Solo al termine di un'infinita giornata, metti a fuoco una stranezza, ovvero che se ripenso a questi anni ci siamo visti sempre in posti diversi. A cena dagli amici in una sera d'estate gioiosamente pigra, nel tuo studio dove le vicine campane erano invadenti e scherzavamo sulla comune sorte acustica che univa te e il mio prozio, autore di strali poetici contro quel frastuono. Alla tua mostra o alla tua lezione, che era vita affidata con immagini e parole abbracciate, anche in maniera dispettosa.
Eppure, mi viene in mente un luogo più di altri: il treno. Sì, ci trovammo accidentalmente alla stazione e andammo insieme a Milano. In testa, avevamo una faccenda seria e deliziosa di nome design.
La stranezza è proprio questa: la nitidezza di quel viaggio, un po' di tempo fa, e la consapevolezza non meno lucida che ormai quel viaggio abituale non lo compio più. Allora, il prossimo treno che prenderò per andare a Milano, mi ricorderà te.
Se torniamo in treno, se usciamo da questo delirio che non ci fa incontrare, forse possiamo viaggiare ancora insieme, sorridere e scuotere la testa.
Se torniamo in treno, Efrem, chissà cosa ci diremo, ancora.
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