arida terra.

mercoledì 29 gennaio 2025

Non sono condannata ad avere pazienza

 

Non sono condannata ad avere pazienza, non io che non credo affatto nel tempo. Ci sono luci che si accendono, altre che si spengono e restano sospese, altre che si fanno portare via.

Io resto sospesa a guardare ore e giorni ammassati alla rinfusa, consapevole che posso andare via in qualsiasi momento. In quello giusto, prima di tutto.

Non sono condannata ad avere pazienza: la mia libertà l'ha soffiata via. 

martedì 28 gennaio 2025

Siamo dentro un'eternità


 Vivo così, di salto in salto, senza voltarmi più per controllare se mi segue il tempo. Anzi provo a ignorarlo deliberatamente, finché al finestrino mi bussa un brivido.

Le nuvole non vogliono saperne di andarsene da questo tortuoso mondo, ma un raggio di sole illumina la collina e dà corpo all'inizio di una poesia: non so perché io sia così triste...

Superga

Una storia di antichi tempi, è sempre lì a guardarmi e all'improvviso caccia via le tracce di una notte insonne, trascorsa pregando per chi non tornerà mai a casa. 

Siamo dentro un'eternità che ci libererà da tutto questo. Lo mormoro, mentre le nuvole ti abbracciano via da me.

giovedì 23 gennaio 2025

Sfide, colpi di scena e risate: perché raccontare l'impresa è cool

 

È cool parlare di impresa in un romanzo? La risposta che sembra risuonare di primo acchito è no: vai con i gialli, gli intrecci amorosi e altri generi.

Ma in realtà, l'impresa è tutto questo e di più, perché è semplicemente il mondo, il nostro mondo per la precisione. Tutto è impresa e quindi offre sfide estremamente attuali, colpi di scena, lacrime, risate, intrecci amorosi. 

Sono grata alla biblioteca civica di Varese per averci ospitato con la presentazione de L'ultimo dei Fuasté, in una sala davvero magica.

Avere accanto a me Michele Tronconi e Giuseppe Battarino, autori rispettivamente della prefazione e della postfazione, è poi per me un dono ulteriore. Non è facile conciliare gli impegni di tutti, ma quando siamo insieme avvertiamo quanto siamo squadra... praticamente impresa.

Anche questa volta abbiamo rivissuto la nostra storia, ci siamo emozionati, abbiamo reso omaggio ai personaggi (ciascuno di noi ha uno o più preferiti), abbiamo riso dei piccoli episodi che caratterizzano la vita di ogni giorno e delle contraddizioni che ci rendono speciali.

Un grazie particolare ai presenti che appartenevano al mondo delle imprese e hanno saputo trasmetterci stimoli importanti.

Siamo gli ultimi dei forestieri e i primi dei "convinti". raccontare l'impresa è cool.

http://www.marilenalualdi.it/blog/2024/03/19/lultimo-dei-fuaste-il-mio-nuovo-libro/

La bellissima recensione di Fabi



mercoledì 15 gennaio 2025

La fortuna, l'umanità e una risata (dopo tanta paura) a un esame. Il viaggio continua, professor Colombo


Ho intercettato il suo messaggio un mese fa, professore, e si è spalancato il libro di una vita. Come forse solo la mia anima aveva previsto, avrei percepito i frutti del mio cammino universitario molto tempo dopo. Ovvero quella voracità di tentativi di sapere che non mi lascia mai tranquilla.

Io, vento ostinato e contrario, che mi iscrivo a Filosofia alla Cattolica, con già la testa alla specializzazione Comunicazioni sociali: ciò che più mi sembrava un ponte verso il giornalismo. Pronta a incavolarmi con tutti perché dovevo schizzare via, ma poi altrettanto capace di appassionarmi a troppi libri e diversi professori.

Oggi mi curo con il professor Reale e innesti di Kuhn, ancora adesso un antidoto immancabile nel mio bagaglio della salute autentica. Se mi concentro, chiudo gli occhi e risento la voce di Aldo Grasso oppure ripercorro gli stupefacenti esami di Teologia, l'ultimo in particolare con la sua imponente dose di libertà.

Che fortuna ho avuto, mi sono detta. Soprattutto nei primi anni, apparentemente, perché poi lavoravo e già fremevo troppo per soffermarmi davvero. Ma con Fausto Colombo percepivo qualcos'altro: come una gaiezza che spronava i pensieri e mi sussurrava di prendere sul serio tutto senza esserne oppressa.

Quando lui pubblicò il post in parte fotografato sopra, esprimendo la consapevolezza della sua fortuna, gli scrissi subito un commento e mi collegai su LinkedIn. Era come ritrovarlo dopo un lungo viaggio e non sapevo che fosse in procinto di partire.

Nelle scorse ore, ho cercato di mettere in fuga la malinconia con un ricordo legato al momento finale e più tribolato, secondo il manuale della studentessa distratta. Nel corso dell'esame con lui, mi viene chiesto un esempio e io cito con assoluta propensione all'autodistruzione la poesia The Bomb, che graficamente la bomba richiama.

Autodistruzione perché - in quell'esatto momento - mi rendo conto che ho un'amnesia e non mi ricordo il nome dell'autore. La butto lì, come una bomba di potenza minore, e cerco di fuggire, ma il professore mi incalza.
- Chi è l'autore?

Io non posso negare la realtà: in questo momento non mi ricordo. Con un altro docente, sarei stata pronta ad alzarmi e abbandonare il campo, ma io sento che con lui non è così. 

Colpo di scena, per me. Lui insiste: mi dica chi è l'autore.

A questo punto, rischio di andare in cortocircuito perché non riesco assolutamente a mettere a fuoco il nome, nonostante io sappia di aver amato quell'autore e la sua generazione.

- Non me lo ricordo adesso, professore.

Pietà. Anzi no, Fausto Colombo mi chiede ancora, ma questa volta non si ferma lì: Mi dica per favore chi è l'autore...

Sotto quell'onda io vorrei chinare il capo, ma poi ascolto ogni parola: ... perché io ho scritto anche su questo autore e la Beat Generation, ma in questo momento non mi ricordo il nome.

Allora, rialzo il capo e vorrei quasi ridere; lui mi offre un sorriso e io penso che bello il mondo in cui non bisogna nascondere la propria umanità che si nutre di sogni e di fragilità. Aggrappandomi con meno veemenza alla mia vena ironica di autodifesa, mi sento dire: allora professore, se permette appena esco da qui io corro a vedere chi è l'autore.

Nell'era di internet, avremmo subito cercato insieme su Google. Per fortuna - anche questa è fortuna, prof, non so neanche se nel suo piccolo - in quei tempi non si potevano cercare scorciatoie. 

Ripercorrendo il nostro breve cammino insieme conclusosi con quell'esame, caro prof, in cui ho tremato e riso insieme, credo di essere proprio fortunata: ho affrontato un tratto con lei, mi ha lasciato tracce importanti che potrò far fiorire ancora e ho potuto, in qualche modo, salutarla. Assaporare le sue parole che spero di portare almeno in parte, anche nel mio tratto finale di vita.

... sono stato io ad essere fortunato. Ho fatto per decenni un mestiere che amavo. Ho incontrato giovani interessati e curiosi. Ho potuto studiare e scrivere liberamente. Di tutto questo ringrazio la vita e tutti/tutte voi. Occupate un posto speciale nel mio cuore.

giovedì 9 gennaio 2025

Come il libro dei pensieri

 

Un intenso cielo invernale si posa sui campi e non c'è verso di rincorrerlo. Non c'è nemmeno necessità.

L'agenda si è chiusa, come il libro dei pensieri.

Adesso è solo il tempo di trovarsi dentro un paesaggio invernale. Dentro un'attesa, che ci fa essere quello che in un angolo di stanza di bambini già sapevamo.

Da bambini, sapevamo tutto.

mercoledì 1 gennaio 2025

Un primissimo giorno


In questa lunga notte tesa a consolare, scivola un'alba impigrita. Sto ancora osservando, titubante, quando il sole sembra decollare.

Preparo il caffè, nelle tazze che amava mia zia sulla collina. Lo bevo solo io, ormai l'unica in casa ad apprezzare quel borbottio profumato. Non c'è in nostalgia in me, bensì solo uno sbuffo d'orgoglio e così osservo meglio quel quadro mentre irrompono i miei animaletti, ora non più impauriti. Dorme il resto della casa e forse della città.

È il primo giorno dell'anno, un primissimo giorno di vita. La mia operazione di distacco sta compiendo progressi o magari è soltanto un'illuminazione immeritata, ma questo è il primo giorno dell'anno e il mio primissimo di vita.